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Balkanoff – I Balcani in fuoristrada parte 1: La Croazia

Perché I Balcani

Ero già stato nei Balcani nel 2019 e rimasi stupito di come fosse il modo più veloce per trovarsi catapultato in un altro mondo con appena una notte di comodo traghetto, quasi che la globalizzazione in un certo modo quel traghetto non l’avesse mai preso e fosse rimasta sull’altra sponda dell’Adriatico.

Quest’anno, non senza le varie vicissitudini del caso, ho deciso di tornare in quei territori alla scoperta di zone nuove e della base di Zelijava, lasciata irrimediabilmente fuori del tour del 2019 e che ogni notte tornava a farmi compagnia nei miei sogni più molesti.

In viaggio con Thor

Ci sono tanti modi di viaggiare: in fuoristrada o su asfalto, in auto o in moto, in albergo o alla zingara… 

A me la tenda piace da morire e l’animo gitano non m’ha mai abbandonato, anche se è qualche anno che non la uso più per i pernottamenti dal momento che non tutti sono disposti a partire in tenda per dieci giorni e, ancora meno, sono in grado di farlo davvero.

Il caso vuole però che in redazione, da un anno a questa parte, sia arrivato David Stoppel: un italo tedesco di 2 metri, capelli ricci biondi e voce profonda: insomma la copia di Thor nata sull’appennino aretino con la spiccata attitudine a vivere ai confini della sussistenza.

Neppure a dirlo

al mio messaggio con la proposta di un viaggio nei Balcani in tenda Thor ha risposto SI ancor prima che lo finissi di scrivere.

Il viaggio

10 giorni e 3000km se sono di fuoristrada (a parte i trasferimenti) sono una bella sfida, ancora di più su tracce non sempre “collaudate”, ma per lavoro giaccio tutto il giorno davanti a un PC: se ogni tanto mi concedo un po’ di avventura può solo che farmi bene.

Ci troviamo ad Ancona belli carichi di materiale e diretti a Spalato, da lì saliremo ai confini con la Slovenia per poi scendere verso la Bosnia e giù in Montenegro fino ai confini con l’Albania che per qualche ragione (sbagliata) rimane sempre fuori dai miei giri. Purtroppo.

Giorno 1: Spalato-Zavratnica

Lasciamo Spalato e un lungo trasferimento asfaltato di 140 km ci permette di attraversare velocemente i monti KRKA attraverso gole, forre e paesini dimenticati;

quello che per tanti è la meta di un viaggio croato per noi è un antipasto leggero.

Scaliamo le marce e arriviamo al bivio che avevo visto solo dal satellite e prendiamo il primo tratto di fuoristrada che ci porterà al Mali Alan Pass.

Entriamo nel fuoristrada con passo deciso e divertente fin quando, dopo appena 5 km sui 2500 previsti, sento David che con l’interfono Sena Spider mi chiede di fermarmi perché ha un problema.

Una cosa semplice… l’o-ring che fa tenuta nel registro del ritorno sul tappo della forcella perde. Attenzione, non è che trasudi… butta proprio olio al punto che la sua giacca e i suoi pantaloni sono giù sudici.

La soluzione che arrabattiamo è quella di ricavare una sorta di o-ring affettando un cappuccio in gomma della pompa del freno, Siamo coscienti che non funzionerà per dieci giorni ma ci permette di guadagnare tempo e percorrerci il Mali Alan Pass che è davvero bello.

Scollinare su quella strada militare vuol dire trovarsi immersi in un mare di roccia bianca a compatta, affacciati sul mare turchese della Croazia che tira l’orizzonte 1000 metri più in basso. La strada, o meglio il fuoristrada, corre parallela alla costa su stretti tornanti con un fondo che diventa pian piano rossiccio.

Scendiamo sul mare e ci concediamo il primo pranzo balcanico (tutt’altro che economico per dirla tutta) e troviamo un meccanico che per la “modica” cifra di 40 euro ci vende (ruba) un tubo di guarnizione liquida per sistemare le forcelle.

Dal mare è tutto un salire e scendere per le montagne che qui, come in Liguria si tuffano sulla costa, un altro tratto lunghissimo di fuoristrada ci porta a fine giornata fin sopra il fiordo di Zavratnica sul cui fondale, sotto il pelo dell’acqua, giace in trasparenza una chiatta tedesca della seconda guerra mondiale. Un posto che per il colore dell’acqua, la luce del tramonto e la particolarità del posto merita la fine della nostra prima tappa e un pernottamento sotto le stelle… le tende rimangono nelle borse questa notte. 

Giorno 2: Zavratnica – Zelijava

Il sole ci sveglia presto e in un attimo ci caccia fuori dai sacchi a pelo con il calore che ha contraddistinto il mese di giugno di quest’anno; riassettiamo le borse e le moto, salutiamo il fiordo che ci ha ospitato per la notte e ripartiamo.

Mulini eolici, montagne e la vista del mare ci fanno compagnia nella prima parte del viaggio fin quando quasi al confine sloveno decidiamo che è ora di entrare nell’entroterra croato attraverso foreste e strade molto ampie. 

