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Il mio primo vero viaggio in solitaria alla scoperta del Portogallo

Quando ho iniziato a pianificare il mio viaggio in Portogallo molti mi hanno detto che novembre non era il periodo migliore per mettersi in viaggio, che due settimane sarebbero state poche per girarlo. E poi c’è chi mi ha detto che sono coraggiosa (o matta!) a  viaggiare da sola, che la tenda: “ma cosa la porti a fare?”, che i bagagli erano troppi o troppo pochi… beh, ognuno ha voluto dire la sua.

Fortunatamente, da brava apprendista moto viaggiatrice quale sono, ho imparato ad ascoltare tutti ma a dar retta solo al mio istinto. Così la sera del 10 novembre io e la mia BMW GS F800 siamo salite su un traghetto che da Civitavecchia ci ha portato a Barcellona in “sole” 23 ore di navigazione.

Il viaggio

Avevo fretta di arrivare al confine, così dopo una sosta notturna a pochi km da Barcellona ho puntato la bussola verso il Portogallo e ho guidato per oltre 800km fino a Bragança, dove –esausta ma soddisfatta– ho trovato un ostello che aveva il profumo di casa dei miei nonni. È strano trovare un odore familiare lontano da casa, soprattutto se ti porta una dolce malinconia di cose passate… ma il mondo, tutto sommato, è piccolo e casa può essere ovunque ti trovi.

Presa dalla paura di non avere tempo a sufficienza ho divorato i circa 200km che mi separavano da Porto, la “capital do norte” con una giornata uggiosa che non prometteva nulla di buono. Ma la pioggia è stata clemente evitando di farsi trovare lungo la mia strada. 

Non amo le grandi città e Porto non ha fatto eccezioni. Anche se devo dire che ho ammirato il quartiere storico di Ribeira con le sue stradine strette che si affacciano sulle sponde del fiume Duero, le case rivestite di azulejos alternate ai murales e alle tinte accese dell’ocra e del rosso, le cantine e le affascinanti rabelos: tipiche imbarcazioni utilizzate in passato per trasportare le botti di porto. E il ponte Dom Luís che sovrasta il vecchio quartiere dalla cui sommità si ha una splendida vista della città.

Ho passeggiato per il centro abitato fino a notte, il momento che preferisco per fare la turista, salendo scale e gradinate, inciampando nel selciato che odio comunque pur essendo pittoresco, mangiato pastel bacalhau e churros alla cannella… ero finalmente in ferie!

Aveiro, la Venezia portoghese

Il giorno seguente mi sono diretta ad Aveiro che, con i suoi canali e le sue barcos moliceiros, somiglia un po’ alla nostra Venezia. I colori vivaci delle sue case e delle barche risaltavano ostinatamente contro il cielo grigio mettendo allegria; non potevo andarmene senza assaggiare i tipici ovos moles e, dopo averne gustati un paio passeggiando tra le viuzze, ho lasciato la città per andare a Coimbra.

Lì il tempo è stato dalla mia parte e dalla terrazza della famosa università ho potuto godere di una vista panoramica sotto un cielo di un azzurro brillante. Purtroppo tra il selciato umido, le pendenze e i cantieri in ogni angolo che causavano un traffico infernale, girare per le strade non era affatto piacevole e ho deciso di non trattenermi oltre… era quasi il tramonto ma da lì a Nazaré c’erano poco più di 100km, valeva la pena mettersi in viaggio. Le cose che volevo vedere erano tante e il tempo a mia disposizione dannatamente poco. Non volevo sprecarne.

Nazaré, il paradiso dei surfisti

Sono arrivata a Nazaré che ormai era buio, ovviamente. Di spiagge e dune ne avrei trovate a sufficienza per piantare la tenda, anche se sapevo che non è buona regola cercare i bivacchi quando è buio pesto

Ma dai, cosa potrebbe mai andare storto

mi sono detta.

Ero in un posto civilizzato, pieno di camper e surfisti in ogni dove e da Google Maps si vedevano bene i posti più adatti al bivacco… Così dopo aver percorso avanti e indietro tutte le stradine deserte che arrivavano in spiaggia, aver mangiato kg di sabbia che il vento forte mi buttava addosso fischiandomi nel casco, evitato cani da guardia indispettiti dal mio passaggio e aver tirato fuori la moto che avevo sapientemente infilato in una duna fino a metà ruote ho optato per un ostello con doccia e colazione. 

