Avete presente l’alba della terra? Quando quella palla infuocata appena “sfornata” si stava raffreddando e la sua superficie irregolare era avvolta da fumi e nebbie solforose come foschi presagi di un’esplosione imminente? Immaginate quel silenzio primordiale, interrotto solo dal vento che solleva la sabbia vulcanica e la lancia in faccia come a consumarti la pelle. L’Islanda è tutto questo: una fotografia contemporanea di come dovesse essere il nostro pianeta al tempo dei dinosauri, ma senza dinosauri, il che non è poco se la si gira in moto!
“Come si fa a non fare un viaggio nel tempo del genere a cavallo di una moto?” Il virus si è incistato nella mente esattamente con questa domanda, cui per cinque anni ho dato solo scuse anziché risposte, tutto ciò fino a questa estate quando ho smesso con le scuse e mi sono dato la risposta puntando la bussola verso Reykjavik!
Faccio subito mea culpa! Lo so, il motociclista viaggiatore è guida di se stesso, organizza tutto nei minimi particolari ed è uno dei pochi turisti che inizia il viaggio sei mesi prima della partenza tra scelta dei percorsi, delle piste e gestione della logistica.
Io posso giurarvi che tutte queste operazioni le ho fatte… avevo studiato il percorso, pensato all’equipaggiamento, messo in fila tutte le mie esigenze, ma per ragioni legate all’affitto della moto ho deciso di partire con un gruppo organizzato ed è stata forse la miglior scelta che potessi fare. Partire da solo avrebbe dato quel senso romantico d’avventura al mio viaggio, ma non avrei conosciuto i miei compagni che sono forse l’esperienza più bella che ho portato a casa dal 66° parallelo.
Siamo sei, con Marco, Egidio e Riccardo ci conosciamo a Malpensa, con Anton e Alex ci incontriamo direttamente in albergo a Reykjavik; il parco moto è affascinante quanto eterogeneo, io sono l’unico ad aver affittato la moto in loco avendo a casa solo un enduro pura, gli altri si sono avvalsi del servizio di trasporto moto messo a disposizione dell’organizzazione di ISLANDAINMOTO. Io guido una BMW GS800, Marco un BMW GS1200, Egidio un KTM 950 Adventure, Riccardo un BMWr100, Anton un fiammante AfricaTwin e Alex (la nostra guida) un KTM 690. Capite quindi che in questo gruppo siamo senza preconcetti: Europa e Giappone, traction control e carburatori! Stessa varietà con le coperture: Metzeler Karoo 3, Heidenau Scout, Mitas semistradali (non proprio adatte al tipo di giro), Pirelli Scorpion Rally e Anlas CapraX (che hanno stupito tutti per qualità e durata, una vera sorpresa!)
GIORNI 1, 2 e 3
Tappa 1 Reykjavik – Geysir 250 km asfalto + 60 km di pista scorrevole (pista 501)
Tappa 2 Geysir – Reykir 30 km asfalto +200 km di pista sterrata (piste 35, F734)
Tappa 3 Reykir – Modalodur 340 km asfalto lungo la ring road (strada 1)
Durante i primi tre giorni prendiamo le misure con l’Islanda e i suoi deserti iniziando a capire cosa ci aspetta e assaporando le bellezze del “circolo d’oro”, la zona più turistica vicino Reykjiavik che con le sue bellezze catalizza i turisti appena atterrati.
Raggiungiamo il ghiacciaio del Lankjokull per poi dirigerci verso Thinvellir, sede del primo parlamento al mondo l’Althing del 930 d.C. Qui si riconoscono marcatamente le due placche tettoniche, quella americana a destra e quella europea a sinistra, separate esclusivamente da un fiumiciattolo. Da Thingvellir ci spostiamo verso Gulfoss, una delle cascate più imponenti e turistiche dell’Islanda, dove il fragore dell’acqua si combina alla magia degli arcobaleni e poi Gaysir, dove si può assistere alle frequenti e periodiche manifestazioni dello Strokkur, il gayser più famoso d’Islanda.
Il viaggio, tra deserti e asfalto, ci porta ad Akurey la seconda città di Islanda che conta ben 25000 persone (sì venticinquemila!). Caffè, giro in centro e partenza alla volta del lago Myvatn, con le sue sorgenti termali e le pozze di fango bollente, e poi la bellissima cascata degli dei Godafoss!
Dobbiamo ancora conoscerci bene ma fin da subito si capisce che il gruppo è affiatato, lo spettacolo più bello è Riccardo, non ha mai fatto fuoristrada vero, ma con il suo BMW R100 del ’91 gode nel deserto. Ride sempre, gli passi vicino e lo vedi che sotto la visiera ride di un riso contagioso… gli ride «anche il culo» come dice lui e tu non puoi far altro che ridere con lui!
GIORNO 4
Modulardur – vulcano Askja – Modulardur 200 km di pista con sabbia ghiaia e guadi (piste F905, F910)
Arrivare ad Askja è un viaggio attraverso un deserto in cui per centinaia di chilometri non trovi un ristoro, roba che in qualunque altra parte d’Europa non esiste più da almeno un secolo. La pista corre sinuosa attraverso lande di terra battuta, sassi, e distese strepitose di sabbia vulcanica nera, il tutto alternato a guadi di acqua cristallina da attraversare con cura e perizia onde evitare rovinose cadute che rovinerebbero i mezzi e probabilmente la vacanza.
