24MX

Io, Pietro e la Gibraltar Race

Testo: Riccardo Taroni

Il sogno
Ho sempre avuto una forte attrazione per le avventure in fuoristrada, soprattutto a livello agonistico, ma non pensavo di ritornare a correre in moto a 62 anni. Così un giorno, contro ogni previsione, ho deciso di farlo coinvolgendo un “amico complice”, Pietro, col quale avevo già condiviso altre avventure motociclistiche. Pietro Bartolomei è un “ragazzo” cinquantenne noto nel mondo dell’enduro che conobbi durante una delle mie ricognizioni sui percorsi del Transitalia Marathon, un evento motociclistico internazionale che organizzavo negli anni ’90. Tutto è iniziato un anno e mezzo fa a causa di un’Africa Twin Rally, la versione speciale della nota maxi enduro giapponese allestita da Honda RedMoto per escursioni off road impegnative. È stato amore a prima vista e decisi che con “Lei” avrei vissuto qualche esperienza particolare, di quelle che non potrai più dimenticare. Dopo molto tempo d’inattività enduristica, a causa di un brutto incidente che nel 2015 mi costrinse a farmi impiantare un femore in titanio, mi rituffai in vecchie abitudini del passato riprendendo ad allenarmi come se non avessi mai smesso, con l’unica differenza che la moto era più pesante delle classiche monocilindriche da enduro che avevo sempre utilizzato. Insieme a Pietro iniziai a sognare possibili avventure africane, poi la mia anima “race” mi portò a scoprire l’esistenza della Gibraltar Race, non una gara africana ma europea, da molti definita la “Dakar d’Europa”. Sinceramente pensavo che il paragone fosse esagerato ma all’arrivo della gara di quest’anno a Cabo Fisterra sull’Oceano Atlantico i segni della fatica scolpita sui volti dei partecipanti ne hanno confermato la durezza di una Dakar vecchio stile, dove l’uomo contava molto di più dei mezzi meccanici. Per chi non lo sapesse, nel mondo del fuoristrada motoristico la Dakar è l’evento di riferimento.

La Gibraltar Race
La Gibraltar Race è una competizione motociclistica internazionale a tappe, che si propone con caratteristiche simili ad un raid marathon ma con una formula più complicata basata sulla regolarità di marcia e sulla capacità di orientarsi con l’ausilio di un navigatore satellitare. Poco prima della partenza di ogni tappa, ai partecipanti viene fornita una cosiddetta traccia che opportunamente caricata sul navigatore permette di seguire il percorso di gara che quest’anno attraversava l’Europa da Est ad Ovest interessando Polonia, Repubblica Ceca, Germania, Austria, Italia, Francia, Spagna, Portogallo e di nuovo Spagna, per circa 7000 km in 14 tappe comprensive di numerose “sessioni selettive”, più comunemente definite prove speciali. In questa gara non conta soltanto avere buone capacità di guida, serve anche saper intuire i percorsi più veloci nelle prove speciali. In sostanza si tratta di percorrere entro un determinato tempo dei settori di percorso fuoristrada, lunghi anche 100 km, raggiungendo i vari way point (punti di passaggio obbligatori) nel loro ordine cronologico senza essere dotati di una traccia specifica, cosa che invece è prevista nei trasferimenti fra una prova e l’altra. Sia il transito ad ogni way point che il tempo imposto per svolgere ogni speciale vanno rispettati, diversamente scattano le penalità previste dal regolamento di gara. La somma delle penalità accumulate da ogni partecipante ne determina la posizione in classifica, assoluta e di categoria. L’abilità sta quindi nel procedere abbastanza velocemente lungo questi settori di percorso che collegano i vari way point, senza sapere quale sia la pista migliore da seguire, una vera e propria “caccia al tesoro”. Il tutto viene controllato dall’organizzazione con l’ausilio di un sistema di tracciamento satellitare che rileva in ogni istante il segnale delle radio balise assegnate ai partecipanti, monitorandone i passaggi, il tempo e la velocità in qualsiasi punto del percorso. Il regolamento va ben interpretato e applicato alla lettera per non incorrere nelle penalità che poi determinano la classifica. Ovviamente non poteva mancare una buona dose di rischio, infatti l’intero percorso è aperto al traffico, prove speciali comprese. Al termine di ogni tappa i piloti e le loro eventuali assistenze vengono radunati presso il cosiddetto “bivacco” allestito normalmente nei pressi di strutture alberghiere, dove come opzione i piloti possono ristorarsi e pernottare. Lo spirito della Gibraltar Race ha un sapore antico, più che un rally marathon moderno assomiglia a gare motoristiche nostrane d’altri tempi come la Mille Miglia, il Motogiro o la Milano Taranto che si correvano lungo strade di uso pubblico con il denominatore comune della pericolosità. Questo evento ha qualcosa di affascinante e andrebbe salvaguardato, starà negli organizzatori trovare il modo visto che l’attuale formula è troppo vulnerabile sotto il profilo della legalità.

L’obiettivo
Per trasformare il sogno in un obiettivo concreto non restava che preparare un progetto, ne ho parlato con Pietro e poi con Michele Berera, direttore marketing di Honda RedMoto, proponendogli di correre la Gibraltar Race 2019 in veste ufficiale per l’azienda. Una simile iniziativa potrebbe apparire presuntuosa, in realtà con i contenuti giusti e le idee chiare è stato possibile realizzarla. Partecipare a una gara come pilota ufficiale di una casa motociclistica, forse la più importante al mondo, è un impegno gravoso che richiede responsabilità e adeguata consapevolezza del proprio talento motociclistico, anche perché presuppone il conseguimento di un buon piazzamento in classifica. Ciò determina una motivazione fortissima, per questo non ho avuto difficoltà ad impegnarmi assiduamente nella preparazione fisica e mentale che per diversi mesi mi ha portato a rinunciare alla famiglia, al tempo libero e qualche volta anche al lavoro. Cosa spinge un uomo della mia età a cimentarsi in un’impresa del genere? Il desiderio di vincere una sfida estrema per poi sentirsi fieri di averlo fatto. Un evento come la Gibraltar Race non va sottovalutato, stare in moto mediamente 10 ore al giorno per 14 giorni richiede uno sforzo fisico notevole ma anche una grande capacità di concentrazione per evitare che banali errori diventino fatali. Occorrono rigore e disciplina, autocontrollo e determinazione, attitudine al sacrificio e alla fatica, capacità di guida e di navigazione, predisposizione al rischio e al problem solving, competenze tecniche e una buona manualità meccanica, infine ma non per ultima tanta resilienza. Durante i giorni di gara il recupero è scarso, si dormono sì e no 5 ore per notte, il resto della giornata è impegnato dai preparativi della tappa da svolgere, dallo svolgimento della gara, dalle manutenzioni e dalle eventuali riparazioni, dalle valutazioni strategiche, dalla necessaria ristorazione, da un minimo di igiene personale e da brevi comunicazioni famigliari, insomma ritmi intensi e frenetici che richiedono un adeguato addestramento. Per quasi 12 mesi il mio programma di allenamento settimanale prevedeva tre sedute in palestra, una o due uscite in mountain bike di un paio d’ore e altrettante uscite in moto su percorsi on/off road di circa 300 km per almeno 5 o 6 ore, negli ultimi tre mesi ho intensificato gli allenamenti in moto a cui ho aggiunto i test delle migliorie meccaniche, delle gomme, del setting, delle strumentazioni e dei materiali tecnici impiegati.

