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Vuelta ao mundo parte 2

Inizialmente avevamo progettato di raggiungere gli Stati Uniti con un volo da Singapore, ma i costi elevati ci hanno fatto cambiare idea.

Questo cambiamento ci ha portato a fare un’esperienza “molto bagnata” in Malesia. Abbiamo provato sulla nostra pelle cosa significa il monsone!

Pioveva sempre, forte, fitto, e sotto la pioggia incessante siamo arrivati alla città di Georgetown sull’isola di Penang e, il giorno seguente, a Kuala Lampur. Ogni sera arrivavamo zuppi: le nostre tute non erano adatte a proteggerci da tutta quell’acqua. E anche i bagagli arrivavano pieni d’acqua e così le nostre scarpe.

Da qui la decisione di ritornare verso nord, nella soleggiata Thailandia, proseguendo verso Laos e Cambogia per poi tornare Bangkok per imbarcarci su un volo per il continente americano.

Dopo 69 giorni passati guidando sulla sinistra, in Laos siamo tornati a guidare sulla destra, senza nemmeno farci caso.

Il Laos è il paese della nostra prossima esperienza off-road e fango!

Abbiamo attraversato il fiume Mekong in traghetto. Fine dell’asfalto. Abbiamo trascorso la notte nell’elegante città di Lunag Prabang. Siamo ripartiti su una strada di brecciolino e ogni tanto attraversavamo qualche villaggio, dove suscitavamo parecchio interesse, come se non avessero mai visto dei turisti sulle moto passare di lì.

La strada era di terra rossa, bastavano poche gocce d’acqua e si trasformava in una pista di pattinaggio. Montando pneumatici Metzeler Tourauce non sono mancati gli scivoloni, attraversando la foresta tra parecchie cadute.

Ed ecco la pioggia! Abbiamo viaggiato a 15/20 km/h. Attraversare tratti di fango profondo era meglio che viaggiare su quei tratti di strada duri coperti di fango: a ogni movimento di polso sulla manopola del gas la ruota posteriore scivolava in avanti. Non ricordo quante volte abbiamo rialzato le moto da terra. Eravamo tutti sporchi di fango rosso dalla testa ai piedi.

Per ultimo abbiamo visitato la Cambogia, passando su un terreno di 4000 isolette sul Mekong

Abbiamo dovuto accelerare i tempi perché si avvicinava la data di consegna dei documenti alla società di esportazione moto della Thailandia. Lungo una grande strada sterrata, che sembrava un’autostrada circondata da pianure africane, siamo finalmente arrivati di nuovo all’asfalto fino al tempio di Angkor.

Abbiamo sostato a 10 km da Angkor, nella città di Siem Reap, un posto che ci ha ricordato l’India. Sfortunatamente anche il traffico in Cambogia è piuttosto caotico e tutti suonano in continuazione i clacson. Non abbiamo avuto abbastanza tempo per visitare i canali sotterranei utilizzati dall’esercito durante la guerra con gli Stati Uniti, una grande attrazione per i turisti dove con pochi dollari puoi sparare con una mitragliatrice o lanciare una granata.

Dalla Cambogia siamo rientrati a Bangkok in Thailandia per partire per il continente americano

Abbiamo sorvolato l’Oceano Pacifico e, dopo qualche giorno, a Redondo Beach in California, abbiamo ritirato le nostre moto dall’aeroporto. Tutto è andato liscio, nonostante le leggende sulla dogana americana. Sistemati i documenti, abbiamo ottenuto i timbri necessari per il ritiro.

Dopo 20000 km abbiamo fatto sistemare le Ténéré all’officina Yamaha di Los Angeles, rimettendole a nuovo e siamo ripartiti verso sud. Abbiamo attraversato il confine con il Messico a Tijuana. A quel punto abbiamo cambiato le gomme Metzeler Tourance con le Heidenau T60 Scout.
non vedendo l’ora di affrontare il prossimo off-road.

La Baja 1000

Una mattina, bevendo cappuccino e caffè americano, il proprietario del bar ci ha incuriositi con i suoi racconti sulla penisola californiana (Baja California). Ci ha parlato dell’annuale corsa chiamata con orgoglio “Baja 1000”, che si svolge per 1000 miglia dalla città di Ensenada fino a La Paz.

Ci è sembrata l’occasione perfetta per testare le nuove gomme. Senza perdere altro tempo, prese le indicazioni, ci siamo diretti verso Ensenada e lì ci siamo procurati la mappa della corsa. Il tempo non era sufficiente per farla tutta, ma abbiamo voluto percorrerne almeno una parte.

Non sapevamo esattamente cosa ci aspettasse sulle dune di sabbia del deserto del nostro immaginario… ma avendone la possibilità abbiamo rischiato e abbiamo fatto bene!

