Quanto è difficile la HAT?

Settembre: tempo di adventouring. Sommersi dagli innumerevoli eventi di questo mese, noi di Discovery Endual, ci siamo posti una domanda:

Quanto è difficile la HAT?

La HARD ALPI TOUR, nata nel 2009, è la madre di tutte le adventouring: il suo nome incute rispetto e timore. La moto-maratona non-stop è divenuta così famosa da essersi trasformata in HAT SERIES:

  • In moto oltre le nuvole;
  • Sestriere Adventurefest
  • Pavia-Sanremo
  • Sanremo-Sestriere

Novità di quest’anno il Master Balkans (prenotazioni già esaurite).

Partner di questa prova sarà Suzuki che ci ha fornito una V-STROM 1050 XT di serie

Per rispondere al quesito abbiamo scelto Miriam Orlandi: motociclista, viaggiatrice, disposta a mettersi in gioco.

Lasciamo la parola a Miriam, siamo sicuri che vi divertirete.

Raggiungo Sanremo con la mia moto (BMW R100GS), ove trovo il mio motoclub, U.S. Leonessa d’Italia 1903, con sette piloti importanti tra cui Bruno Birbes (Dakar dal 1988 al 1996) e Livio Metelli (Dakar 2017-2018). Li guardo con le loro moto leggere e potenti, colorate dai tanti sticker. Li osservo con la nostra divisa blu elegante, gli stivali alti e ammorbiditi dall’usura e i caschi, lucidi e aerodinamici. Ascolto le loro parole cariche di adrenalina e li sento parlare di notturna: niente cena, bivacco, tracce, GPS.

Sono pronti a partire per la HAT EXTREME: 900 km in 40-42 ore di guida. Io invece sono pronta a scappare: mi sento le gambe molli. Potrei andare con loro, sono i miei amici, so che mi sarebbero d’aiuto ma so che sarei loro di intralcio: sono tutti molto veloci e inoltre, stanotte, prevedono temporali e domani pioggia. Le paure crescono istante dopo istante: mentre loro ridono io mi rendo conto in che guaio mi sono cacciata: non ho nemmeno un GPS. Li saluto in fretta e raggiungo il team Suzuki con cui parteciperò alla HAT CLASSIC: 550 km e 24h di guida.

La mia moto verrà condotta da Suzuki a Sestriere. Al gazebo Suzuki trovo le nostre 4 V-STROM 1050 gialle e i miei compagni di avventura: Giorgio Sala (giornalista di Motorbox), Andrea Beconi (istruttore Blu-Bike-Camp) e Gianpiero Findanno (dakariano).

Mi rendo conto di essere caduta dalla padella alla brace: non solo Findanno è un dakariano, ma la moto è alta, troppo alta per me che sono 165 cm, e pesa 247 kg a secco.

Mi aggrappo alla sola unica consolazione: i chilometri sono quasi la metà della EXTREME.

La notte prima della partenza la trascorro girandomi e rigirandomi nel letto:

Quanto è difficile la HAT?

è la frase che mi gira per la testa; la paura risponde:

Sono tutti campioni, sono tutti più alti di te.

La  mente trova mille scuse:

È la 13° edizione. Vedrai che porta sfiga.

L’alba mi accoglie con la serenità di “Cicci” (Giuseppe il meccanico) che allo stand mi incoraggia con una semplice pacca sulla spalla. Devo averlo scritto nello sguardo che ho paura. Mi spiega come funziona la mappatura, mi disinserisce i vari controlli di frenata e riduce al minimo il controllo di trazione: “così sei più tranquilla” mi dice senza guardarmi negli occhi.

Salgo in sella e la punta del mio piede sinistro sfiora il terreno. Guardo Cicci e mi sussurra:

Ti ho ammorbidito l’ammortizzatore

Riesco, in equilibrio sulla punta del piede destro, a togliere il cavalletto laterale: sono contenta, adesso sono indipendente.

Arco di partenza

Nicola Poggio, instancabile organizzatore della Hard Alpi Tour, racconta le gesta di ogni partecipante, descrivendo le doti anche delle loro moto. Dinanzi a me Findanno e Beconi: due minuti di lodi.

Tocca a noi: Giorgio Sala risponde a non so quale domanda, io ormai sento il pilota automatico inserito: parlo ma non penso quel che dico, ingrano la prima e sento solo una parola uscire dagli altoparlanti: “Partiti!”.

