24MX

Come ti trasformo la Yamaha

Il mio modo di intendere l’enduro è quello di affrontare gli ostacoli che si pongono davanti al percorso utilizzando le proprie risorse di abilità. L’enduro in questo senso è un po’ una livella: si può arrivare in cima a un ostacolo con decine di tecniche diverse, da quella dell’ineccepibile trialista a quella pane e salame… ed essere ugualmente trionfanti.
L’enduro secondo me deve tirare fuori gli attributi più validi che uno ha a disposizione donati dalla propria natura. Chi ha l’aggressività, chi la testardaggine, chi la tecnica pura, chi il talento della velocità. E può pure accadere che alla “somma dei punti”, il tenace amatore uguagli il talento della tecnica, che magari manca di carattere in altri frangenti.
A me piace tantissimo creare, adattare, capire il funzionamento delle cose e modificarle secondo le mie esigenze. È per questo che mi pare di fare enduro anche mentre sto pensando o realizzando una modifica che nella precedente uscita ho valutato essere utile o necessaria.

https://youtu.be/hu6r4lg-A8w

Questa Yamaha Special è nata lentamente, nel corso degli anni, utilizzandola ogni domenica e maturando continuamente nuove idee e modifiche.
Ho acquistato la moto nel 2012, con la precisa intenzione di avere un telaio che fosse universalmente riconosciuto come valido, e l’anomalia tutta Yamaha di una moto di progetto 2005 che ad oggi viene venduta identica (solo parziali aggiornamenti estetici arrivati solo due anni fa) è testimonianza della ben riuscita del progetto telaistico, credo.
Il telaio monotrave in alluminio, un eccellente compromesso tra rigidità torsionale e necessaria flessibilità, è stato un buon incentivo all’acquisto. Altro motivo che mi ha spinto all’acquisto di Yamaha è stata la qualità costruttiva e l’affidabilità, oltre  alle caratteristiche del motore che, pur nascendo cross, ha doti di tiro ad i bassi regimi ottime.

Primo step: il cambio. Sì, la moto nasce con spaziatura da cross, e sebbene la prima non sia lunghissima (come quella delle Honda ad esempio), ma sia tutto sommato utilizzabile (rimane comunque il problema della quinta corta), ho acquistato la moto solo al momento che ho appreso la possibilità di montare il cambio enduro delle Yamaha 4t di generazione 99-2000.
Avere le marce giuste per l’enduro è la prima cosa di cui preoccuparsi secondo me, e credo che partire già con l’handicap del cambio non riesca a ripagare la bontà di tutto il resto.
Detto per inciso, la famosa versione X della YZ commercializzata nel 2016 manteneva la prima e seconda del cross e le abbinava a quarta e quinta dell’enduro.

Secondo step: installazione comando idraulico frizione e costruzione di protezioni radiatori ed espansione VERI. Le precedenti esperienze avute su altre moto mi hanno portato a costruire le mie protezioni con tondino di acciaio inox da 8 mm.
Per l’espansione ho montato una protezione in carbonio tradizionale, circondata esternamente da una sorta di roll bar fatto col suddetto tondino inox ancorato nella parte superiore al telaio e, in quella inferiore, al paramotore in alluminio. Dunque gli appoggi durante le cadute vanno a gravare su questo roll bar e non più interamente sull’espansione. Sistema non proprio sobrio esteticamente, ma valido in senso quasi assoluto nel funzionamento.

Terzo step: sovrastrutture o meglio aggiornare l’estetica risalente ai primi anni 2000 e abbassare il piano sella per facilitare l’utilizzo in zone hard. L’evoluzione su cui ho lavorato nel corso degli anni ha portato al risultato attuale, che consiste nell’aggiornamento del codone e cassa filtro con quelli del modello 2016, e nella creazione di un serbatoio artigianale in alluminio con cover in carbonio che consente il montaggio dei più moderni convogliatori delle Yamaha 4t del 2010-12.
Questo serbatoio, oltre a conferire una linea molto più moderna, ha il vantaggio di abbassare il piano sella nella parte anteriore, in quanto l’altezza della zona tappo è molto inferiore, come la tendenza delle moto post 2010 ha portato a fare, per facilitare l’avanzamento della seduta in curva. Ha anche il vantaggio di abbassare il baricentro, in quanto i litri di benzina tolti da lassù sono poi stati recuperati nella parte bassa. Capacità complessiva: 8,1 litri, sufficienti a coprire le stesse distanze di altri 2t che ne hanno 9,5 grazie all’efficienza ottenuta dagli interventi sul motore (di cui parlerò successivamente).