Del mitico percorso abbiamo fatto solo 60 km fino a Coco’s Corner lungo il tratto da San Felipe alla baia di Los Angeles. Però abbiamo ottenuto i risultati voluti e anche di più perché non avevamo previsto il fango. Con ghiaia dura e non, pietre e rocce e sabbia non troppo profonda, le nuove gomme si sono rivelate sempre eccezionali. Sicuramente avremmo risparmiato qualche caduta se le avessimo montate dall’inizio.

Il tratto di strada per raggiungere il percorso off road non era male! Asfalto immacolato, strada a curve lungo la costa con panorami bellissimi che ci hanno regalato emozioni e gioia per i nostri occhi. Alla fine del nostro viaggio lungo la penisola californiana, ci siamo fermati a riposare in un resort a Cabo San Lucas.

Il Messico: la seconda faccia del viaggio

Abbiamo raggiunto il Messico con un traghetto dalla città di La Paz fino a Topolobampo, e da qui l’avventura con le moto ha svelato una seconda faccia.

Durante il viaggio verso Acapulco, dove intendevamo trascorrere le feste, una delle moto ha cominciato a dare problemi con il cambio delle marce, si sentivano strani rumori giungere proprio dalla scatola del cambio, che si era inceppata su una delle marce e la frizione non funzionava.

Eravamo a circa 150 km dall’officina Yamaha quando la Ténéré ci ha abbandonato. Di nuovo assistiti dalla fortuna, un gentile abitante del posto ha caricato la moto sul suo furgoncino fino all’officina Yamaha, dove il capo meccanico ha controllato il guasto e non ci ha dato buone notizie: era necessario sostituire i dischi della frizione e gli ingranaggi della 3° e 4° marcia con pezzi di ricambio non reperibili in Messico.

Il nostro sponsor Yamaha Poland Position si è rivelato all’altezza del compito, in breve tempo ha recuperato i pezzi di ricambio e ce li ha spediti!

Il periodo delle feste è stato bellissimo… ma il tempo correva e avevamo previsto di terminare la spedizione all’inizio del Carnevale brasiliano, il miglior modo di festeggiare il successo della nostra avventura durata sei mesi.

La AS-RACE

Una volta riparato il cambio, dovevamo incontrarci in Guatemala, al confine con El Salvador.
Da lì in poi la spedizione ha assunto il tipico spirito sportivo: l’ultima tratta da Acapulco in Messico fino alla tratta di Salvadore in Brasile è stata battezzata “AS-RACE”.

Incontrarsi non è stato facile. Maciek si è perso dopo la battaglia burocratica al confine tra Messico e Guatemala e così abbiamo spostato il posto di incontro alla successiva frontiera tra El Salvador e Honduras. El Salvador è una piccola nazione, quindi abbiamo allungato solo di 300 km, e alla fine siamo riusciti a incontrarci.

Dopo un breve saluto e una breve sosta, ci siamo raccontati le nostre avventure e i giorni passati in solitudine, e abbiamo cominciato a programmare la AS-RACE. Dovevamo attraversare Honduras, Nicaragua, Costa Rica e Panama, quattro nazioni e ben otto dogane da passare.

Sapevamo già che a ogni frontiera avremmo dovuto parlare con i preposti all’immigrazione e ai doganieri, passando da uno sportello all’altro, facendo fotocopie di documenti, allungando qualcosa per lasciar passare le moto e acquistare assicurazioni.

C’erano persone addette ad aiutare che ci prendevano per mano e ci portavano ai vari sportelli per qualche dollaro. Era sempre un gran casino districarsi tra tutte le formalità. Nonostante avessimo le istruzioni dateci dall’agenzia di viaggio, redatte da chi aveva già fatto questa esperienza, la cosa non è stata facile.
Nel giro di pochi giorni siamo finalmente arrivati a Panama.

Si raccontavano leggende di persone coraggiose che avevano attraversato con le moto zone paludose e foreste sull’istmo di Danien Gap, ma noi abbiamo scelto di andare in traghetto o aereo, scoprendo poi che traghetti tra Panama e Colombia non ce ne sono.

Il trasporto via mare è offerto da proprietari di yacht che possono caricare un paio di moto. Ma la domanda per questo tipo di trasporto era alta e i posti andavano prenotati molto tempo prima. Abbiamo deciso, dunque, di aspettare a Panama qualche giorno con la speranza che si liberassero dei posti.

Alla fine abbiamo rinunciato alla traversata e, imballate le moto, abbiamo preso un volo da Panama a Bogotà, dove dopo 35000 km abbiamo cambiato per la terza volta la catena a una delle moto con pezzi sostitutivi arrivati insieme a quelli per il cambio.