Le piste F905 e F910 ci conducono sul cratere del vulcano dal diametro di 50 km, sotto il casco ho gli occhi lucidi, ho scoperto che la sindrome di Stendhal non vale solo per le opere d’arte, ma anche per la natura quando è un’opera d’arte!
Il deserto, quello vero! Il paesaggio lunare cambia, ma rimane fedele a un principio: “Stupire l’occhio dell’occidentale non abituato al nulla”. Le rocce vulcaniche sono leggerissime, sembrano polistirolo per l’aria intrappolata dalla colata durante il raffreddamento, sono rosse gialle o violacee a causa dell’ossidazione dei metalli presenti nella lava. Riccardo, oggi nei momenti di difficoltà, ha tirato fuori tutto il suo cuore e, supportato da questo gruppo di persone che si sta rivelando ogni giorno più affiatato, ha terminato la tappa; questa sera nel caldo del ristoro tocca il cielo con le dita e si sente appagato, ma nella sua testa sta maturando un’idea malsana…
CHE GIORNATA!
GIORNI 5 e 6
Giorno 5: Modulardur – Hofn 320 km asfalto (strade 1 e 96)
Giorno 6: Hofn – Kirkjubaejarklaustur 200 km asfalto (strada 1)
Il quinto giorno sarà l’unica giornata di pioggia del viaggio. Riccardo decide di abbandonare il gruppo, la soddisfazione per aver raggiunto Askja è stata cosi grande da togliergli la fame di chilometri e la sua R100 gli ha facilitato la scelta ammutolendosi. L’uomo che con il suo sorriso tutto emiliano aveva portato il sole in Islanda lascia l’isola e il cielo di questa terra piange questa scelta. Accompagniamo Riccardo all’aeroporto di Egilsstadir e proseguiamo verso Hofn per poi dirigerci verso il Vatnajokull e le sue lagune glaciali Jukulsarlong e Diamond beach, due dei posti più caratteristici dell’Islanda!
GIORNI 7 e 8
Giorno 7: Kirkjubaejarklaustur – Hrauneyjar 30 km asfalto + 150 km piste sterrate (pista F208)
Giorno 8: Hrauneyjar – Hrauneyjar 200 km di piste
Abbiamo speso gli ultimi due giorni del viaggio a zonzo nelle radure del sud ovest, dove i deserti smettono di essere rocciosi e rossicci e il mondo si tinge dei verdissimi muschi tipici di Landmanallaugar, segnati solo dalle piste di sabbia nera che regalano contrasti spettacolari. Alex ci conduce poi verso Hekla (il vulcano più attivo d’Europa) ed è tutto un dedalo di piste da guidare in piedi sulle pedane con lo sguardo a scrutare l’orizzonte.
Saliamo in cima a una delle bocche secondarie del vulcano e lo spettacolo è unico, scendiamo nei deserti sottostanti e gli occhi si riempiono, proseguiamo fino a Langamellir e Fjallabak. Tutti considerano queste due tappe le più divertenti perché più guidate e più tecniche, quasi enduristiche, e forse hanno ragione ma io non riesco a togliermi la F910 (Askja) dalla testa. Ritorniamo in albergo per l’ultima sera, abbiamo ancora una fantasia. L’Islanda è il paese dell’aurora boreale per antonomasia ma lo spettacolo è tipicamente invernale e chiedere anche questo mi sembra troppo, mi sento ingordo solo a pensarlo.
E invece, durante le sole due ore di buio estivo, eccola a rischiarare il cielo con i suoi movimenti sinuosi! I deserti, il meteo, i compagni e ora anche l’aurora! È stato difficile chiudere occhio quella sera. È stato difficilissimo tornare al lavoro lunedì.
CONCLUSIONI
- Viaggiare in Islanda è molto semplice se si ha un po’ di attitudine. Avendo una sola strada asfaltata che fa il periplo dell’isola (la “1” detta Ring Road), l’amministrazione statale riconosce e mantiene anche le piste interne trattandole come strade “normali” con tanto di cartelli stradali che sbucano anche ai bivi nel bel mezzo del deserto dove, udite udite, prende anche il 4G. Ciò toglie poesia ma di sicuro aiuta molto.
- Fatta eccezione per la benzina che costa come in Italia, i prezzi sono molto elevati, tenete presente di moltiplicare qualunque spesa per 3/3,5 rispetto al costo italiano.
- La cosa peggiore che voi possiate fare in Islanda è uscire dalle piste battute, le multe sono salate e vi trovano, non so come ma vi trovano!
Un viaggio del genere ha di sicuro confermato che si viaggia con lo spirito, a prescindere dal mezzo a disposizione e che, pur con le proprie peculiarità e inclinazioni innegabili, ogni moto è buona per viaggiare. Non serve disquisire sulla presenza di un cardano o sulla mancanza delle manopole riscaldate, specie se in mezzo a queste disquisizioni austro-teutoniche c’è una giapponese che se la ride in silenzio in mezzo ai due litiganti.
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Testo e foto: Dario Lupini