Le difficoltà
E Pietro, il mio compagno d’avventura? Senza di Lui sarebbe stato tutto più impegnativo, i suoi apporti durante la preparazione sono stati fondamentali ma ciò che più ho apprezzato è stata la sua costante disponibilità a sostenermi nel trovare soluzioni e a volte la forza per andare avanti, sì perché intraprendere un’impresa come questa è difficoltoso e posso assicurare che in un periodo così lungo di preparazione sorgono tante incertezze, soprattutto davanti agli inevitabili infortuni o alle varie difficoltà. Circa un anno fa, per esempio, cadendo durante un allenamento in moto sulle piste abruzzesi, mi ero procurato un ematoma in corrispondenza dell’anca destra che dopo qualche tempo iniziò a farmi male al punto da dover ricorrere al consulto dell’ortopedico che già mi aveva operato all’anca sinistra per un incidente simile. Nei giorni precedenti la visita non nascondo di avere nutrito alcuni dubbi sulla possibile partecipazione alla Gibraltar Race ma poi ogni preoccupazione si è rivelata infondata. Altro esempio fu quando in occasione del test di un’innovativa sospensione posteriore, svolto in Umbria in occasione di una manifestazione off road aperta alle maxi enduro, danneggiai il telaio posteriore della moto, facendomi temere qualche incompatibilità strutturale, problema poi risolto e non certo dipendente dalla nuova sospensione. Sicuramente il colpo più duro è avvenuto quando a dieci giorni dalla Gibraltar Race, mi sono infortunato cadendo rovinosamente durante il test di un nuovo pneumatico anteriore. Oltre ad avere danneggiato la moto già pronta per la gara, mi sono ritrovato con una clavicola lussata, un polso incrinato, una compressione toracica e un ematoma molto esteso sulla coscia destra in corrispondenza del femore, un vero disastro! L’autorevole ortopedico che mi visitò dopo l’incidente disse “Caro Riccardo, viste le tue condizioni, ci penserei bene prima di partire per una gara così impegnativa, probabilmente non reggerai più di quattro o cinque tappe, quindi fai le dovute considerazioni”. Come mi sentivo? Sconfortato e incazzato ma non potevo certo mollare dopo tutti quei mesi di sacrifici. Nei momenti difficili per uno sportivo è molto importante avere il sostegno delle persone più vicine e in questo riconosco che Raffaella, la mia compagna, si è rivelata la persona giusta. Durante il lungo periodo antecedente la gara, nascondendo sapientemente le sue paure, non ha mai esitato nell’incoraggiarmi e nell’aiutarmi a superare i momenti difficili, mi ha sollevato da incombenze che non avrei potuto svolgere per mancanza di tempo, si è presa in carico la cura della mia alimentazione, ha sopportato pazientemente i miei affanni e i miei malumori, è stata una meravigliosa complice. La sera dell’incidente, mi accompagnò al pronto soccorso senza lasciare trasparire alcuna preoccupazione e mentre sofferente attendevo che qualcuno mi visitasse, mi rassicurò dicendomi “Vedrai, è un dolore passeggero, fra qualche giorno starai meglio”. Se ho deciso di partire, nonostante il parere negativo dei medici, è stato anche grazie a Raffaella.

L’inizio dell’avventura
Finalmente arrivò il grande giorno e volai a Danzica, confortato dal fatto che Pietro avrebbe corso al mio fianco come un “ghost raider”. Il ruolo di Pietro, dotato anche lui di un’Africa Twin Rally di Honda RedMoto, era quello di assicurarmi assistenza in caso di eventuali difficoltà e allo stesso tempo di documentare live la gara con foto e filmati visto che, oltre ad essere un esperto pilota, è anche il caporedattore della rivista web “Discovery Endual”. Giunti presso il quartier generale dell’evento, ci siamo presentati alle rituali verifiche tecniche della gara con le nostre moto appena arrivate a Danzica con il furgone assistenza, presidiate dal nostro fido meccanico Silvano Matteucci, grande persona e ottimo tecnico. Al controllo medico, presentandomi con i bendaggi alla clavicola, ho temuto che la mia partecipazione venisse compromessa da un parere negativo, ma per fortuna nulla di tutto ciò e ci sono stati assegnati i numeri di gara, a me il 75 e a Pietro il 76. Leggendo il mio nome, Riccardo, riportato appena sotto il numero, ho realizzato ciò che stava per succedere, ero uno dei candidati ad entrare nella leggenda dei Gibraltar Heroes. In momenti come questi provi un cocktail indescrivibile di emozioni, i pensieri si affollano nella mente generando anche qualche inutile ma umana preoccupazione, mi chiedevo per esempio come mi sarei sentito alla guida della mia “Rally”, visto che dopo l’incidente non ero più salito sulla moto. Mentre Pietro installava nei nostri caschi un sistema d’interfono bluetooth che ci avrebbe permesso di comunicare durante la gara, considerata che la nostra strategia prevedeva di viaggiare a vista, io mi occupavo degli ultimi dettagli della moto e dell’abbigliamento.

Il Briefing
Ed ecco il tanto atteso briefing di presentazione della Gibraltar Race 2019, durante il quale il patron dell’evento, Manuel Podetti, ci ha svelato i segreti di questa 4a. edizione, una gara sicuramente impegnativa e ricca di sorprese come la sabbia delle prime due tappe. La sottolineatura che le strade erano aperte al traffico, per cui era consigliabile una certa dose di prudenza nella conduzione dei propri mezzi, mi è sembrata una contraddizione con lo spirito della competizione. A tale proposito è stato evidenziato che lungo il percorso l’organizzazione avrebbe effettuato via satellite dei controlli di velocità definiti “speed limit” ed eventuali trasgressioni da parte dei piloti sarebbero state penalizzate in base al regolamento di gara. Poi una sommaria descrizione delle giornate che ci attendevano, ha fatto capire che la selezione sarebbe stata spietata, soprattutto per le tante incognite da affrontare. La cosiddetta tabella di marcia, contenente i chilometri e i tempi imposti dei vari settori di percorso, oltre alla traccia della tappa da svolgere, sarebbero state consegnate 5 minuti prima della partenza di ogni pilota per impedire che eventuali “furbacchioni” potessero mettere in atto qualche stratagemma per avvantaggiarsi rispetto agli altri concorrenti. L’ultima raccomandazione dell’organizzatore è che la traccia non andrà navigata ma semplicemente seguita. Mentre cenavo con Pietro e gli altri piloti, sentivo salire l’apprensione per la scelta fatta pochi giorni prima della gara a favore di un innovativo strumento di navigazione che si presentava più idoneo per questa tipologia di gara rispetto ai tradizionali navigatori, ma ovviamente non avevamo avuto tempo sufficiente per familiarizzare col suo funzionamento.