Il prossimo punto di controllo sarebbe stato al confine con il Venezuela.

Non sapevamo in che condizioni fossero le strade della Colombia ma speravamo di arrivare lì in meno di un giorno perché non era lontano. Ma solo dopo 100 km, in una piazzola di sosta dell’autostrada, a una delle moto si è svitato il dado di fissaggio del pignone. Nella fase finale della nostra spedizione il destino ci metteva i bastoni tra le ruote.

In nostro aiuto è arrivato George, un colombiano, il quale con nostra grande sorpresa ci ha salutato in polacco; ha trovato l’elemento mancante in villaggio vicino permettendoci così di continuare il viaggio. Ma le sorprese non erano finite qui: lungo le curve di una strada di montagna, un cane ci ha attraversato la strada. Ho frenato d’istinto e la moto è scivolata sull’asfalto rovinandosi e strappandomi la tuta.

Il Venezuela è senza dubbio il paradiso per gli automobilisti, ad esempio il pieno (23 litri nel caso della moto Ténéré) lo abbiamo pagato meno di un caffè, ma è complicato entrarci. Eravamo abituati alle infinite formalità ma sette ore di attesa alla dogana, dove la pausa pranzo dura ben 2 ore, erano un po’ troppo.

Per attraversare questa nazione, abbiamo scelto la pista sud in modo di arrivare più velocemente al confine con il Brasile a Santa Elena. Il percorso prevedeva l’attraversamento del fiume Orinoco dalla città di San Fernando. Durante una sosta per il caffè, chiacchierando con un anziano signore di San Fernando abbiamo scoperto che la strada che volevamo prendere era sterrata, a tratti allagata, e che su alcuni fiumi e torrenti mancavano i ponti.

Sarebbe stata una bella avventura ma avendo tempi molto stretti abbiamo preferito percorrere il percorso più distante a nord. Fare conoscenza con la gente del posto si è rivelato utile un’altra volta.

Prima del confine con il Brasile, ci siamo persi di vista e abbiamo trascorso la notte in villaggi vicini, senza sapere dove fossero gli altri. I cellulari non avevano campo, niente internet, abbiamo avuto informazioni solo il giorno seguente da alcuni soldati presso uno dei tanti posti di blocco prima dell’ultima frontiera.

Lì ci siamo ritrovati e siamo entrati in Brasile. Eravamo felicissimi, davanti a noi c’era la foresta amazzonica!

Abbiamo attraversato questa regione con il traghetto lungo il fiume Amazzonia da Manaus a Belem perché era la stagione delle piogge. A Manaus abbiamo acquistato i biglietti last minute per il traghetto che partiva dopo 40 minuti, sbrigandoci, altrimenti avremmo dovuto aspettare tre giorni per il prossimo, cosa che non potevamo certo permetterci.

La vita a bordo della barca scorreva lentamente. Abbiamo trascorso cinque giorni di viaggio lungo il fiume più grande del mondo, osservando la vita dei villaggi sparsi lungo la sua riva.

Arrivati a Belem abbiamo di nuovo avuto problemi con la moto aggiustata in Messico. Un meccanico giapponese dell’assistenza Yamaha nel bacino amazzonico, dopo aver smontato completamente la moto, ci ha detto che il problema derivava dalla riparazione fatta ad Acapulco.

Siamo partiti due volte da Belem, la prima dopo 80 km la Ténéré si è fermata, costringendoci a tornare indietro per rimetterla tra le magiche mani dei giapponesi, però abbiamo deciso di proseguire il viaggio su una sola moto. Dovevamo percorrere ancora 2000 km per arrivare in tempo per il Carnevale, ma ce l’abbiamo fatta.

Dopo 188 giorni, 40000 km, 26 nazioni e 4 continenti siamo finalmente arrivati a El Salvador il quinto giorno di Carnevale, nel pieno della festa

Abbiamo viaggiato negli ultimi chilometri con gli pneumatici molto provati, ma i giorni seguenti abbiamo festeggiato con un gruppo di amici il nostro successo.
Finalmente siamo arrivati a vedere la Capoeira, un’arte marziale brasiliana di cui siamo molto appassionati e che rappresentava il top della nostra spedizione. Dopo le follie del Carnevale e qualche giorno di riposo, abbiamo iniziato gli allenamenti sotto la guida dei migliori atleti di tutta la regione di Bahia.

Dopo ben 8 mesi siamo rientrati a Varsavia, all’aeroporto Frederic Chopin, con tanti ricordi, un enorme bagaglio di esperienze che ci porteremo dentro tutta la vita e nuova energia per le prossime avventure.

Per leggere la prima parte del racconto, clicca qui

Testo e foto: Lukasz Jastrzab

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