Alla scoperta della Dakar Viaggio in Sudamerica

PROLOGO

Mi chiamo Silvia Giannetti e sono nata a Grosseto il 6 maggio 1972. Per spiegare le motivazioni che mi hanno portato a organizzare la mia nuova avventura occorre che ripercorra brevemente i momenti salienti che hanno dato origine alla mia sfrenata passione. All’età di dieci anni insieme a mia sorella non mancavo di accompagnare mio zio Mauro che si divertiva alla guida di un SWM nel saltare i fossi della mia amata Maremma. Appena ho potuto guidare il CIAO di mio nonno, me ne sono impossessata per utilizzarlo nei dintorni del paese insieme ai miei coetanei. Tutto questo è durato finché, con la maggiore età, avrei potuto cavalcare un 125 cc. Con infiniti sacrifici e lavoretti di ogni genere, questa aspettativa si è potuta realizzare solo nel 1986 quando finalmente sono entrata in possesso di un’Aprilia Tuareg. Con il passare degli anni ho acquistato una Ténéré 660 e, in seguito, un’Africa Twin 750.

La passione per l’Africa è nata nel 1999 nel corso di un viaggio in Marocco con mia sorella gemella Stefania. Nel 2000, non riuscendo a dimenticare le emozioni che il deserto mi aveva suscitato, comprai una Yamaha TT 600 e partii per la Tunisia in direzione dune!
In seguito quando Fabio Fasola stava cercando persone in Toscana per accompagnare gruppi, ho iniziato, insieme a mia sorella, a fare da guida per la KTM Adventurtour.
Nel 2004 mi sono recata nuovamente in Tunisia con un viaggio organizzato da Fabrizio Meoni. Vedendomi guidare con disinvoltura sulla sabbia, Fabrizio mi consigliò di provare a correre qualche rally. Fino ad allora, tale possibilità non mi aveva minimamente sfiorato, ma la passione era già così grande che bastava veramente poco per accendere il desiderio di provare a entrare nel mondo dei rally.
Forte del giudizio di Meoni, armata del mio entusiasmo e della mia passione, nel 2004 ho corso il Rally di Tunisia con una Beta 400 con serbatoio maggiorato fornitomi dalla Boano Racing.
Della gara ricordo in particolare la difficile tappa di sabbia El Borma – Ksar Ghilane, dove mi classificai diciannovesima assoluta su oltre ottanta partecipanti. Incoraggiata dai buoni risultati ottenuti, partecipai in seguito al Rally dei Faraoni, al Rally di Dubai e a quello del Marocco piazzandomi sempre prima nella categoria femminile e non sfigurando nemmeno in confronto agli uomini.
Mi sono iscritta alla mia prima Dakar in Africa nel 2008. Purtroppo la gara venne annullata sei ore prima della consegna dei road book per rischio attentati. La delusione infinita per l’annullamento della gara non doveva, però, essere l’unico cruccio per quell’anno. Durante una caduta in allenamento, infatti, riportai la frattura scomposta dell’omero e di otto costole con perforazione di un polmone. Rischiai perfino di morire, mi rintracciarono con grande difficoltà portandomi in ospedale molte ore dopo l’incidente. Sono estremamente grata alle competenti cure del dott. Edoardo Crainz e del personale dell’ospedale di Siena. Ebbe inizio un lungo periodo di riabilitazione durante il quale, per circa otto mesi, mi sono dedicata a lunghe sedute di fisioterapia e piscina. La velocità con cui si risaldarono le ossa e riacquistai le mie capacità venne giudicata miracolosa dai medici ma è indubbio che in questi frangenti forza di volontà, determinazione e sfrenato desiderio di ritornare alla propria passione giocano un ruolo determinante.
Così sotto lo sguardo attonito e un po’ scettico di chi mi stava accanto, appena mi sono sentita in grado di risalire in sella, il primo obbiettivo è stato quello di prendere lo zaino e andare in Tunisia in solitaria al fine di testare fisico e mente. Accertato che ero ancora in grado di sopportare lo stress fisico e psicologico in questo tipo d’avventure, nel 2009 mi sono iscritta al Rally dei Faraoni con obiettivo Dakar 2010.
Nella mia prima Dakar Argentina Cile 2010, mi sono classificata al secondo posto nella cat. Femm. e 67a assoluta. Nel 2011 chiusi la mia seconda Dakar al terzo posto cat. Femm. e 69 a assoluta. Risultato di tutto rilievo se si considera che non avevo un team, correvo con una moto di serie , dovevo condividere un meccanico con altri due piloti e dormivo in tenda e sacco a pelo. Seguì un lungo periodo di fermo dovuto a diversi ostacoli, tra cui i continui problemi di salute di mio padre, l’abbandono di alcuni sponsor importanti e la nascita di un nuovo legame affettivo che mi avrebbe tenuta legata per cinque anni. Cosi decisi di dedicare temporaneamente la mia attenzione ad altri orizzonti. Non era però scritto che la mia attività motociclistica dovesse concludersi in questo modo. Complice una nuova delusione sentimentale, la mia passione, solo temporaneamente e forzatamente sopita, mi ha nuovamente travolto riportandomi in sella.
Non saranno più i ritmi della gara, però, a scandire le mie giornate, anche se i panorami resteranno quelli della Dakar sudamericana.
Scelgo di partire in solitaria con la mia KTM 990 sulle tracce delle mie Dakar per un viaggio di due mesi e di 18.000 km.

