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Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo in fuoristrada: in una parola: AppeniniOFF!

È stata semplicemente la cosa più bella che si potesse fare sugli appennini con una moto da fuoristrada, ecco cosa è stato AppenniOFF.

La formula dei tour di BigBikeOFF è semplice

Fuoristrada vero, due guide per dividere il gruppo in base alle capacità dei partecipanti, un massimo 6-8 persone a guida perché i serpentoni non piacciono a nessuno e costo davvero all’inclusive: chi viene deve solo lasciare la mattina i bagagli all’organizzazione e pensare esclusivamente alla benzina.

AppenninOFF 2022 è stato il tour degli altopiani appenninici, da quelli più iconici a quelli più nascosti, Quattro giorni itineranti nel centro Italia tra Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo.

Zone che i ragazzi di BigBikeOFF conoscono a menadito essendo gli organizzatori del Queen Trophy, di sicuro uno degli eventi adventouring più carismatici del centro Italia, ma qui è diverso… forse ancora meglio.

Il gruppo di motociclisti è piccolo e dopo la prima sera i partecipanti si conoscono tutti; si entra in confidenza e ci si conosce, chilometro dopo chilometro si creano amicizie, si gode assieme dei percorsi e ci si stupisce davanti ai paesaggi, fino anche ad aiutarsi nei momenti di difficoltà con quello spirito tutto enduristico che affonda forte nel curriculum degli organizzatori.

Insomma poco cinema e tanta, tantissima sostanza!

Partiamo il 2 giugno da Bevagna, anzi da quella magia che è il borgo di Torre del Colle dove abbiamo pernottato la sera prima, un breve trasferimento per giungere a Trevi e poi “BAM”: saliamo in appennino e non ne scenderemo per quattro giorni.

Si ripercorrono alcuni tratti del Queen Trophy, mixati a tratti inediti con la sapienza di chi non si affida a una traccia GPS ma sa improvvisare, scegliere e cambiare itinerario in base alle esigenze del gruppo.

Saliamo il Monte Maggio, tappa immancabile quando si gira da queste parti, obbligatoria la pausa per godersi la vista, improvvisare i selfie migliori e recuperare le energie dopo aver spinto qualche moto sulla salita bella tosta che ci conduce alla cima.

Sono le 11 di mattina del primo giorno e c’è chi potrebbe già tornare a casa soddisfatto…

La giornata prosegue in questo modo, un lungo continuo tratto di fuoristrada costante, senza strappi, mai banale, omogeneo e sempre dannatamente divertente da guidare.

termina alle pendici del Terminillo, con un tuffo nel Velino per i più ardimentosi mentre i più “comodosi” si godono subito l’ospitalità di Maria all’agriturismo Sant’Erasmo dove abbiamo trascorso la prima notte.

Il viaggio (perché di questo si è trattato) continua il secondo giorno puntando la rotta verso l’Abruzzo, terra di cui siamo follemente innamorati, dalla bellezza sconcertante e dalle piste lunghissime.

Subito dopo essere scesi dall’altopiano di Rascino saliamo fino a Campo Felice, meta sciistica romana l’inverno e altopiano biondissimo in estate.

Ci rifocilliamo con una selezione di affettati e formaggi della zona e quando ripartiamo… ops! Stefano ha perso chissà dove la flangia della pinza del freno posteriore della sua amata Guzzi v85TT.

Ora bisognerebbe capire come abbia fatto a non accorgersene, ma sorvoliamo sulla sensibilità di guida di questo novello endurista, abbiamo un bel problema da risolvere!

In men che non si dica la pinza ciondolante viene legata dove non arrechi danno, una delle due guide con un’evidente dose di ottimismo fuori misura torna indietro a cercarla (chissà dove) e noi si prosegue per il tour con un Guzzi senza freno.

Neppure il tempo di arrivare a Pagliare di Tione che David (la guida) ci raggiunge a cannone, suonando il clacson e con la flangia in mano. 

Inizio a pensare che l’abbia rubata, non credo sia possibile averla trovata eppure… in ogni caso povera la sella del Guzzi, portar in giro il culo del suo pilota non deve essere cosa semplice.

La tappa di oggi termina a Rocca Calascio, il castello più celebre d’Abruzzo che domina tutta la valle del Tirino, un posto magnetico oltre l’inverosimile che ci siamo goduti praticamente al tramonto quando l’orda di turisti del ponte del 2 giugno ormai se n’era quasi andata.

Il secondo giorno è stato meglio del primo?

Non lo so, in testa le cartoline si mischiano, le foto fatte ci raccontano posti incredibili eppure non è finita; mangiamo a Santo Stefano di Sessanio, come sempre mangiamo benissimo, si fa quasi più fatica a tavolino che in moto, il che è tutto un dire.

Ripartiamo la mattina verso nord attraverso gli altopiani che rendono famoso questo lembo d’Italia, sembra di essere nel West, tra cavalli liberi al pascolo spazi ampissimi e una natura riconoscibilissima tra mille, perché l’Abruzzo è così: se ci sei stato una volta lo riconosceresti in qualunque foto.

Tratti di fuoristrada da trenta, quaranta chilometri senza mai trovare asfalto, andiamo pianissimo dove dobbiamo portare rispetto, la regola è semplice:

più intorno a noi è bello e più occorre aprire gli occhi per godersela e chiudere il gas.

Dopo pranzo la bellezza non ci abbandona siamo in un film che ci porta ai pantani d’Accumuli, la piana di Castelluccio ci accoglie tra lo stupore di chi non c’è mai stato e ci regala l’ultimo onirico pezzo di fuoristrada della giornata fino a Preci.

Un sogno scendere per questi declivi, il verde scintillante della primavera tagliato da una sola, singola strada bianca a perdita d’occhio. Arriviamo in agriturismo che ci stropicciamo gli occhi: non sappiamo più dove siamo, da quanto siamo partiti; siamo protagonisti di un quadro di una bellezza che non ha senso, meglio buttarsi in piscina per raffreddare gli animi!

L’ultimo giorno, d’accordo con tutti, decidiamo di rientrare a Bevagna per la via più veloce per far tornare tutti a casa a un orario umano, ma come ultima folle cartolina saliamo a passo del Fargno, uno di quei posti che da soli varrebbe il viaggio, e che invece sono stati tutti condensati in quattro giorni di sana, bellissima e lucida follia.

A fine giro quello che fa più riflettere è che i primi chilometri del primo giorno sono stati un inno allo stupore con sorrisi ovunque e occhi increduli, ma andando avanti gli stessi occhi non trasparivano più emozioni lasciando spazio all’assuefazione a tutto questo.

In poche parole è stata un’orgia, un orgasmo paesaggistico durato quattro giorni, un atto di bulimia enduristica alla scoperta dei posti più affascinanti del centro Italia.

Che spettacolo, alla prossima.

Testo e foto: Dario Lupini

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