Le tappe
1a. Tappa – 22/06/2019 – da Gdansk a Gorzow Wielkopolski (Polonia) – 452 km in un tempo massimo di 10 ore.
Ecco il giorno tanto atteso. Ho anticipato la sveglia di circa un’ora, sono le 4 di mattina ed è ancora buio. Non ho riposato bene, più che altro per le incognite della gara e le incertezze sulla mia forma fisica. Alle 6 mi precipito a fare colazione per avere poi il tempo di curare la vestizione. Abbiamo scelto casco, occhiali, stivali, protezioni e abbigliamento eccellenti, prodotti da aziende leader che hanno creduto nel nostro progetto e deciso di supportarci fornendoci due set completi per eventuali cambi in caso di pioggia o di eventuali danneggiamenti, d’altra parte quattordici tappe sono tante. Mentre preparavo lo zainetto con la sacca idrica e le giuste scorte di integratori, gel e barrette, sentivo di essere finalmente entrato nel mio ruolo di “pilota Honda RedMoto”. Mi presento puntuale allo start, Pietro è dietro di me, non ci hanno ancora consegnato la traccia da caricare sul navigatore e nemmeno la tabella di marcia, questo mi fa innervosire. Sollecito lo staff ed ecco il file che magicamente appare sul mio strumento, attivo la traccia per navigare automaticamente il percorso (grande errore!), ritiro la tabella di marcia e parto. Dopo essermi tranquillizzato, aspetto Pietro partito un minuto dopo di me (per regolamento le partenze dei piloti avvenivano singolarmente ad ogni minuto) e appena mi raggiunge riparto lungo il percorso di trasferimento. Poco dopo entro in trance agonistica e dimentico i miei dolori al polso e alla clavicola, che poi si riproporranno intensamente solo nei tratti fuoristrada più impegnativi. Sia io che Pietro, forse a causa della tensione pre partenza, abbiamo dimenticato quanto ci era stato comunicato al briefing a proposito di non navigare ma di seguire la traccia, così avendo impostato la navigazione automatica ci siamo ritrovati con due percorsi diversi da seguire senza capire perché. Abbiamo risolto il problema con una telefonata all’organizzatore. La tappa non si presentava complicata, cinque prove speciali su piste sabbiose e prevalentemente veloci avrebbero determinato la classifica di giornata ma in realtà gli imprevisti erano dietro l’angolo. Infatti, dopo la seconda delle prove speciali previste, il mio pneumatico anteriore ha iniziato a perdere aria a causa di una deformazione del cerchio per un duro colpo subito contro uno scalino di roccia nascosto dalla sabbia. Pur riuscendo a completare altre due prove, ho poi dovuto desistere perché era impossibile continuare in quelle condizioni. Per spiegare l’accaduto, va precisato che una delle modifiche apportate alle nostre Africa Twin Rally riguardava proprio le ruote, abbiamo preferito montare dei cerchi tubeless per evitare le camere d’aria che in caso di forature avrebbero complicato l’eventuale riparazione, ciò però comportava il rischio di perdere aria in caso di danneggiamento del cerchio, come avvenuto nel mio caso. All’uscita della quarta prova proviamo un’ultima volta  a rigonfiare la gomma ma senza alcun risultato e quindi ho deciso con Pietro di abbandonare il percorso di gara per cercare un’officina meccanica dove poter riparare la ruota alla meno peggio e raggiungere così il traguardo in autonomia, rinunciando però a completare la tappa con conseguenti penalità a nostro carico. All’arrivo il nostro bravo Silvano, che avevamo preavvertito telefonicamente, ci attendeva al bivacco già pronto per gli interventi di riparazione, oltre alle manutenzioni ordinarie. Prima di una meritata doccia rigenerante e del rituale briefing relativo alla tappa successiva, malinconicamente ho scambiato qualche considerazione con Pietro su una giornata che non era andata secondo le nostre previsioni, d’altra parte le competizioni sono fatte anche d’imprevisti e questo va accettato, considerando che la gara era solo all’inizio e avremmo avuto ancora la possibilità di recuperare. Ci consoliamo con una cena tardiva e poco appetitosa ma il bisogno di nutrirci era tale che non abbiamo neppure avuto modo di capire cosa stavamo mangiando.

2a. Tappa – 23/06/2019 – da Gorzow Wielkopolski a Liberec (Rep. Ceca) – 411 km in un tempo massimo di 10 ore.
Sveglia alle 5 per i preparativi, poi colazione e la rituale vestizione, quindi gli ultimi controlli alla moto prima della partenza. Nei pochi minuti che precedono lo start, mi concentro per affrontare la seconda tappa con la determinazione di chi vuole risalire un bel po’ di posizioni in classifica rispetto al risultato del giorno precedente, anche confortato dall’aver preso confidenza con la formula di gara. Nella prima parte il percorso era simile al giorno prima, molto veloce ma con tanta sabbia e polvere che hanno reso insidiose le prime tre delle sei prove speciali previste, disputatesi in mezzo a verdi pinete che hanno reso più sopportabile il caldo torrido (circa 40°), insolito per la Polonia. Per guidare una moto sulla sabbia di quasi 250 kg c’è solo un modo, è necessario andare veloci per far galleggiare la ruota anteriore. Nonostante io e Pietro non avessimo mai guidato l’Africa Twin su terreni sabbiosi, siamo riusciti a tenere un ottimo passo gara con punte di velocità di ben 145 km orari. Riconosco che in un paio di occasioni mi sono preso qualche rischio di troppo, per esempio quando senza rendermene conto sono entrato a tutto gas in una voragine che poteva contenere un carro armato e mi sono ritrovato ad uscirne sbalzato dalla sella rimanendo appeso in volo al solo manubrio per una buona cinquantina di metri. In momenti come questi non hai tempo di pensare e agisci d’istinto, il cuore sembra fermarsi e in apnea trovi il modo di non cadere, magari senza togliere gas. Sembrava che tutto filasse liscio ma di nuovo la sorte non ci è stata favorevole e questa volta a soccombere è stata la ruota anteriore di Pietro, in pratica durante la terza prova speciale il cerchio si è piegato urtando una pietra nascosta nella sabbia. La nostra gara sembrava ormai compromessa ma reduci dall’esperienza del giorno precedente abbiamo reagito cercando una soluzione per aggiustare la ruota. Incontrando un villaggio rurale, ci siamo fermati presso una cascina dove gli abitanti dall’aspetto un po’ trascurato se ne stavano tranquilli a guardare il passaggio delle moto in gara. Non è stato facile farci capire ma in queste situazioni una buona mimica aiuta, così qualcuno degli autoctoni ha capito che ci serviva un grosso martello ed è saltata fuori una mazza da 5 kg che con quattro colpi ben assestati ci ha permesso di riparare il cerchio, potendo così ripartire dopo aver rigonfiato la gomma con le indispensabili bombolette di aria compressa. Nonostante il ritardo accumulato rispetto alla nostra tabella di marcia, siamo riusciti a svolgere regolarmente le altre tre prove speciali. Durante la quarta di giornata in un tratto molto veloce, a causa di una grande buca sulla pista, le mie sospensioni sono andate a fondo corsa e il contraccolpo ha spezzato la parte posteriore del telaio facendomi perdere portapacchi, borsa degli attrezzi e targa che non sono riuscito a recuperare. Evidentemente anche questa non era la nostra giornata fortunata. Abbandonata la sabbia polacca, ci siamo inoltrati nei boschi della Repubblica Ceca percorrendo le ultime due prove su terreni più compatti e con qualche guado insidioso. All’arrivo, dopo 8 ore e mezza di gara, Silvano ha risistemato la mia moto con tanto di targa provvisoria e ha provveduto a un necessario cambio gomme, sia per me che per Pietro. Nella partecipazione alla Gibraltar Race è molto importante programmare bene la scelta e la gestione degli pneumatici. Nel nostro caso l’accordo con un’importante azienda produttrice di gomme adatte alle maxi enduro, grazie anche ai test pre gara, ci ha permesso di ottenere la tipologia più idonea e la giusta quantità di pneumatici per tutte le tappe.