Quarto step: installazione della centralina PowerCDI. Una installazione voluta con forza, dato che la YZ non era tra le moto supportate dal costruttore. Per farla è stato necessario modificare il cablaggio della moto e far mettere in cantiere al costruttore uno studio specifico riguardante i parametri elettrici dello statore Yamaha che in teoria non doveva neppure funzionare sull’elettronica della PowerCDI, ma con i setting/parametri adatti (questa centralina è completamente riprogrammabile/riconfigurabile) s’è rivelata perfettamente compatibile. Successivamente, il produttore ha creato un semplice adattatore che permette di utilizzare il cablaggio originale della moto.
Questo upgrade elettronico ha permesso (così come è noto anche sulle altre moto) di configurare il setting meccanico del motore (squish, carburazione, taratura valvola, anticipo di accensione) verso la direzione di massima efficienza e prestazione. Una carburazione così tanto pulita sarebbe altrimenti inutilizzabile su un motore privo di controlli dinamici elettronici, così come uno squish molto spinto (che conferisce efficienza di combustione).
Da questo provengono bassi consumi ed elevate prestazioni. Il tutto relativamente ad altre moto omologhe, si intende.
Il motore yz ospita già di serie l’alloggiamento per il sensore cambio, che però viene utilizzato solo per segnalare la folle alla centralina, ma montando il sensore dei modelli 4t (identico e compatibile) si può sfruttare il grandissimo vantaggio della PowerCDI di avere mappature di accensione e di controllo dinamico della potenza personalizzate per ogni marcia. Nello specifico, ho preferito avere ad esempio un controllo della salita giri legatissimo al comando gas in prima marcia. Questo nei fatti rende inutile utilizzare la seconda accompagnata da frizione nei tratti viscidi e lenti, in quanto il primino (che prima dell’arrivo dell’elettronica non potevo mai usare in mulattiera) è già soft e non nervoso.

Quinto step: installazione kit 300 Athena. Personalmente amo la coppia e la facilità di utilizzo, e l’aumento di cilindrata aiuta proprio questi aspetti. Sempre grazie alla PowerCDI ho potuto settare anche questo 300 in un modo normalmente inimmaginabile: squish a 1,1 mm.
Dunque prontezza (se richiesta col colpo di gas), pulizia di combustione e consumi ragionevolmente contenuti. Questo setting piuttosto compresso ha però amplificato un problema che già avvertivo in precedenza: la mancanza dell’avviamento elettrico che ormai è irrinunciabile per qualsiasi 2t di grossa cubatura da enduro.
Sono di bassa statura, e lo sforzo sulla pedivella di avviamento era diventato troppo elevato per riuscire a mettere in moto in situazioni precarie.

Sesto step: installazione avviamento elettrico. L’idea è partita adocchiando l’avviamento elettrico delle GasGas. Prendendo misure sommarie sembrava poter prendere alloggio anche a fianco del carter Yamaha, non senza pesanti modifiche.
E così è stato. Taglio del carter GasGas e saldatura di apposita flangia adattatrice con sagoma del carter Yamaha. Creazione al tornio di un peso aggiuntivo da fissare sopra al volano Yamaha che permettesse di avvitare la corona dentata.
L’avviamento è potente e non perde mai un colpo. Per prevenire l’usura (già rilevata su questo tipo di avviamento), i due principali assi, che in origine girano sul carter in alluminio, sono stati dotati di boccole in ottone sinterizzato autolubrificante, incastonate nel carter con la fresatura tramite macchina a controllo numerico.

Il risultato finale è una vera enduro senza compromessi che ha tutte le caratteristiche, comodità ed accorgimenti delle specifiche europee del settore, ma mantiene ancora nel DNA le doti ciclistiche di stabilità e precisione, con peso e maneggevolezza ottimi. E una robustezza complessiva che mi ha permesso di macinare centinaia di ore e avere una moto sempre relativamente “fresca”.
La continua evoluzione è un aspetto che emula abbastanza da vicino il cambio della moto, pur se in scala ridotta. Principalmente amo fare enduro, e non allestire un mezzo per poi ammirarlo in garage. Ma pure un minimo di vanità con un cambio plastiche e grafiche ogni tanto fa parte della passione per questo hobby.
Gli amici di uscite, che per antonomasia sono i primi detrattori tra di loro, non fanno che ripetermi che le vendono anche già pronte le moto da enduro.
Hanno proprio ragione… tanto che la prossima moto che sto preparando si spinge ben più in là di tutto quanto fatto fino ad oggi!
La chiamerò Honda Crr300! 🙂

Testo: Andrea Niccolini
Foto: Courtesy MB fotopress

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