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Argentina in KTM: 990 motivi per visitarla!

Mi chiamo Lorenzo Marcelloni, classe 1986 e condivido diverse passioni – tra cui vagabondare su due ruote – con la mia compagna Michela. Sazi dei nostri pellegrinaggi lungo l’Italia e l’Europa abbiamo deciso di affrontarne uno dall’altra parte del mondo: Argentina, Cile e Bolivia.

Siamo partiti l’11 dicembre 2019 da Fiumicino ma, in realtà, la nostra avventura è iniziato a casa all’incirca un anno prima con l’organizzazione dell’itinerario, della spedizione della moto e, in generale, delle nostre vite in funzione dell’esperienza che ci stava aspettando e che non vedevamo l’ora d’intraprendere.

A causa dei costi troppo elevati, dopo settimane di tentativi tra telefonate, mail e preventivi, abbiamo abbandonato l’idea d’inviare il mezzo, accettando la proposta di prendere in prestito quella di mio zio (grazie zio!) che vive lì e con cui ho in comune lo stesso interesse per i giri in moto.

D’altro canto, questa grande fortuna ci avrebbe poi portati a dover affrontare in pieno viaggio (più o meno a metà) un considerevole, enorme, ostacolo: il cambio d’itinerario. 

Atterrati in terra straniera, il tutto è iniziato a Mendoza in sella a una carichissima KTM 990 Adventure verso le prime tappe, ossia il parco Ischigualasto e il confinante parco Talampaya.

Già da principio abbiamo percepito cosa ci stesse aspettando tra spazi sconfinati, animali selvatici (mara mara, suri, guanaco, pappagalli e ragni enormi), sculture naturali e cattedrali di roccia rosso ruggine che si stagliavano contro il cielo di un azzurro mai visto.

Nonostante la scelta di campeggiare di notte, quella sera abbiamo optato per alloggiare in una cabaña, ossia una piccola costruzione (spesso di mattoni crudi) dotata di tutti i comfort come la doccia, la cucina e il letto.

Da quella comoda dormita al termine della prima settimana, il tempo è volato. Una settimana durante la quale abbiamo visitato innumerevoli posti meravigliosi quali il museo Pachamama, le rovine di Quilmes, Tafi del Valle e i suoi panorami “svizzeri”, Cafayate -dove la polvere è tornata a fare da padrona-, il desertico parco nazionale de Los Cardones, la lussureggiante Cuesta del Obispo e Salta dall’inconfondibile stile coloniale.

Nell’alternarsi di questi tratti, un’unica costante: la celeberrima Ruta 40 che alterna infiniti rettilinei asfaltati e ben curati a lunghi tratti dal fondo sterrato e polveroso.

Salendo di altitudine e addentrandoci nel vero nord argentino abbiamo invece scorto uno scenario differente, fatto di alture stratificate dalle diverse tonalità, segno delle ere geologiche che ne hanno modellato il panorama.

La vera esplosione di colori, però, ci attendeva sopra i 4.000 metri, ove poter ammirare in tutta sua bellezza la Serrania de Hornocal: una catena montuosa che sembra composta da decine di piramidi dalle tinte a strati.

Le stesse che avvolgono il piccolo e caratteristico paesino di Purmamarca, località turistica in cui, tuttavia, è possibile incontrare e socializzare con nativi e artigiani che confezionano meravigliosi oggetti in legno di cactus o in lana di alpaca.

Natale a Las Salinas

Abbagliati da cotanta vivacità cromatica ci siamo ritrovati a festeggiare il Natale in uno dei posti più spettacolari dell’intero viaggio: Las Salinas Grandes, una vasta salina di origine vulcanica situata vicino al confine con il Cile, nel vero “grande Norte” argentino. La giornata non avrebbe potuto iniziare meglio, regalandoci un’esperienza inenarrabile.Terminata l’escursione abbiamo ripreso la via maestra, partendo alla volta del Passo Jama che funge da confine naturale e sede della dogana, nonché punto nevralgico del viaggio. Ove il grande, grosso problema citato in precedenza si è frapposto tra noi e il percorso prestabilito: un funzionario il quale, non essendo noi proprietari della moto, ha respinto la nostra istanza di attraversamento costringendoci a rivedere l’intero itinerario che prevedeva l’ingresso in Cile e in Bolivia.

Da qui non si passa

Questo imprevisto ci ha visti rientrare a Purmamarca, diventata  temporaneamente la nostra base operativa. Lì, spremendo le meningi e condensando le decisioni in tempi brevi, abbiamo programmato una nuova traccia che comprendesse esclusivamente l’Argentina.

La seconda parte dell’esperienza, pertanto, è cominciata con un dietrofront, seppur emozionante, verso Mendoza.

La prima e irrinunciabile tappa l’abbiamo stabilita presso Iruya: un piccolo centro abitato arroccato sulle montagne a circa 50 km di sterrato dalla strada principale, che ne spiega l’essenza isolata. Con la scusa della fatica dei km accumulati abbiamo colto la palla al balzo, concedendoci un po’ di relax: non poteva sfuggirci l’occasione di visitare le terme di Fiambalà: una piccola oasi nel deserto formata da una serie di vasche di pietra poste su terrazzamenti alberati.

Rigenerati dal tepore delle terme ci siamo diretti verso i luoghi più remoti visitati fino a quel momento, lontani dal resto sia per altezza – a oltre 4.000 km di quota – che per chilometraggio dalla “civiltà”: dapprima Laguna Verde e poi Laguna Brava, due vasti specchi d’acqua limpida e azzurra come il cielo, popolati dai fenicotteri.

A ridosso della conclusione di questa esperienza abbiamo deciso d’immergerci totalmente nella cultura che ci ospitava: non solo turisti, ma anche cuochi, volendo preparare con le nostre mani l’asado. Quel dì abbiamo quindi approntato la nostra camping area dirigendoci poi nei pressi per acquistare l’occorrente.

Solo al rientro, dopo aver scaricato la moto, abbiamo realizzato di… aver forato – per la prima e ultima volta, fortunatamente – a meno di due giorni da Mendoza.

Come accennato a inizio racconto, amo condividere le mie esperienza con la mia compagna pertanto, ancora una volta, abbiamo giocato di squadra: mentre io provvedevo al cambio gomme lei provvedeva ai viveri, rivelandosi bravissima anche con i piatti sudamericani!

Gioco di squadra come quando, a ridosso di un pezzo complicato, la mia passeggera mi ha aiutato a superarlo. Altro che “zavorrina”, è stata fondamentale!

Last but not least, una – purtroppo veloce – ventosa sosta ai piedi dell’Aconcagua – con i suoi 7.000 m la cima più alta della Cordigliera delle Ande – e al Puente dell’Inca, una stazione termale ormai in disuso costruita su un ponte di colata calcarea dai mille colori, formatasi per l’azione delle acque sulfuree sulla roccia che, illo tempore, attrasse anche Darwin proprio per la particolarità della sua forma.

Degna conclusione di un’avventura nuova e diversa, però tale da restare scolpita nei nostri ricordi.

La meraviglia generata da queste terre stupefacenti e dalla vastità del nord argentino è direttamente proporzionale alla conseguente voglia di esplorare la Patagonia, ossia il freddo, selvaggio e arioso sud.

Il viaggio in cifre: 22 giorni in moto, 7.096 km percorsi, 7 regioni attraversate (Mendoza, San Juan, La Rioja, Catamarca, Tucuman, Salta, Jujuy), che abbiamo tracciato anche su mappa.

Un assaggio in video…

Testo e foto: Lorenzo Marcelloni

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