VIAGGIO IN SUDAMERICA
IL VIAGGIO

L’organizzazione del viaggio prevedeva che la moto con tutto il bagaglio viaggiasse via mare in container mentre io l’avrei raggiunta con un volo aereo.
Così la mattina del 10 ottobre ho portato la mia KTM 990 con borse tenda e sacco a pelo a Viterbo, dove Ermanno e Giovanni avrebbero pensato in seguito allo svolgimento delle pratiche doganali e al container. La moto è partita da Genova ed è arrivata al porto di Valparaiso, in Cile, dopo circa un mese di navigazione. Nel frattempo il 15 dicembre ho preso un volo da Roma per l’aeroporto di Santiago. Il mio itinerario prevedeva di dirigermi a sud fino alla Terra del Fuoco, per la maggior parte su strade secondarie e percorsi sterrati. Il mio viaggio è iniziato a Valparaiso, dove ho alloggiato all’ostello utilizzato dagli organizzatori del trasporto moto.
Lì ho conosciuto altri motociclisti che avevano in programma di seguire itinerari simili al mio: Antonio da Milano, Alberto da Modena e gli abruzzesi Dino e Giovanni. L’indomani mattina ci siamo spostati di venti chilometri verso Porto Secco per ritirare le moto e, dopo due giorni passati a sistemare moto e bagagli, siamo partiti insieme in direzione sud. Abbiamo viaggiato tra le Ande e l’oceano, accorgendoci ben presto che concepivamo il viaggio in maniera diversa. Loro preferivano dormire al mattino e di conseguenza partivano molto tardi, mentre la sera si fermavano assai presto scegliendo di dormire in alberghi e mangiare in ristoranti, a mio avviso, eccessivamente costosi: insomma una visione del viaggio completamente diversa dalla mia! Così, dopo due giorni Antonio si staccava dalla comitiva, mentre io sono rimasta per altri tre giorni, decidendo alla fine di continuare da sola.
Quando mi sono staccata da loro, lungo la Carretera Austral ho percorso 300 km di piste tra paesaggi di campagne animate da animali selvatici e cavalli allo stato brado, accompagnata da voli di rapaci e pappagalli. Paesaggi mozzafiato, con lo sfondo dei ghiacciai andini e il mare in tempesta lungo i fiordi, tra leoni ed elefanti marini.
Proseguendo lungo la Ruta dei 7 Laghi all’altezza di Pucon ho visto l’indicazione per un motocamp, un campeggio per soli motociclisti. Decido di fermarmi e anche lì faccio conoscenza con una miriade di motociclisti provenienti da ogni parte del mondo. Lo stesso proprietario del campeggio, “Cristian”, è un simpatico motociclista che ha viaggiato per ben 5 anni da solo in 175 paesi nel mondo con un BMW GS1200.
Procedendo verso sud, sulla Carretera Austral all’altezza di Villa Santa Lucia, sono rimasta bloccata da una frana che interrompeva la strada. L’unico modo di passare era caricare la moto su un battello che l’avrebbe traghettata a sud dell’interruzione. Ho atteso il battello fino alle 23:00 e,
durante la lunga attesa, sono arrivati altri motociclisti all’imbarco. Ho conosciuto così Adrian di Cordoba, Manuel di Buenos Aires e i fratelli Carlos e Gonzalo di Lima. Dopo aver traghettato, decidiamo di continuare il viaggio insieme in direzione Ushuaia, una condivisione di breve durata perché, dopo poco, a causa di esigenze e ritmi diversi, ci siamo divisi, anche se alcuni di loro li avrei ritrovati durante il viaggio percorrendo insieme brevi tratti.

Scendendo ancora verso sud in una zona lungo il mare con bellissime e colorate palafitte, distratta dal paesaggio, ho saltato un rifornimento di benzina rischiando di rimanere senza carburante. Mi sono fermata, chiedendo al proprietario di una casa lungo la strada se mi poteva aiutare. Purtroppo i suoi mezzi erano tutti a gasolio ma mi ha indicato una persona che probabilmente poteva aiutarmi vendendomi alcuni litri del prezioso propellente. Trovo il personaggio indicatomi che mi aiuta con piacere. L’avrei ritrovato casualmente più avanti nel corso del viaggio, a 2000 chilometri di distanza dopo trenta giorni.

Testo e foto: Silvia Giannetti

Fine prima parte

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