I miei primi metri con la V-STROM 1050

Immediatamente mi godo la comoda posizione di guida; curva a sinistra, veloce, e sento il peso della moto. Devo piegare di più ma non mollo l’acceleratore e la moto tiene bene.

Salitone: mi alzo in piedi sulle pedane facilmente, l’angolo del ginocchio è già semiaperto per la distanza tra pedivella e sedile.

Resto facilmente in avanti, il manubrio è all’altezza giusta. Si sale ancora e il terreno diventa smosso, la ruota da 19 si sente? Non lo so, sento solo che posso ammortizzare i colpi con il corpo e che non ricevo delle grandi bastonate alle braccia: la moto resta stabile.

Discesone e porto istintivamente il peso indietro. Aiuto! Mi manca il freno motore! Le parole del mio amico Delio mi arrivano dirette al polso:

In discesa si accelera, se vuoi tenere la moto stabile.

Eseguo e tutto fila liscio.

Sassaie, boschi e vegetazione rigogliosa: saliamo per non so dove, cercando di raggiungere Boves entro la sera.

Strada asfaltata e si riprende fiato. Ci voleva. Il rombo del motore è corposo. La moto si sente: è una moto da guidare ma allo stesso tempo è un treno su binari e non si scompone.

Altro sterrato sali e scendi e arriviamo a Pigna, nella alta val Nervia, provincia di Imperia, dove ci attende un succulento rinfresco. Il borgo è piacevole, sembra che tutti i 795 abitanti si siano animati per accoglierci.

In piazza vi è il mercato e tra le bancarelle le moto della HAT sono tranquille. Qualcuno scambia qualche discorso con i piloti, una signora porta un vassoio stracolmo di crocchette di patate calde, un’altra porta delle sedie e fa segno ad un enorme tedesco di sedersi. Le risate accompagnano questa scene e io consegno il mio buono, bevo una bevanda fresca e mi rendo conto che il cielo è azzurro, intensamente terso: nessuna traccia del temporale che prevedevano.

Si riparte

Colle di Nava. La strada è una distesa di sassi, alcuni lunghi e piatti: siamo sulla via del sale. Alla mia destra vi è uno strapiombo, senza alcuna paratia e io sto inseguendo Findanno e Beconi su una moto da 247 kg, con delle valigie morbide (per fortuna stabili), con dentro sacco a pelo e materassino, in piedi sulle pedane, in uno degli eventi più mitici del panorama italiano. Meglio non pensarci e continuare a seguire il Tripy che mi dice tra quanto chilometri devo svoltare. A proposito: ho portato la tenda per nulla, il cielo è sempre più blu.

Inizio a prenderci gusto. I tornanti in discesa li faccio in piedi, spostando il peso del corpo e tutto mi sembra più facile: anche la moto mi sembra più leggera.

Altro ristoro: non so più dove sono ma ho ripreso Findanno e Beconi. Giorgio Sala invece non lo vedo da un po’ ma era dinnanzi a me. Beconi gli manda un messaggio ed eccolo arrivare dietro di me: “ho sbagliato una traccia” In quel momento comprendo le difficoltà di un motorally. Puoi essere il più veloce, ma se sbagli la traccia perdi molto tempo.

Riparto con Beconi che mi affianca e mi fa i complimenti. Abbozzo un sorriso e, improvvisamente, mi ritrovo seduta. Siamo in una salita polverosa. e la moto seduta è più difficile da tenere. Riesco solo a gridare: “Aiuto! Non ne ho più! Mi devo fermare!”

Vedo alla mia destra uno slargo pianeggiante. Mi infilo senza esitazione e Beconi mi affianca. Appoggio la punta del piede e vedo entrambe le mie gambe tremare. Beconi è già accanto a me e mi prende la moto. Scendo e non riesco a stare in piedi. Lo guardo spaventata. Lui ha già impostato il Tripy. Mi consiglia di scendere, percorrere la strada asfaltata e raggiungerli al punto di intersezione della HAT CLASSIC con la HAT DISCOVERY.

Sono piegata in due. Quando rialzo lo sguardo la mia moto è già girata. Salgo mentre lui me la tiene. Riparto in discesa, sono solo 400 metri in contromano mentre gli altri stanno salendo. Prendo l’asfalto e li raggiungo via strada.

Sono dispiaciuta ma consapevole che non posso proseguire. Sono le 3 del pomeriggio, ma non ce la faccio più e non voglio rischiare nulla.