3a. Tappa – 24/06/2019 – da Liberec a Passau (Germania) – 445 km in un tempo massimo di 10 ore.
Sveglia alle 5, colazione e vestizione di routine. La partenza per il primo è prevista alle 7, si parte in base all’ordine di classifica del giorno precedente. Correre sapendo di essere a metà classifica non è entusiasmante, per di più in rappresentanza di un marchio importante come Honda RedMoto, ma il risultato di ieri (4° e 5° di classe) ci ha fatto capire che avevamo la possibilità di portare dignitosamente a Cabo Fisterre sull’Oceano Atlantico le nostre Africa Twin Rally, per cui non restava altro che recuperare posizioni su posizioni sperando di non avere altri problemi. Il fatto di non potere avere a bordo la mia dotazione attrezzi e ricambi a causa di quanto accaduto ieri (mancava la parte posteriore del telaio e la relativa borsa portattrezzi), mi generava un po’ di apprensione pur sapendo di poter contare su Pietro. La tappa germanica si proponeva con 5 prove speciali abbastanza navigate e paesaggi mozzafiato. Il feeling con la gara andava di bene in meglio ma nella seconda speciale il mio navigatore è impazzito facendomi rischiare di saltare più di un way point. Grazie al nostro sistema di interfono, Pietro è riuscito a guidarmi correttamente lungo il percorso e a farmi concludere le prove previste realizzando un 8° assoluto e un altro 4° posto di categoria, a conferma che avevo buone possibilità di essere fra i top raider, nonostante le mie condizioni fisiche. Abbiamo concluso la tappa in circa 8 ore rispetto alle 10 previste, senza dover esasperare il nostro passo gara, dando così la possibilità al nostro meccanico di avere più tempo per gli interventi di manutenzione. Ero soddisfatto della giornata e tutto sommato mi sentivo bene, considerato che avevo già svolto tre tappe e quasi 1500 km, inoltre la nostra squadra funzionava a dovere.

4a. Tappa – 25/06/2019 – da Passau a Laives (Italia) – 435 km in un tempo massimo di 10 ore.
Arrivo in Italia. Tappa annullata per problemi organizzativi, questo il comunicato ufficiale al nostro arrivo, peccato perché anche in questa occasione avevamo navigato senza grandi difficoltà e probabilmente avremmo recuperato qualche altra posizione in classifica, visto che questo era il nostro principale obiettivo.

5a. Tappa – 26/06/2019 – da Laives a Brescia (Italia) – 280 km in un tempo massimo di 7 ore.
Una giornata molto calda ha accompagnato questa tappa che si presentava relativamente breve con cinque prove speciali tecniche e navigate, purtroppo rese pericolose dalla presenza di veicoli che abbiamo incontrato lungo il tracciato. Nella quarta di queste, a causa di un errore di navigazione, mi sono ritrovato su una pista impraticabile. Non volendo tornare indietro per non perdere tempo, ho tentato di procedere fra massi e radici, che per pochi metri mi impedivano di riprendere la pista corretta e così sono rimasto bloccato. Ho provato a spingere all’inverosimile la “bestia” forzando troppo sul polso e sulla spalla infortunati, compromettendone il recupero avviato ormai da giorni. Se non fosse stato per Pietro, la mia gara sarebbe terminata lì. Invece di seguirmi su quella seppur breve ma infernale mulattiera, Pietro ha aspettato e vedendomi in difficoltà mi ha raggiunto a piedi per aiutarmi a spingere la moto fuori da quell’incresciosa situazione. Dopo esserci ripresi dallo sforzo, abbiamo continuato regolarmente la gara ma con qualche minuto di ritardo, che poi abbiamo recuperato. Siamo arrivati a Brescia con un’ora di anticipo, tant’è che le assistenze si erano appena sistemate presso il bivacco allestito al Museo Mille Miglia. E ad aspettarmi, oltre al nostro fido Silvano, c’era una bella sorpresa…Rachele, la più giovane delle mie figlie. Avrei preferito incontrarla in un altro stato, purtroppo ero abbastanza provato per il dolore al braccio e per lo sforzo fisico dovuto anche al caldo. Vederla prendersi cura di me con tanto di ghiaccio è stato insolito ed emozionante. Nonostante alcuni errori di navigazione e alcune penalità per avere trasgredito qualche speed limit di troppo, in questa torrida giornata siamo riusciti ad ottenere un 4° e un 5° posto di categoria e un 10° e 11° assoluti. La rimonta continua.

6a. Tappa – 27/06/2019 – da Brescia a Cuneo (Italia) – 515 km in un tempo massimo di 12 ore e 50 minuti.
Fa molto caldo già di prima mattina, sapere che la tappa sarà la più lunga e forse una delle più dure di questa Gibraltar Race mi conforta. Potrà suonare strano ma per noi più le tappe sono difficili più abbiamo possibilità di recuperare posizioni in classifica, ecco perché sono particolarmente euforico. Anche Pietro è del mio stesso avviso e nei primi 100 km di trasferimento via interfono facciamo un po’ di considerazioni strategiche. Dalla tabella di marcia si evince che le otto prove speciali sono belle toste, considerati i way point da centrare e i terreni pietrosi da attraversare preannunciati al briefing di ieri sera, proprio quello che a noi serve per fare la differenza con gli altri piloti. L’unica incognita è come reagirà il mio braccio dopo lo sforzo di ieri. Le prime due speciali le abbiamo concluse bene, alla terza lungo una discesa con pietre e scalini di roccia ho cominciato ad accusare un forte dolore al solito polso e da lì a poco è iniziato il calvario. In pratica mi mancava la forza per pinzare a sufficienza sulla leva del freno e arrivando troppo veloce sugli ostacoli i contraccolpi si facevano sempre più sentire sulla clavicola, un vero casino! Usciti dalla speciale, ho comunicato a Pietro la mia situazione e abbiamo deciso che sarà lui a fare strada in modo da agevolarmi sulla scelta delle traiettorie, sempre grazie al nostro interfono. Anche se le speciali di oggi non erano particolarmente lunghe, mi sono sembrate interminabili e confesso che nei momenti in cui il dolore era più acuto il pensiero di mollare si è riproposto più di una volta ma senza trovare terreno fertile. E così ho passato  la giornata, giusto il contrario di ciò che mi aspettavo. Speravo in una tappa dura per recuperare posizioni in classifica e alla fine si è ritorta contro di noi, concludendo al 7° e all’8° posto di categoria. A consolarmi all’arrivo c’era Sara, la più adulta delle mie figlie. Lei era radiosa come sempre, mi ha abbracciato orgogliosa facendomi sentire tutta la sua stima, proprio quello che ci voleva dopo una giornata di sofferenza. Anche Claudio, mio genero, ha fatto la sua parte manifestandomi il massimo apprezzamento per l’impresa che stavo portando avanti. Dopo avere affidato la moto al Mago Silvan (questo è il nuovo nome del nostro meccanico), mi sono gustato una meritata doccia prima di un altrettanto meritata cena.