Dopo una tappa lunga arriviamo alla base aerea di Zelijava che merita veramente il viaggio.

Il posto è “fuori di testa”: una delle ragioni per cui dico che venire nei Balcani vuol dire immergersi in un altro mondo.

L’ingresso alla base è contraddistinto da un DC-3 (aereo canadese) abbandonato e ormai depredato di qualunque componente, ridotto a essere reliquia utilissima per le foto di rito e per attaccare gli adesivi di ogni visitatore.

Entrare nella base è davvero suggestivo, attraverso le piste di decollo si arriva all’ingresso della parte sotterranea. Tutte le piste, infatti, convergono in un hangar antiatomico ricavato nella montagna.

portali d’accesso hanno la forma caratteristica per far entrare la sagoma dei MIG dell’epoca quindi l’ingresso del portale non è rettangolare, ma ha anche l’asola per il passaggio del timone di coda.

Entrare nei bunker è un’esperienza da fare, ma attenzione! Oltre ad un ambiente tutt’altro che salubre è una vera e propria città totalmente buia, un formicaio che all’epoca serviva come garage per non so quanti aerei, con un centro direzionale, una postazione di controllo e non so cos’altro. 

Insomma, nascosto tra gli alberi c’è un intero aeroporto sotterraneo quindi entrate ma non addentratevi troppo, si rischia davvero di perdersi e non uscirne più.

Se ciò non bastasse, la zona è ancora minata quindi badate a rimanere sul nastro di asfalto ed attenzione agli orsi che girano indisturbati in questo luogo. L’avrete capito Zelijeva è il tipico spot da consigliare per una vacanza relax con la famiglia.

Guardandola da Google earth avevo notato che, in cima alla montagna che celava la base sotterranea, erano presenti una serie di costruzioni militari; studiandole ho scoperto che sono i resti di quello che una volta era il radar più potente d’Europa collegato da tunnel sotterranei fino alla base 1000 metri più in basso.

Quando il Maresciallo Tito pretese e costruì questo posto, lo fece davvero senza mezzi termini in un periodo storico in cui le vie di mezzo non erano contemplate.

Leggende narrano che con quel radar i sovietici potessero vedere qualunque “mosca” volante sopra la ex Jugoslavia a soprattutto nel nord-est Italia cosa ben più interessante per loro viste le basi Nato presenti.

Insomma un posto del genere va visitato ed essendo anche il punto più alto della Croazia con una vista a 360 gradi veri, era senza dubbio un punto perfetto per piazzare le tende per la notte dopo aver percorso un bellissimo tratto di fuoristrada di 26km.

Un tramonto spaziale ci aspettava quella sera sul confine esatto tra Croazia e Bosnia, il sole tramontava ai nostri piedi e tutt’intorno a noi avevamo un bel campo minato a proteggerci dagli orsi di cui parlavamo prima… Suona bene detta così? Perché è esattamente quello che è successo.

Giorno3: Zelijava-Tenin

La mattina ci svegliamo nelle nostre tende e, dopo aver controllato che qualche orso non avesse eluso le mine mangiandoci un arto o peggio ancora la sella della moto o le gomme, riscendiamo del radar di Tito attraverso la montagna minata (e questa cosa ce lo ricordavano bene ogni 100metri i cartelli a bordo strada).

Attenzione, la salita e la discesa al radar è stata fatta lungo una strada che avevamo la certezza fosse bonificata perché avventurieri sì, ma al sottoscritto piace sempre tornare a casa sui propri piedi.

Abbandonato l’odore di guerra fredda che si respirava in quelle zone ci dirigevamo verso sud su facili sterrate sempre rigorosamente bonificate mentre i boschi che scorrevano ai nostri lati continuavano a riportare cartelli “bewere mines area” tanto per dirci:

“si siete in Croazia, quasi comunità europea, ma trent’anni fa qui mentre voi bevevate Coca-Cola noi non ci siamo divertiti per nulla”.

Scendiamo nella pianura e il caldo diventa davvero duro, unica consolazione le giacche Clover Dakar 2 WP che, diventando completamente traforate, in movimento garantivano un certo comfort.

Arriviamo a Tenin il punto più caldo della Croazia, un buco tra le montagne in cui non circola un filo d’aria e il tasso di umidità è quello equatoriale.

Ci accoglie in una Guest House una simpaticissima ragazza che parla correntemente Italiano e, per puro caso, troviamo lì a dormire anche l’organizzatore del Dinaric Rally impegnato a tracciare la gara.

La sera passeggiamo per la città e ci gustiamo un hamburger spaziale perché, se in montagna i campi minati sono ancora una (triste) realtà, qui i giovani (e non solo loro) non vivono più a suon di Vodka e Bolscevismo.

Tenin è l’ultima città della Croazia: l’indomani avremmo varcato il confine bosniaco, ma di questo vi racconteremo nel prossimo articolo! 

Testo e foto: Dario Lupini
AbbigliamentoClover Dakar 2-WP
Stivali: Alpinestars Toucan Gore-Tex
Borse: Enduristan

Pneumatici: Metzeler Karoo 4 e Karoo Extreme

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