Guido sciolta sulla strada, cercando di riposarmi e rilassare la mente. Come preventivato e ben studiato dalla organizzazione, giungo al punto di incontro mentre arrivano anche i miei compagni di squadra.

Non ho il coraggio di guardarli in faccia, mi sento di essermi sopravvalutata. Findanno sorride: “Brava! Saper riconoscere di non farcela è fondamentale per evitare danni”. Un complimento che non lenisce il mio orgoglio ferito.

Ripiego sulla Discovery: i percorsi di sterrato più impegnativi della Hard Alpi Tour sono sostituiti da tratti stradali tra borghi e piccoli paesi, mantenendo comunque i tratti fuoristradistici più belli.

Arrivo a Boves presto

Sono solo le 18. La piazza è semivuota. Qualcuno sta già mangiando. Incrocio il mio motoclub: loro berranno qualche cosa e ripartiranno subito per la Extreme. Guideranno tutta notte.

Io mi vergogno. Sento di aver fallito. Tutto il team Suzuki mi fa i complimenti ma non riesco a trovare pace. Chiedo dove dormire, chiedo dove sia lo spiazzo organizzato per piazzare la tenda. La risposta è secca:

Alla HAT non si organizzano campeggi.

Saluto tutti. Inforco la moto e mi dirigo verso Cuneo. Un lungo rettilineo: infilo una marcia dietro l’altra. Sono solo in terza e sono già a 120 Km/h. Butto dentro anche la quarta e sono a 150 Km/h.  Vorrei inserire la quinta ma mi trattengo: la botta di adrenalina mi ha svegliata dalle mie paturnie mentali.

Trovo un piccolo hotel. Chiedo se hanno posto per me e per la moto. Parcheggio la V-STROM 1050 all’ingresso. Mi butto sul letto e cerco di dormire. Sono già le 23. Massimo Di Trapani (il fotografo) mi scrive in un messaggio:

Non mollare.

Ha ragione. Sono alla HAT: il sogno di ogni fuoristradista. Avviso l’organizzazione che domani sceglierò la HAT DISCOVERY per maggior sicurezza. La risposta è splendida:

Alla HAT puoi fare quel che vuoi.

Mi addormento sfinita

Improvvisamente apro gli occhi: convinta sia tardi e sono invece solo le 2 di notte. Vorrei ripartire. Nella testa le parole di Cicci: “così sei più tranquilla”.Mi riaddormento verso le 4, dopo aver deciso che la Discovery va benissimo per me.

Colazione alle 8 e immediata partenza. Un lungo taglio rispetto alla Classic mi porta fino a Cavour da dove mi ricongiungo al tracciato che porta in cima alla Assietta.

Lo so. Lo sanno tutti che l’Assietta è bellissima ma lasciatemelo dire:

L’Assietta è bellissima!

La percorro in piedi e anche seduta, dove possibile, per risparmiare le energie. Sento che muscolarmente ce la faccio ma ho troppa tensione, troppa paura. Il fondo è liscio, qualche buca, qualche pezzo coperto di sabbia sottile che dopo 470 piloti ormai è sospesa in aria da ore.

Arrivo a Sestriere alle ore 16 circa e scopro di non essere affatto in ritardo.

Certo, la Discovery è più facile e meno impegnativa, ma sono arrivata fino in fondo. Forse è l’edizione 12+1 e non la 13 perchè ora, al traguardo, mi sento molto fortunata: non sono mai caduta.

Sotto l’arco mi attendono Findanno e Beconi. Entrambi mi porgono la mano. Non esito nemmeno un secondo. La stretta di mano che sento meritata. Avrei potuto fare di meglio ma le mie condizioni fisiche han permesso solo questo e io sono orgogliosa di aver dato la mia risposta alla domanda:

Quanto è difficile la HAT?

La HAT SERIES è accessibile a tutti con la Pavia-Sanremo. Sale di livello con la Sanremo Sestriere: dal Vintage alla Discovery, alla Classic fino alla Extreme.

L’organizzazione ha pensato anche a chi può trovarsi in difficoltà con varianti su strada per i tratti più difficili e la possibilità, come ho fatto io, di passare dalla Extreme alla Classic alla Discovery con un semplice tratto di strada asfaltata. Da quest’anno l’asticella è ancora più alta con la HAT MASTER BALCAN che vedremo in azione dal 9 al 16 ottobre.

P.S. Cara HAT CLASSIC ci vediamo l’anno prossimo.

Testo: Miriam Orlandi
Foto: Massimo Di Trapani

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