7a. Tappa – 28/06/2019 – da Cuneo a Arles (Francia) – 470 km in un tempo massimo di 12 ore e 30 minuti.
Ho passato una notte tormentata, non pensavo che una clavicola lussata potesse dare tanti problemi. Già dal briefing avevamo appreso che ci aspettava un’altra lunga giornata con otto prove speciali alquanto impegnative, soprattutto la prima in altura a cavallo delle Alpi che ci avrebbe portato in territorio francese. Dopo una sessantina di chilometri al way point di entrata della prima speciale ai piloti in attesa di partire, tra cui anch’io e Pietro, viene comunicato dalla direzione gara che la prova è stata annullata per motivi a me non ancora chiari, così siamo stati tutti dirottati su un percorso alternativo di trasferimento che ci avrebbe condotto alla seconda sessione selettiva. Mi sarebbe piaciuto ammirare i panorami alpini di queste zone ma non è stato possibile farlo perché il tempo per arrivare alla prova successiva era saltato e quindi sconosciuto, per cui è stato necessario tenere un andatura veloce per non rischiare di arrivare in ritardo e incappare nelle conseguenti penalità. Sono giunto con Pietro all’entrata della speciale in perfetto orario e fino a quel momento non avevo risentito dei miei acciacchi pur avendo guidato veloce per diversi chilometri su strade molto tortuose. Parto a tutta sempre con la solita voglia di recuperare posizioni in classifica. Raggiungo alcuni piloti partiti primi di me, mentre Pietro mi segue come un’ombra rassicurandomi via interfono sulle mie scelte di navigazione e sulla mia andatura. Poi commetto un errore, Pietro se ne accorge e mi urla di fermarmi, torno sui miei passi e intanto Lui è ripartito nella direzione giusta davanti a me. Dopo alcuni chilometri di una lunga discesa ripida e molto insidiosa per la presenza di pietre, il freno posteriore si surriscalda e mi costringe a rallentare perdendo di vista Pietro. Temo di essere in ritardo ma non è così, al way point d’uscita della prova siamo in largo anticipo rispetto ai concorrenti che avevamo superato. Dopo la terza prova speciale svolta bene come la precedente, ci accorgiamo di essere a corto di benzina e decidiamo di cercarla uscendo dal percorso. Sale l’ansia per timore di restare a secco, incrociamo un auto e la fermiamo come banditi, la signora alla guida è impaurita ma poi capisce che abbiamo semplicemente bisogno di indicazioni per trovare carburante. A poca distanza c’è un distributore e tutto è risolto. Alla partenza della quarta prova io e Pietro facciamo il punto e decidiamo di spingere per mettere pressione ai nostri diretti avversari, quelli che ci precedono in classifica, guerra di nervi insomma. Tutto sembrava andare secondo i nostri piani, quando a circa metà del percorso la mia ruota anteriore inizia a perdere di aderenza, purtroppo non è solo una sensazione. Non so come ma arrivo alla fine della prova in orario, mi fermo e vedo la gomma completamente a terra, è squarciata! Questi sono quei momenti che un pilota non vorrebbe vivere, in un istante realizzi che i tuoi sforzi sono andati in fumo e probabilmente non solo quelli. Sai che imprecare non serve a niente, quindi a testa bassa provi a riparare la rottura. La gomma non tiene, partiamo nella speranza di trovare un gommista ma dal navigatore risulta che la cittadina più vicina è a 50 km. Avendo già accumulato molto ritardo, con un pneumatico in quelle condizioni non aveva senso continuare sul percorso di gara ancora lungo e impervio, quindi non restava che ricorrere al gommista saltando il resto delle speciali con conseguenti penalità (più o meno quello che era già successo nella prima tappa). Riparata la gomma ripartiamo sapendo che saremmo stati a rischio di squalifica per fuori tempo massimo al traguardo di tappa, così andiamo a tutto vapore trasgredendo regolamento e norme del codice della strada. So che non andrebbe raccontato e nemmeno fatto ma al nostro posto quanti si sarebbero comportati in modo diverso? Abbiamo tagliato il traguardo in 12 ore e 22 minuti, appena 8 minuti prima dello scadere del tempo massimo. La delusione è profonda ma almeno abbiamo evitato la squalifica.

Giornata di riposo – 29/06/2019 – Arles (Francia).
Una giornata di riposo ci voleva, è il caso di dirlo, sia per ripristinare i mezzi che per riprenderci dalla fatica. Chi partecipa a una gara di endurance come la Gibraltar Race è veramente messo a dura prova, sia dal punto di vista fisico che mentale. Pensando a tutto quello che è capitato nei primi sette giorni e alle mie condizioni fisiche, ho sufficienti elementi per comprendere cosa significhi sentirsi un Gibraltar Hero. I miei “colleghi” provenienti da ben sedici nazioni, a parte due donne, sono uomini adulti per la maggior parte più giovani di me e tutti hanno in comune la passione per la moto e l’avventura, alcuni corrono per un risultato e altri solo per poter dire “io c’ero”. Quando ho occasione di incrociare gli sguardi di questi eroi, leggo nei loro occhi orgoglio e fierezza ma anche una ben celata paura di non riuscire ad arrivare a Cabo Fisterra, una meta conosciuta dai più come luogo di pellegrinaggio. Questa gara ti insegna prima di tutto ad essere umile, perché è solo con umiltà che puoi accettare un risultato negativo per poi riprenderti con più convinzione di farcela. La Gibraltar Race non è soltanto una gara, è un’esperienza emotiva che lascia il segno, probabilmente unica nel suo genere, e per goderne bisogna farsi permeare dalla sua essenza…la navigazione. Trovare la via giusta in luoghi completamente sconosciuti è la vera discriminante, sapendo che gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo e nulla va dato per scontato. E’ un’ottima metafora.
Prima di partire per questa gara non conoscevo il metodo migliore per affrontare le prove speciali, poi ho scoperto che al way point di entrata devi necessariamente stabilire quale pista seguire per transitare sui vari way point nel loro ordine cronologico senza incasinarti in situazioni dove puoi rischiare di restare bloccato, soprattutto con una moto pesante come la mia. Per questo motivo la cartografia diventa fondamentale e la scelta dello strumento è determinante proprio per la tipologia delle mappe utilizzabili. La nostra scelta è caduta su uno smartphone per uso gravoso, quindi adatto a sopportare condizioni estreme come acqua, fango, polvere e urti. Perché non un navigatore tradizionale? Proprio per le ragioni anzidette, infatti abbiamo potuto installare un’applicazione che ci ha permesso di utilizzare una cartografia molto particolareggiata e idonea per quello che dovevamo affrontare, oltre a funzionalità che i navigatori attualmente in commercio non possono garantire.
La sosta forzata è anche un momento per occuparsi di mansioni che nella mia quotidianità non sono contemplate, come farsi il bucato. Già, perché fra polvere e sudore gli indumenti sono irriconoscibili, dalle mie parti si dice ironicamente che potrebbero animarsi di vita propria. E perché non approfittarne per fare un bilancio delle tappe svolte, al fine di comprendere le cause delle nostre principali disavventure? Purtroppo a causa dell’incidente che avevo subito dieci giorni prima della partenza, non ero riuscito a testare la gomma anteriore e nemmeno l’azienda produttrice aveva un’esperienza pregressa a cui rifarsi per stabilire i parametri di utilizzo su una maxi enduro. Così ci siamo ritrovati a correre con un pneumatico adatto al fuoristrada ma non per moto pesanti, almeno senza adottare alcuni accorgimenti. Avendo la nostra gomma una carcassa molto morbida, per resistere alle sollecitazioni di una moto come l’Africa Twin doveva essere oltremodo gonfia proprio per evitare che il cerchio subisse possibili danni, cosa che abbiamo scoperto dopo quanto accaduto nelle prime due tappe. Pecche d’inesperienza? Penso più a concomitanze sfortunate, se non mi fossi infortunato e avessi potuto collaudare la gomma come era previsto, sicuramente avremmo avuto le informazioni per affrontare la gara con un setting giusto. Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, a conti fatti o meglio dedotte le circa 75.000 penalità accumulate a causa dei nostri problemi tecnici, saremmo stati 6° e 7° assoluti e sicuramente in posizioni migliori nella classifica di categoria, questo a riprova che il nostro feeling con la gara era buono.

