Dopo quindici anni di enduro ed un viaggio in Islanda, ho abbandonato le moto da 100kg in favore di un mezzo che mi permettesse di girare la nostra bella Italia.
Non è un segreto che cerchi continuamente compagni per giri domenicali e del week end, è così che ricevo la telefonata di Stefano: sta organizzando un fine settimana Toscano per maxienduro e mi propone di partecipare con il suo gruppo di motoadv.org.
Neanche il tempo di dirlo, che il venerdì, dopo il lavoro, già sono sulla Cassia in direzione Radicofani punto di incontro e di pernottamento.
Radicofani è una piccola perla, un paesino di 1000 anime che veste con la sua torre e le se mura, come fosse la testa di un fungo, la sommità di un promontorio in piena val d’Orcia.
Venendo da Viterbo lo si vede da lontano: a sinistra il monte Amiata, a destra Radicofani e nel mezzo la cassia che corre in direzione Siena.
Arrivati al B&B in cima al colle ci si gode la vista dalla finestra; così in alto, lo sguardo corre sui pendii cretosi di questo movimentato pezzo di Toscana che in primavera mette il suo abito verde, pieno di riflessi alla luce del tramonto.
Le due facce del dual
Il giro del sabato è un anello intorno all’Amiata attraversando la val d’Orcia: Montepulciano a Nord, Castel del Piano a Sud, e poi ritorno a Radicofani.
La mattina partiamo tra un guado ed una strada bianca tracciata tra i cipressi; roba facile per chi è pratico del tassello, ma se con l’enduro è vero che ognuno ha il suo passo, con le dual la forbice si apre ancora di più: il peso delle moto complica le cose in fuoristrada e i partecipanti non sono sempre fuoristradisti assidui.
È così che una piccola salitella smossa o un canaletto, rallentano il gruppo che comunque, pur con un andatura ad elastico, procede lungo un percorso che svalica colline boscose ed attraversa ettari di splendidi filari di vite fino ad un cartello emblematico che spiega tutto: Montalcino!
Siamo in un fazzoletto di terra che ha fatto della cura per le tradizioni, per il territorio e per l’agricoltura, una vera e propria cultura. Una regione famosa nel mondo per il suo Brunello, un nettare che da lavoro a tutta la regione e ne impreziosisce con i suoi filari il paesaggio.
Mai visti dei vitigni così ben tenuti, ogni pianta è sapientemente potata, legata al filare con precisione estrema, un ordine maniacale che determina nei campi una trama che sembra disegnata, quasi scolpita per esser bella ancor prima che produttiva.
Pranziamo qui, tra i filari… un piatto di pasta, una crostata, un goccio di vino e si riparte.
Il pomeriggio però esce fuori l’altra faccia delle dual! Il gruppo si divide tra quelli che vogliono continuare a correre lungo le strade bianche del Brunello e quelli che invece vogliono sciogliere i cavalli e far lavorare le sospensioni delle loro endurone.
A questo punto entra in scena Carlo, che a bordo della sua vecchia africa twin sistemata ad hoc si propone di portarci a fare “enduro hattivo” come dice lui in perfetto toscano, spaventando i più timorosi e fomentando i più smaliziati. E per fortuna!!!
Il passo cambia di brutto, i cavalli ora vengono usati davvero e le sospensioni lavorano da morire, Carlo ci porta sui percorsi del trofeo KTM tenutosi in quelle zone qualche settimana prima.
Le endurone ora corrono eccome, vanno così veloce da superare anche i pregiudizi di chi le vede in grado di affrontare solo gli sterratoni. Con queste moto, ben gommate e con un po’ di mestiere, si può fare veramente molto, forse non tutto…ma moltissimo!!
Saliamo e scendiamo tra canali e sassi smossi fino ad arrivare a Castelnuovo dell’Abate un agglomerato di case piccolissimo perso tra i monti. Ci fermiamo qui per bere qualcosa di fresco ed aspettare i ritardatari.
Entrando nel bar/ristorante gli unici italiani sono i proprietari! Con grande sorpresa ai tavoli sentiamo parlare lingue del centro/nord europa e d’oriente. Si manifesta così la fortuna che abbiamo a vivere in un paese come il nostro, in cui le citta principali sono piene di storia e bellezza ma in cui i turisti vengono a visitare anche quelle cartoline che sono i piccoli borghi, una ricchezza distribuita e senza pari.
L’enduro “hattivo” di Carlo di fatto finisce qui, ci ricolleghiamo agli altri e procedendo tranquillamente lungo gli sterrati che girano intorno al monte Amiata facciamo ritorno all’agriturismo di Radicofani per la notte e per una cena in cui il le brocche di vino difficilmente sono rimaste vuote.
Una domenica da pellegrino
La domenica prevede un giro verso nord in direzione Siena, ma ho la necessità di fare ritorno a casa presto e maturo l’idea di fare ritorno a Viterbo percorrendo la Via Francigena che passa proprio per Radicofani.
Per chi non la conoscesse, la via Francigena è un itinerario che fin dal medioevo conduce i pellegrini da Canterbury a Roma lungo un cammino di circa 3000 km, una sorta di cammino di Santiago europeo.
Seguendo i cartelli e le pietre miliari che da secoli fanno strada ai pellegrini, corro lungo i campi verdi di primavera diretto a Montefiascone.
Prima di tutto va detto che la via Francigena è un percorso pedonale per pellegrini e quindi va percorso ad un’andatura da pellegrino, pur se motorizzato; questo è basilare per non essere malvisti e per non fare la figura degli idioti.
Va detto poi che l’itinerario non va preso troppo sotto gamba. È composto in larga misura da strade bianche ma è pur sempre un percorso pedonale ed in alcuni punti ho dovuto usare tutta la mia esperienza da endurista per passare senza far danni in punti in cui un bicilindirco non riuscirebbe fisicamente a transitare.
La fortuna è che sono tratti isolati, lunghi qualche centinaio di metri e che il percorso corre sempre vicino alla Cassia ed è quindi possibile, documentandosi, operare tagli dei punti troppo impegnativi.
Lungo la via transito per borghi come Acquapendente e San Lorenzo dalla cui piazza si gode di una vista eccezionale sul lago di Bolsena con la strada che sembra tuffarsi direttamente in acqua.
Il lago vulcanico catalizza ad ogni passo (o giro di ruota) l’attenzione del viandante; caratterizza con la sua bellezza tutto il percorso tra San Lorenzo e Montefiascone, è una presenza costante e magnetica che si manifesta dietro ogni curva .
Arrivo a Bolsena passando dietro il suo castello poggiato quasi sulle rive dell’omonimo lago, mi concedo una bevanda sulla riva per sgranchire le ossa e gustarmi il bel sole primaverile di questa domenica.
Riparto per il parco del Turona e procedo fino al belvedere della rocca di Montefiascone, una terrazza affacciata sul lago dove termina il mio viaggio. Da queste parti il pranzo domenicale è una cosa seria, per le vie dei borghi i forni lavorano a pieno regime, l’odore degli arrosti è nell’aria, è ora di tornare a casa!
Testo e foto: Dario Lupini