Grutas de Mira de Aire

Al mattino il tempo non era dei migliori quindi ho preferito rimandare la sosta alle scogliere, optando per la visita alle Grutas de Mira de Aire, il complesso di grotte più grande del Portogallo che arriva a 100m di profondità.

Lasciando le grotte ho percorso la strada di morbide curve che mi ha portato fino al castello di Almourol, situato su un’isoletta a pochi metri dalla riva nelle acque del fiume Tago in Praia do Ribatejo, godendomi lo scorrere lento dell’acqua che lambiva le sponde tra la folta vegetazione e lasciandomi coccolare dai tiepidi raggi del sole.

Il mio viaggio stava prendendo forma.

Degna fine di una splendida giornata è stato l’arrivo a Nazaré: non era la prima volta che stavo di fronte all’oceano ma lì ho sentito tutta la sua potenza e non è stato difficile comprendere perché quello sia definito il paradiso dei surfisti. La sua forza dirompente, le onde lente e inesorabili che si gonfiavano per poi frangere potenti a riva, la schiuma e l’odore che arrivava fino in cima alla scogliera riempiendomi le narici: sarei potuta stare ore a contemplare quella bellezza.

Una delle cose che avevo intenzione di visitare era il Forte de São João Baptista, a circa 60km da Nazaré: è costruito su una roccia in mezzo all’acqua, nell’arcipelago delle Barlengas di fronte alla penisola di Peniche ed ha un fascino particolare. L’oceano ne lambisce la base e quando c’è l’alta marea sembra proprio emergere dall’acqua. Ho fatto una bella scarpinata per raggiungerlo, tra stradelli che si snodano su e giù per l’isola dove ho scoperto non esserci neanche un albero. Natura, vento, oceano e colori che lasciano senza fiato. Un sogno. 

Cabo da Roca, il punto più occidentale del continente

Dopo due notti trascorse in uno degli ostelli più belli e accoglienti che abbia mai visto, però, avevo una gran voglia di tornare in moto e l’indomani mi sono diretta verso una delle mete “obbligatorie” per chi visita il Portogallo: Cabo da Roca, il punto più occidentale del continente. Ho percorso la strada lungo la costa in una splendida giornata, avvolta dal profumo inebriante dei pini e degli eucalipti reso ancora più intenso dall’aria tiepida ed umida. Volevo evitare le vie più trafficate quindi ho studiato un po’ la cartina alla ricerca di un percorso più interessante e ho trovato una stradina molto più corta che passava in mezzo al verde.

Il navigatore non era di grande aiuto nella valutazione della strada perché non mi permetteva di ingrandire più di tanto lo zoom, ma c’erano delle case lungo il tragitto quindi doveva essere percorribile. Arrivata all’imbocco della estrada da Bica (sì, ricordo benissimo il nome) ho realizzato che era decisamente sterrata e con delle grandi buche piene di fango: per non rischiare ho parcheggiato la moto e ho fatto qualche decina di metri a piedi per vedere le condizioni effettive della strada. Oltre alle buche con fango c’erano un po’ di canali scavati dall’acqua e sassi smossi ma ad un certo punto ho trovato una moto ed una macchina parcheggiate di fronte una casa e segni di pneumatici che proseguivano: ok, era fattibile.

La caduta

Un po’ infastidita dall’idea di dover attraversare le pozze scivolose con la moto così carica mi sono rimessa in marcia per scoprire di lì a poco che il fango era l’ultimo dei miei problemi: dopo qualche curva infatti la strada si faceva degna di un enduro impegnativo, con salite e discese, fango, grandi sassi e ghiaino e canali molto profondi. Tornare indietro era complicato e poco più avanti doveva esserci un’altra casa, quindi ho cercato di concentrarmi e procedere come sapevo fare ma non è stato sufficiente.