8a. Tappa – 30/06/2019 – da Arles a Carcassonnne (Francia) – 410 km in un tempo massimo di 10 ore.
Parto come 16°, Pietro mi precede di un minuto. L’ultima tappa ci ha penalizzato fortemente ma il morale è ancora alto. Mentre ci lasciamo alle spalle la Camargue, una delle più belle regioni francesi, mi rendo conto che dovremo mangiare molta polvere per recuperare le posizioni di testa della nostra carovana ma, come si dice, qualcuno deve pur farlo questo sporco lavoro e io sono pronto come sempre. Alla terza speciale delle otto di giornata siamo con i primi, ora dobbiamo soltanto gestirci al meglio per non incorrere in altre fatalità ma sempre con l’intento di recuperare. La nostra è ormai una gara all’inseguimento, non possiamo far altro che correre contro le penalità. Le speciali si susseguono e noi le facciamo al meglio delle nostre possibilità. La moto asseconda la mia guida, in alcuni passaggi godo nel farla derapare sfruttando appieno i suoi 100 cavalli. La Provenza e l‘Occitania sono due regioni che sembrano fatte per questa gara, percorsi scorrevoli ma con qualche tratto off road impegnativo per il fondo sassoso e di forte pendenza. Dopo poco più di 8 ore tagliamo il traguardo e veniamo accolti come di consueto dal nostro bravo Mago Silvan che prende subito in cura le nostre Africa Twin. Mentre ci rifocilliamo presso l’hospitality del Team Azzurrorosa, mi avvicina Luca Alessandrini, un simpatico pilota pesarese che durante una speciale ha tentato invano di accodarsi a noi. Mi dice “voi siete matti, con quelle Africa Twin andate come pazzi…”.

9a. Tappa – 01/07/2019 – da Carcassonne a Prullans (Spagna) – 390 km in un tempo massimo di 10 ore.
Parto sapendo che mi attendono sette prove speciali che interesseranno in buona parte i Pirenei. Già dalla prima mi accorgo che sono molto veloci e questo comporta qualche rischio di errori nella navigazione. Sono molto concentrato e voglio far bene per recuperare altre posizioni. Il passo gara è buono, me ne accorgo perché ho raggiunto e superato in speciale più di un pilota, tra cui quelli che sono attualmente nei primi posti di classifica. Nella quarta speciale, forse lusingato da come sto andando, allungo troppo la staccata in prossimità di una curva che in apparenza sembra larga e mi ritrovo fuori traiettoria al punto che esco dalla pista, intercettando una grossa ginestra che accoglie benevolmente sia me che la mia Rally. Per fortuna nessun danno, l’unica rimasta ferita è la ginestra. Mi sono reso conto che forse ho esagerato, Pietro me l’aveva già fatto notare via interfono. Disincastro la moto dal groviglio di rami e riparto imponendomi una velocità più controllata, terminando bene anche questa prova. Le altre speciali le concludo senza intoppi e penso che probabilmente ne uscirà un buon risultato. I Pirenei propongono paesaggi spettacolari, si percorrono chilometri e chilometri senza incontrare segni di civiltà, l’unica presenza sono gli animali al pascolo. La temperatura è ottimale, finalmente il grande caldo ce lo siamo lasciati alle spalle. Dopo 8 ore e 45 minuti concludiamo la tappa e arriviamo al piacevole borgo di Prullans, dove al bivacco ci aspetta il nostro fido meccanico. Al briefing serale impariamo che la tappa di domani sarà durissima, circa 200 km di prove speciali molto tecniche e insidiose.

10a. Tappa – 02/07/2019 – da Prullans a Barbastro (Spagna) – 375 km in un tempo massimo di 10 ore e 30 minuti.
Dopo un buon sonno ristoratore, al solito mi preparo per la partenza di una tappa che si rivelerà particolarmente selettiva, creando problemi a non pochi piloti. Sei le prove speciali da affrontare, alcune molto impegnative sia per il fondo che per la navigazione. E’ quello in cui sparavo e sono stato accontentato. Poco dopo la partenza della prima prova, una buca mi porta ad accusare un duro colpo sulla sella e poco dopo sento un forte bruciore interno al basso inguine. Concludo bene la speciale e mi fermo per fare pipì con una brutta constatazione, l’urina è molto scura per la presenza di sangue. Cazzo, ci voleva anche questa! Ne informo Pietro e proseguiamo la nostra gara. Una dopo l’altra eseguo le prove guidando costantemente in piedi nella speranza di alleviare il bruciore e il bisogno di minzione, nel frattempo mi alterno con Pietro nel fare l’andatura per allentare un po’ lo “stress da navigazione”. Man mano che procediamo inesorabili lungo le speciali, penso che non tutti riusciranno a terminare questa tappa indenni da rotture e cadute, soprattutto a causa dei tratti in discesa resi particolarmente difficili da grosse pietre. Dopo quasi 9 ore di gara di cui circa 4 ore di prove speciali, all’arrivo constato che diversi piloti hanno accusato gravi problemi, come il tedesco Jens Behling candidato alla vittoria che ha sfondato la coppa dell’olio motore della sua BMW. Al bivacco grande lavoro per i meccanici fino a notte fonda, Silvano invece può godersi la cena insieme a noi dopo avere effettuato le manutenzioni ordinarie sulle nostre moto.  

11a. Tappa – 03/07/2019 – da Barbastro a Miranda De Ebro (Spagna) – 480 km in un tempo massimo di 12 ore.
Al briefing di ieri sera è stato preannunciato che la tappa odierna sarebbe stata la più dura della Gibraltar Race 2019, 220 km in circa 4 ore di prove speciali sono dal mio punto di vista qualcosa di esaltante. Potrà sembrare esagerato ma fra questi eroici partecipanti qualcuno è più eroico, io mi sento così! Il sangue nelle urine è scomparso e i miei dolori al braccio si sono attenuati, sto bene e ho il morale giusto per affrontare questa tappa che farà la differenza. Parto e col passare dei chilometri mi sento sempre più fiducioso, le sofferenze ormai sono un ricordo lontano. Il corpo umano è qualcosa di speciale e la nostra mente è una macchina straordinaria che può farci compiere cose all’apparenza incredibili. Nonostante tutti i problemi che ho avuto e al contrario di ogni previsione, come canta Vasco, sono ancora qua! So che le sei sezioni selettive di oggi saranno veloci e navigate, attraverso il Deserto De Los Monegros e la selvaggia Aragona, questo è il terreno giusto dove le nostre Africa Twin Rally possono dare il meglio. Poco prima del termine della seconda speciale, sono costretto a fermarmi. Un furgone blocca la pista, mentre due uomini sbraitano in spagnolo contro un pilota arrivato prima di noi. I due, probabilmente allevatori di bestiame, sono spaventati per il passaggio delle moto in gara e così hanno pensato di bloccare la strada. Cerchiamo di farli ragionare e intanto telefoniamo al numero di emergenza di gara per comunicare cosa sta accadendo, anche perché non vogliamo essere penalizzati a causa di questo inconveniente. A fine tappa faremo poi una comunicazione scritta per farci abbonare il presunto ritardo di 10 minuti, verificato peraltro via GPS. Le speciali successive sono molto veloci, in qualche occasione riesco a sbirciare i contachilometri ma sarebbe meglio non farlo, considerato che siamo su piste sterrate e sconosciute. La cosa più pericolosa è quando si raggiunge un pilota superandolo, la nuvola di polvere ti impedisce di vedere dove stai mettendo le ruote e se sei ancora sulla pista, sono secondi interminabili che potrebbero essere anche fatali, in quei momenti ti rendi conto che stai correndo “a vita persa”. Arriviamo soddisfatti al traguardo dopo 9 ore e 45 minuti, la maggior parte dei partecipanti arrivano fra le 11 e le 12 ore, è una tappa dove sono successe tante cose e come era prevedibile la classifica ne risentirà.

