Nostalgia Dakariana

Il ricordo di qualcosa che non svanirà mai

Era troppo tempo che mancavo da quella terra.

I momenti di gara, soprattutto i meravigliosi scorci e i percorsi che attraversano chilometri di sabbia costellati da pietre, sono ricordi indelebili e ricorrenti.

Come un flash che mi attraversa gli occhi quando, dall’altra parte del telefono, Ennio Lucignani – vecchio amico e storico collaboratore di Fabrizio Meoni e KTM Adventure Tour – mi coinvolge nella spedizione dei fratelli Kinigardner di una settimana sulle piste tunisine.

Scendevo dalla mia Africa Twin utilizzata sia durante il tour Cile-Perù che nel viaggio di ritorno dal sud America, dunque mi sono detta che anche la “piccola” Suzuki DRZ 400 avrebbe funzionato.

Era un’occasione ghiotta per testare il nuovo acquisto: meno cavalli, a fronte di maggiore leggerezza e assoluta affidabilità da “vera dual”.

Da Grosseto a…

All’ora x Ennio devia appositamente per Grosseto, così da “imbarcarmi” una prima volta sul suo camion. Un’intera giornata di mare mi divide da quelle banchine familiari del porto di Tunisi lasciate ben otto anni prima.

Assolte, pazientemente, le formalità doganali, la carovana fa rotta verso Djerba: un viaggio durato una notte troppo breve, che già mi catapulta al mattino successivo nella preparazione per il deserto,

In Africa – rally o tour-  mai lasciare nulla al caso

Ricontrolliamo tutti i mezzi e completiamo la manutenzione per la quale immancabilmente “si arriva lunghi”, proprio come nelle gare quando spesso, prima della partenza, i meccanici completano l’assemblaggio definitivo dei mezzi. in una corsa contro il tempo.

Il rombo delle nostre moto sale al cielo chiarissimo del mattino mentre ci inoltriamo su una pista che conduce a Douz  su un percorso quasi totalmente pietroso, che solo nell’ultimo tratto si ammorbidisce in poche lingue di sabbia. 

Douz sarà il centro di diversi tour “a margherita” – ovverosia che iniziano e si concludono nello stesso luogo ogni giorno, proprio come un mini rally – ma per me è un raid tra i ricordi e i posti dove ho lasciato emozioni e sudore.

Tra le mete previste: Timbain, sempre bellissima; il giorno seguente non può mancare il lago salato del Chott el Jerid e come non toccare Ksar Ghilane, la fantastica oasi ormai meta obbligata dei turisti del deserto.

Giornate di puro divertimento e di km pieni di polvere, pietre e sabbia che mi inebriano sempre più riprendendo non solo tracciati, ma anche gesti familiari e la guida scorrevole da rally.

Un vortice di sensazioni, emozioni ed esperienze che non sempre permettono di mantenere la giusta misura: capita anche di lasciarsi un po’ andare

e questa attenzione, se non te la ricordi, ci pensa il deserto a ricordartela!

Capitombolo!

Così, una smanettata dopo l’altra e non mi sono fatto mancare neanche un bel cappottone da cui mi rialzo, fortunatamente, con solo una caviglia “in disordine” e un po’ di ammaccature sparse. Anche la moto non pare tanto conciata male, però sembra essersi ammutolita, ostinatamente.

Dopo l’ennesimo, vano, tentativo monto mestamente in moto con – il sempre provvidenziale – Lucignani, lasciando la mia suzukina là dov’era caduta ripromettendomi di rimorchiarla la sera stessa; per questo, lungo il rientro, cerco di raccogliere più riferimenti possibili, così da orientare la missione di soccorso anche nel mezzo del nulla.

Rescue team

Giunta alla base allerto immediatamente Habib e Lotfi, membri del motoclub  Douz: amicizie nate dalle gare e coltivate durante i tanti viaggi e i numerosi allenamenti.

Noti per la loro gentilezza e disponibilità organizzano il piano di recupero alacremente: un’attesa di pochi minuti prima che un pick-up mi prelevi in hotel.

Sassi e sabbia, sabbia e sassi si frappongono tra noi e la moto finché, come un miraggio, appare la sua sagoma gialla che quasi si confonde con la terra e il resto del paesaggio.

In hotel, finalmente, il verdetto. Un veloce check-up rivela che si tratta, banalmente, di un falso contatto dell’interruttore al manubrio: nulla che non si possa risolvere con una bella pulita.

La moto sarebbe stata pronta per l’indomani; la mia caviglia, invece, appare di parere contrario. Il gonfiore mi esorta al sacrificio, prediligendo una giornata di fermo tecnico, magari a bordo piscina…

È un peccato il non fare niente col pretesto che non possiamo fare tutto.

Churchill

La mia vacanza è in moto, non su un lettino prendisole

Non resisterei a tanto ozio, perdipiù il ritorno pomeridiano della carovana alimenta l’insofferenza e la decisione: una fasciatura stretta che mi permetta di guidare, confidando anche nelle proprietà terapeutiche dei farmaci, nel piacere del viaggio, nella bellezza magica del deserto e… nel “potere della mente”.

Quella capacità di sopportazione del dolore per un’ottima causa!

Al mattino, galvanizzata, lascio Ksar Ghilane verso Djerba, passando per la suggestiva Matmata. Lungo la strada scorgo gli ksar: antichi granai ormai diroccati, che mi regalano ancora pensieri e sensazioni familiari: è proprio vero, qui mi sento a casa.

La fine è sempre troppo vicina

La settimana si conclude a una velocità a cui sono impreparata: cerco, quindi, di godere degli ultimi km e di trattenerli nella mia mente prima di rivedere, questa volta con un filo di tristezza, la Goulette.

La nave in porto inghiotte noi, le moto e i bei momenti appena trascorsi mentre, dall’Italia, già rimbalzano i primi allarmi del maledetto virus.

Fortunatamente l’allerta non ha ancora raggiunto l’apice, permettendoci di rincasare e di evitare, per un pelo, i blocchi doganali. Non la quarantena preventiva, però, che ci attende in Italia.

Quasi una “camera iperbarica”, trascorsa non senza una leggera apprensione, ma con la consapevolezza di aver avuto fortuna e con un bagaglio di ricordi a tenermi compagnia.

Testo e foto: Silvia Giannetti

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