La moto non era d’accordo con me e ad un certo punto ha deciso di buttarsi su un fianco, in salita, con le ruote rivolte verso l’alto. Nessun danno né a lei né a me, quando ho sentito che non la tenevo più ho avuto la prontezza di lasciarla andare e saltare giù, ma il mio ego ha accusato il colpo.
Per fortuna nella casa che avevo superato poco prima c’era un motociclista (che si è meravigliato del fatto che fossi arrivata fin là) e sbuffando è andato a cercare aiuto: in 4 l’hanno rialzata. Da sola non ce l’avrei mai fatta.

A quanto pare in tanti provano a percorrere quella strada in moto e in macchina e la maggior parte finisce per cadere o rimanere impantanata. Con la coda tra le gambe sono tornata sull’asfalto e arrivata a Cabo da Roca dove una coltre di nebbia fitta copriva tutto… non era la mia giornata! Ho fatto rotta su Lisbona e ho cercato conforto addentando delle squisite empanadas mentre mi godevo uno splendido tramonto sulla torre di Belém per poi raggiungere Luis, motoviaggiatore contattato tramite la community Bunk-a-biker che mi ha ospitato per la notte. 

Lisbona

Lisbona non mi ha affascinato come credevo; forse non ero dell’umore giusto e il cattivo tempo, il traffico, i turisti vocianti e la fretta di riuscire a vedere tutto hanno contributo a farmi venire voglia di scappare da lì. Infatti nel primo pomeriggio ho rifatto i bagagli, ho preso la moto e mi sono rifugiata in una piazzola nascosta da cui potevo vedere Cabo da Roca, dove ho piantato la tenda che al calare del sole è stata avvolta da una fitta nebbia e ho lasciato che il frastuono del vento lasciasse il posto al rumore dell’oceano che mi ha cullato tutta la notte. È stata una bellissima sensazione stare lì da sola nel nulla e sentire la voce dell’Atlantico lontana eppure così vicina.

Ho potuto mettere in ordine i pensieri e trovare la pace che solo il rumore delle onde sa dare. Già immaginavo la bellezza dell’alba vista da quel cucuzzolo ma l’universo non era della stessa opinione e mi ha svegliato con più nebbia di quella che c’era la sera. Ho caricato la tenda zuppa sulla moto e ho raggiunto il faro, già preso d’assalto dai pullman di turisti e, dopo la foto di rito, mi sono messa in marcia e ho salutato le decine di moto incrociate lungo la strada per Sintra, un susseguirsi di morbide curve che mi hanno guidata attraverso il suo splendido parco naturale.

Anche lì nebbia e turisti in abbondanza, ma ho comunque visitato la Quinta da Regaleira, con i suoi spettacolari giardini, il labirinto di stradelli, alberi secolari, fontane e architetture tra cui perdersi. La giornata si è conclusa con la visita a Cascais, dove la Boca do Inferno mi ha fatto sentire ancora una volta la potenza di cui l’oceano è capace. 

I risvegli sull’oceano

In questo viaggio in Portogallo sono stata alquanto fortunata nella scelta degli ostelli e quello di Porto Covo ne è stato l’esempio. Oltre ad essere molto accogliente era situato proprio di fronte all’oceano: quale sveglia migliore di una passeggiata su una scogliera sferzata dal vento con le prime luci del giorno che ti scaldano la schiena mentre contempli il moto costante delle onde?

Incontrare altri viaggiatori ti da il grande privilegio di avere in dono dei consigli che sono un vero tesoro. Così, seguendo il consiglio del mio ospite Luis, mi sono ritrovata a guidare lungo la penisola di Tróia, pochi km a sud di Lisbona, su una lingua di sabbia tra la foce del fiume Sado e l’Oceano, con l’aria che mi accarezzava il viso e portava nel casco un profumo secco di eucalipto e pineta. Ho passeggiato sul bagnasciuga respirando a pieni polmoni il profumo dell’oceano e mangiato ottimo pesce in un ristorante sulla spiaggia. 