12a. Tappa – 04/07/2019 – da Miranda De Ebro a Zamora (Spagna) – 460 km in un tempo massimo di 11 ore.
Nella tappa di ieri abbiamo portato a casa il 4° e il 5° posto di categoria e il 7° e 8° assoluti, inoltre sono saltati due nostri diretti avversari, il tedesco Jens Behling e il polacco Marcin Kowalcze, quindi qualche altro passo avanti in classifica generale l’abbiamo sicuramente fatto. E’ il momento di approfittarne ma la sorte non mi aiuta, ho passato la notte in bagno per un attacco di dissenteria e vomito, probabilmente a causa del cibo. Presentarsi alla partenza di una tappa impegnativa senza aver potuto ingerire qualcosa di nutriente, non è sicuramente il massimo ma questa era la situazione. Pietro lo sapeva e sapeva anche che il suo sostegno sarebbe stato determinante, mi sentivo veramente in crisi ma ancora una volta ho fatto affidamento sulle mie risorse, l’importante era che la moto funzionasse a dovere. Mi attendevano altre 4 ore di prove speciali che per me sarebbero probabilmente valse il doppio. Alla prima delle sei prove previste, dopo appena 13 km di trasferimento, nulla è cambiato ed entro in speciale in uno stato comatoso, sono spossato e confuso. Poi sento la voce di Pietro rimbombare nel casco “Riccardo, cazzo stai facendo? Vuoi mollare proprio adesso?” Mi sorpassa e mi esorta a seguirlo, non mi faccio pregare. A circa metà tappa, prima della quinta sessione selettiva, mi sento svuotato e dico a Pietro che ho bisogno di dormire un po’. Metto la moto sul cavalletto e senza togliermi il casco mi sdraio sul ciglio della pista chiedendo a Pietro di svegliarmi dopo un quarto d’ora, tempo che poi avremmo dovuto recuperare. Quel breve riposo mi ha ridato l’energia necessaria per ripartire e concludere indenni da penalità anche la quinta speciale. Potrà sembrare strano ma finora abbiamo fatto bene tutte le prove, manca solo la sesta che si presenta lunga e navigata. Inutile ribadire le mie condizioni fisiche, solo l’orgoglio pungolato da Pietro mi spinge ad andare avanti. Prima di entrare in speciale provo ad inghiottire una mezza barretta, parto e poco dopo la rigetto, bevo e ancora un altro conato di vomito che quasi mi fa cadere. Pietro si accorge di avermi perso e mi aspetta, sono in difficoltà e appena lo raggiungo glielo comunico ma mi sprona con una frase un po’ forte e io lo mando a quel paese! Però la rabbia mi stimola ad accelerare e il gioco è fatto, anche la rabbia può diventare una risorsa positiva. Usciamo dall’ultima prova e mancano 21 interminabili chilometri, dopo 8 ore e 45 minuti tagliamo per primi il traguardo, roba da non credere. Risultato di giornata? 2° di categoria a solo un punto di penalità dall’olandese Xavier Tobé su BMW. E’ il mio miglior risultato e ho sfiorato di poco la vittoria di tappa. Ecco, questo conferma che “crederci sempre, mollare mai” porta degli ottimi risultati, anche quando questi sembrano impossibili da raggiungere. E qui sono entrato di diritto nella ristretta lista dei Gibraltar Heroes.

13a. Tappa – 05/07/2019 – da Zamora a Ourense (Spagna) – 470 km in un tempo massimo di 11 ore e 40 minuti.
La penultima tappa, con sette prove speciali, per un breve tratto attraverserà il Portogallo per poi ritornare verso il nord della Spagna. Riassumerà tutte le condizioni delle tappe precedenti con alcuni tratti, sia in salita sia in discesa, che non saranno così agevoli per le maxi enduro. Questa la premessa al briefing di ieri sera. Rispetto a ieri mi sento decisamente meglio ma faccio una colazione prudente per non correre rischi, idratandomi copiosamente con molto limone. Mi presento alla partenza con orgoglio, davanti a me solo il vincitore di ieri e dietro il mitico Pietro. Sono carico al punto che ho già rimosso la sofferenza di ieri e parto con la convinzione che anche oggi farò un buon risultato, intanto ne parlo con Pietro durante il trasferimento per raggiungere la prima delle sette prove di oggi. Dalla nostra tabella di marcia abbiamo appurato che ci attendono 3 ore circa di speciali, alcune molto tecniche e altre veloci, la più complicata sembra essere la terza con 31 way point da centrare in circa 1 ora e 15 minuti. Finalmente non abbiamo problemi di sorpassi, siamo praticamente davanti a tutti e dopo avere completato le speciali in modo egregio tagliamo il traguardo in 9 ore, registrando un 2° e 3° di classe e un 3° e 4° assoluti di tappa. Durante la cena siamo radiosi, i nostri colleghi ci guardano ammirati e forse si rendono conto che senza gli inconvenienti dei primi giorni saremmo stati probabilmente fra gli avversari da battere.    

14a. Tappa – 06/07/2019 – da Ourense a Fisterra (Spagna) – 300 km in un tempo massimo di 9 ore.
Quando suona la sveglia sono le 5 ma il sole non è ancora sorto, in effetti qui siamo nella zona più a ovest d’Europa. È una giornata importante, l’ultima di questa straordinaria avventura. Dopo la colazione, scaramanticamente curo ogni dettaglio della mia vestizione, altrettanto faccio con la moto prima di inforcarla per la partenza. Anche oggi partiamo nelle primissime posizioni, forse come sarebbe dovuto essere fin dalle prime battute della gara. Tutti si aspettavano una tappa semplice, una formalità come accade nei grandi raid, invece dall’ultimo briefing s’è capito che la giornata non sarà da prendere sotto gamba. Dalla partenza solo 17 km di trasferimento per raggiungere la prima delle cinque speciali odierne e insieme a Pietro mi avvio concentrato verso la prova. Al way point di entrata impostiamo come sempre la traccia e ci accorgiamo che c’è un tranello per raggiungere uno dei 7 way point previsti, questo farà sicuramente la differenza. Concludiamo bene questa prima speciale, così come le restanti prove senza commettere errori nonostante altre “trappole” ben disposte dal tracciatore del percorso per rendere più difficoltosa la navigazione, tant’è che dopo 7 ore di gara tagliamo il traguardo 2° e 3° di categoria, oltre che assoluti. Per me e Pietro, e non solo per noi, è la conferma che avremmo meritato di più ma le gare sono fatte anche di imprevisti e bisogna inesorabilmente accettarne le conseguenze. Prima dell’arrivo, visto che siamo in largo anticipo, propongo a Pietro una sosta per concederci un meritato pranzo a base di pesce e vino bianco…ormai si può fare, considerato che mancano solo 10 km per raggiungere uno dei “fari” più famosi del mondo. Brindiamo al nostro risultato e a questa lunga esperienza fatta di gioie e dolori. Se solo avessimo avuto un’altra settimana, visto i risultati degli ultimi giorni, avremmo letto altri nomi in vetta alle classifiche ma a malincuore la realtà è un’altra. Ripartiamo e quando transitiamo sotto l’arco di arrivo i festeggiamenti sono già iniziati…è un tripudio, siamo accolti calorosamente dagli organizzatori e dal pubblico assiepato lungo le transenne.