Per arrivare a Porto Covo ho guidato lentamente lungo la costa, con la visiera aperta per non perdere nessun profumo e nessuna sfumatura di colore che incontravo, su strade che costeggiavano la scogliera e da cui si sentiva forte l’odore delle onde che frangevano sulle rocce. Nonostante il vento fresco sulla Praia do Amado ho fatto un bagno di sole e un mezzo bagno di Atlantico, felice e piena di meraviglia come una bambina e sono stata seduta sulla sabbia ad ammirare quella che è la spiaggia che ho più amato in questo viaggio e che è stata la cornice della prima lezione di surf della mia vita!

Motocamp Algarve

Il tramonto su Cabo de São Vicente è stato la ciliegina sulla torta delle due splendide giornate vissute a passo lento nella meravigliosa regione dell’Algarve.
La penultima notte in Portogallo sono stata ospite di James, motoviaggiatore che sta dando forma al suo Motocamp Algarve, un posto magico pensato per i motociclisti immerso nelle campagne e circondato da agrumeti. Da lì ho raggiunto in poco tempo Faro che mia colpito per la calma che si respirava tra le sue mura: una quiete che mi faceva venire voglia di camminare piano per ammirare meglio le case bianche rivestite di azulejos, rese ancora più luminose da un sole splendente e dal contrasto con l’azzurro intenso del cielo limpido. 

Lasciata Faro senza seguire un itinerario preciso, mi sono trovata per caso per le vie di Santa Luzia che mi ha incantanta al tramonto con le sue barche dai colori vivaci che sembravano appoggiate ad arte sulla sabbia dalla marea e con il suo armonioso alternarsi di rivoli d’acqua e cespugli. Il suo meglio il tramonto lo ha dato al mio arrivo a Cacela Velha, dove il sole infuocato ha lasciato rapidamente il posto ad un cielo dalle tinte pastello che si riflettevano negli specchi d’acqua sapientemente modellati dalla bassa marea. 

Rientro in Spagna

Ho salutato il Portogallo il giorno seguente godendomi circa 80km di curve immerse tra gli eucalipti e le sughere, tra vallate sconfinate e pale eoliche gigantesche. Dopo un pranzo vista mare ho attraversato il confine con la Spagna percorrendo il Ponte Internacional do Guadiana e mi sono diretta a El Rocio, un paese alquanto singolare in cui non esistono strade ma piste di sabbia dove ho rischiato di rimanere impantanata prima e di cadere rovinosamente a terra poi. Zigzagando tra i calessi trainati dai cavalli sono riuscita a scappare, seppure un po’ goffamente, senza rotolare nella sabbia… e ho capito che era arrivato il momento di fare un po’ di pratica anche sulle dune!

Il pensiero va al prossimo viaggio

Come per ogni viaggio che volge al termine, la malinconia è diventata presto la mia compagna negli ultimi chilometri percorsi. Questo viaggio era iniziato a passo troppo veloce, con l’affanno, per la paura di non fare in tempo a fare tutto. Ma tutto cosa? Fortunatamente mi sono posta questa domanda ad un certo punto e ho realizzato che non potevo avere fretta semplicemente perché vedere tutto quello che c’è da vedere al mondo è impossibile. Ogni viaggio si crea strada facendo e ogni cosa che viviamo e vediamo è esattamente quello che ci stava aspettando. Niente di più, niente di meno. 

Dopo 17 giorni e 4000km, durante le 23 ore di navigazione che mi riportavano a casa ripercorrevo le strade, rivedevo i paesaggi e sentivo i profumi che avevo vissuto durante il mio viaggio. Ed è proprio in quel momento che… ho iniziato a pianificare il prossimo!

Testo e foto: Michela Bertocchi (@michepuntoebasta)

6 Responses

  1. Splendida descrizione soprattutto perché fa arrivare perfettamente il vento sulla mia faccia e il suono delle onde alle mie orecchie… insomma..le sensazioni che hai provato in tutto ciò che hai descritto arrivano dritte dritte ai nostri sensi… 😁 Pure le cadute…ma forse solo noi bikers possiamo capire. Un abbraccio.. in attesa del prossimo progetto 🤗

    1. Grazie Patrizia! Era quello che volevo trasmettere, non fare un elenco di posti visitati ma raccontare le emozioni provate durante il viaggio.
      Sono felice che ti sia piaciuto.
      Un abbraccio a te
      M.

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