Le premiazioni
In questo caldo pomeriggio che ha qualcosa di magico, qui sotto il faro di Cabo Fisterra si sta per celebrare la premiazione della Gibraltar Race 2019. Siamo tutti in fibrillazione, è il momento della consacrazione dei Gibraltar Heroes ma anche di coloro che hanno ottenuto un meritato risultato da podio. Consegna dei premi, foto di rito, applausi e congratulazioni fra compagni d’avventura, con questo protocollo si è conclusa ufficialmente la manifestazione.    

Conclusioni      
Missione compiuta! Non è l’epilogo di un film ma la giusta conclusione di un sogno divenuto realtà. Rimirando l’orizzonte dal faro di questo promontorio che si sporge sull’Atlantico, mentre sto rivivendo alla moviola tutto quello che è successo da un anno e mezzo fino ad oggi, realizzo solo ora che questo “viaggio” ha rappresentato qualcosa di speciale, forse un po’ suggestionato da questo luogo mistico meta di tanti pellegrini. Mi ero proposto di vivere un’esperienza emozionalmente significativa e l’ho fatto, grazie anche all’aiuto di tutti coloro che hanno creduto in me e ad alcune possibilità senza le quali non avrei potuto realizzare questa impresa. Sono fiero di esserci riuscito e sono orgoglioso di avere avuto un complice come Pietro. Grazie a tutto ciò ora faccio parte dei Gibraltar Heroes. E cosa significa farne parte? Ci si sente speciali, un po’ come i Dakariani o gli IronMan, persone che non si fermano davanti alle difficoltà e non indugiano difronte ai rischi e ai sacrifici. Chi mi conosce sa che non sono un esaltato, al contrario sono razionale e riflessivo. Quando ho deciso di dedicarmi a questa impresa l’ho fatto consapevole di cosa avrei dovuto affrontare e a quali rischi mi sarei esposto. Cosa mi ha spinto a farlo? Forse il bisogno di chiudere qualche conto sospeso, di sentirmi ancora quel ragazzo che vive in me con tanta voglia di mettersi in gioco, di vivere la passione che mi accompagna da sempre, di sentirmi più forte delle avversità che la vita propone, di mettere alla prova il mio coraggio, di misurarmi con l’ignoto, di alimentare la mia resilienza. Sono tante le ragioni per cui un uomo di 62 anni un bel giorno decide di alzare l’asticella, molte di queste potrebbero sembrare ingiustificate ma le persone speciali si distinguono proprio perché sanno osare. In queste lunghe giornate, forse fra le più intense della mia vita, ho capito ancor più l’importanza del tempo e quanto ogni secondo possa fare la differenza non solo in una classifica ma anche nella vita. Ora, seduto su questo scoglio davanti all’oceano, mi godo quello che ho fervidamente immaginato per mesi, mentre lascio andare la tensione fra qualche lacrima di gioia e di rammarico. La gioia per essere arrivato qua, a dispetto di ogni pronostico contrario e di tutti i problemi che ho incontrato, il rammarico per avere avuto la possibilità di realizzare un grande risultato e averlo visto sfuggire per circostanze indipendenti dalla mia volontà. In ogni caso l’uomo ancora una volta ha determinato il proprio destino superando ogni ostacolo e riuscendo a dare seguito al proprio intento.Ne esce un grande insegnamento: se ti preparerai mentre gli altri riposano, se ti impegnerai mentre gli altri si divertono, se resisterai mentre gli altri mollano, se ti risolleverai mentre gli altri soccombono, vivrai ciò che gli altri potranno soltanto sognare!    

Un ringraziamento particolare a Raffaella, Pietro, Silvano e Michele.

“Riccardo Taroni”
E’ nato il 18 aprile del 1957 a Forlì, tuttora vive a Castrocaro Terme, una ridente località collinare a pochi chilometri dalla città natale. Orgogliosamente ama definirsi un romagnolo D.O.C., fedele alla sua terra.
Ha avuto la fortuna di conoscere lo sport fin da piccolo e lo ha sempre praticato.
Oltre al fuoristrada motociclistico, nelle sue declinazioni enduro e rally raid, ha esercitato diverse attività sportive (basket, squash, alpinismo, trekking, sci, nuoto, subacquea, vela, mountain bike, off road 4×4, tanto per citarne alcune) e questo ha contribuito a farne un uomo eclettico e amante dell’avventura.
Si è avvicinato alle moto intorno ai 16 anni, quando il padre gli regalò un Fantic Caballero 50 cc e a 18 anni iniziò a competere nell’enduro con un KTM 100 cc. Corse per circa 10 anni, anche in team col supporto ufficiale di aziende motociclistiche dell’epoca come la Maico Portelli, la Moto Villa e la SWM. Poi all’inizio degli anni ’80 scoprì il mondo dei rally raid e partecipò ufficialmente ai primi due Rally di Sardegna, rispettivamente con la Moto Villa e con la Honda Italia – Ormeni. Da queste esperienze maturò l’idea di trasformare la competenza motociclistica in un’attività lavorativa e si lanciò nell’organizzazione professionale di eventi motoristici. Nel 1985 diede vita al Rally del Titano, poi diventato Transitalia Marathon, rally raid internazionale che quando si concluse lasciò una traccia indelebile, al punto che in questi ultimi anni è stato riesumato in chiave turistica sull’onda del precedente successo. Nel ‘87, in collaborazione con R. J. Reynolds Tobacco Italia (Camel) e Honda Italia, si occupò dell’organizzazione del Camel Marathon Bike. La sinergia con “Camel” successivamente gli offrì l’occasione di collaborare alle fasi selettive nazionali del Camel Trophy (evento mondiale off road 4×4), fino ad occuparsi interamente delle ultime selezioni nazionali che si svolsero all’Isola d’Elba nel 2000. Grazie alle competenze dimostrate e ai successi ottenuti, per alcuni anni la Federazione Motociclistica Italiana gli assegnò la gestione dei Campionati Italiani Enduro e Motorally. Ne conseguirono altre opportunità fra cui il coinvolgimento nell’organizzazione della 12 Ore Enduro di Lignano Sabbiadoro dal ‘92 al ‘98 e di due prove dei Mondiali Enduro, quella di San Severino Marche (MC) nel ‘95 e quella di Bobbio (PC) nel ‘96.
La passione per il fuoristrada lo portò a scoprire la mountain bike, così inventò e organizzò per ben 19 edizioni una delle più famose gran fondo nazionali, la Rampilonga della Val di Fassa, da cui nacquero il Rampitour del Trentino, il Rampitour d’Italia e il Desert Rampitour egiziano.
Abbandonata l’organizzazione di eventi da poco più di una decina d’anni, è diventato esperto di mental coaching in abito privato e aziendale. Tuttora è Consigliere di Presidenza e membro del Consiglio di Amministrazione di un gruppo industriale multinazionale.
Sempre a proposito degli sport agonistici praticati, negli anni 2002 e 2003 partecipò a due edizioni del Giro d’Italia Vela, regata d’altura in 30 tappe che si svolgeva lungo il periplo della nostra penisola. Nell’edizione 2003 fu investito del ruolo di Skipper della barca Città di Forlì.

Foto: Alessio Corradini e Pietro Bartolomei

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