Il “Great (Nord) India Tour” con attrazioni turistiche di vari tipi
Torno da un viaggio turistico dall’India e scrivo a Pietro: “Dovresti vedere i ‘mezzi’ con i quali girano sulle strade….” – “Potevi farci un servizio sui mezzi in circolazione!!! 🙂 …” Potevo? Posso! Ed eccomi qua dopo una settimana in quel meraviglioso paese dell’Asia, così diverso da tutto quello che conosco – ammetto di aver viaggiato quasi solamente in Europa. Giravamo le attrazioni turistiche nel Nord della immensa India: Agra con il suo impressionante forte rosso, testimone delle dinastie potenti che governavano e difendevano queste terre; l’altissima torre Qutb Minar a New Delhi, costruita più di un mezzo millennio fa e che fa intuire una storia segnata dai passaggi di vari governanti, da induisti a musulmani e ai cristiani inglesi; il bazar di Jaipur, un paradiso per chi ama mercanteggiare e come punto di programma alternativo i bellissimi parchi naturali di Ranthambore con tigri, pavoni, cervi e tant’altro. Di questo trovate di tutto nelle guide turistiche, io invece vorrei condividere con voi cosa ho visto sulle strade, guardando dal finestrino del pulmino del nostro gruppo di amici durante il nostro “Great India Tour”, mentre giravamo da un posto di mille e una notte all’altro.
Una confusione immensa… Eppur si muove!
Un miliardo e 300 milioni abitanti circa vivono nel subcontinente indiano e sembra quasi che tutti si trovino sempre in strada in una parapiglia di rumori, colori e odori. La gente vive sulla strada – c’è chi non ha la casa e ci vive letteralmente, c’è chi ci lavora come i barbieri sul marciapiede, il fabbro sul ciglio della strada, il ragazzo che aggiusta la moto nell’“officina” lungo la strada, il “gommista” che presenta la merce sulla ringhiera del parco della città. Poi c’è un infinità di persone che si sposta, a piedi, con degli animali, con delle bici e con mezzi motorizzati di tutti i tipi. Quindi le strade sono quasi sempre intasate, affollate. In più, nelle città girano liberamente non solo le famose mucche, ma anche cani, capre, scimmie… insomma, tutto quello che uno può immaginarsi. E cosa fa l’indigeno quando durante l’ora di punta una mucca attraversa tranquillamente l’arteria strategica della metropoli? Ci gira intorno. Tutto questo però funziona solo suonando il clacson. L’autista medio suona almeno ogni 30 secondi. Il clacson sembra il tocco magico che serve perché il caos quotidiano fili liscio. Il risultato è un concerto assordante ma per noi europei anche divertente. E sembra che funzioni: nonostante il fatto che abbiamo passato tanto tempo viaggiando sulle strade, abbiamo visto solo un incidente durante una settimana.
Quindi nonostante gli spostamenti lunghi da un’attrazione mozzafiato all’altra e da un sito Unesco meraviglioso all’altro non mi sono quasi mai annoiata, così tanto c’era da scoprire. Ecco alcuni dei fenomeni curiosi che ho visto sulle strade in questa parte del nord dell’India:
Con due ruote ci passi dappertutto
Come in tutti i paesi con tanta povertà la moto è uno dei mezzi più usati per gli spostamenti – almeno da chi può permettersela. Non quella da corsa o la touring di lusso con valigie, elettronica sofisticata e motori potenti. Gran parte delle moto che ho visto erano naked, semplici e robusti, spesso della Suzuki, Honda o della Hero indiana – una delle più grandi produttrici di moto del mondo. Infatti, per affrontare le strade e sentieri di questo paese le moto devono essere robuste e ovviamente a buon mercato, visto il ridotto potere d’acquisto di gran parte degli Indiani.
Naturalmente non è un mezzo da hobby, per gite domenicali come spesso dalle nostre parti, ma è indispensabile per il trasporto di persone e oggetti e come quello viene sfruttato al massimo. Così abbiamo trovato intere famiglie su una moto, da tre a cinque persone non è da meravigliarsi. Insieme ci stanno anche le valigia o gli strumenti musicali di un intera banda– inclusi i musicisti. Le moto servono per il trasporto del latte, ci sono quelle con appesi una dozzina di pentoloni di ottone da consegnare a chi fa pausa pranzo perché ha un lavoro.
Il casco c’è e non c’è, sembra che non ci sono tante sanzioni per chi non lo porta. La vendita di caschi avviene – indovinate – lungo la strada, dove si vedono allineati su scaffali, protetti con teli di plastica dalla onnipresente polvere.
Ovvio, che anche le due ruote spinte dalla forza dei muscoli hanno un ruolo importante sulle strade indiane. Da soli, in più persone con la rickshaw o per portare lo street food. Così, intorno a mezzogiorno appaiono dei ragazzi che spingono delle bici con sul porta pacco grandi pentoloni pieni di cibo caldo. Per essere sincera, l’aspetto dei contenitori mi ha scoraggiato dall’avvicinarmi, ma potevano solo contenere il “Dal”, una gustosissima pietanza piccante, sulla base di lenticchie, simile ad una zuppa, che non manca a nessun pasto. Dal è ricco di proteine e si mangia (solo gli indigeni riescono!) con una mano usando del pane piatto rotondo. Infatti attaccato al manubrio della bici ci sono dei contenitori per il pane. Tanta gente pranza così lungo le strade.
Più ruote hai, più carico porti
Poi ci sono le bici da carico che al posto della ruota posteriore ne hanno due per sorreggere un grande tavolone di legno. Anche questo porta di tutto: bellissima frutta e verdura con dei colori stupendi, impilata in piramidi altissimi, oggetti di tutti i tipi da vendere, attrezzi di lavoro insieme agli colleghi seduti in cima ecc. E se l’oggetto trasportato ha una lunghezza da trasporto eccezionale basta attaccare delle bandierine rosse alle estremità per passare serpeggiante in mezzo agli altri centinaia di veicoli.
I più fortunati guidano un porta carichi motorizzato, c’è un’infinità di versioni anche perché gran parte sembra essere costruita dall’autista stesso con tanta fantasia ma certamente anche con molta bravura, visto la scarsità delle risorse a disposizione. Ho visto dei motori che nella vita precedente spingevano tosa erbe, vespe o chissà cosa – la versione meccanica della reincarnazione….
E’ ora di parlare del re delle città indiane se non asiatiche, già per la quantità. Sicuramente l’avete già visto in qualche film, su dei foto ecc.: il tuk tuk, l’auto rickshaw, tipo ape car, che con il suo motore a due tempi fa proprio “tuk, tuk” – se tutto va bene, perché tanti esemplari sembrano vicini al crollo. Il numero di persone che questo “Taxi” può portare è indefinibile. Come tutti i veicoli che ho visto in questo viaggio, gli indiani lo riempiono con un’incredibile quantità di persone. I tuk tuk sono aperti al lato e girare nel traffico frenetico con il gomito esposto può essere non solo spaventoso ma anche poco salutare.
Il lusso di muoversi su quattro ruote
In questa settimana abbiamo proprio apprezzato la comodità e sicurezza dei mezzi a quattro ruote che in qualche modo passano miracolosamente per le strettoie dei flussi di traffico. Prima di tutto vorrei presentarvi il nostro pulmino. Una specie di furgone con una quindicina di posti, con area climatizzata e delle ventole installate per aumentare il comfort – i fili in bella vista parlano molto della professionalità dell’installatore …. Parecchi turisti si spostano in pulmini simili. Infatti il nostro autista aveva perfino una licenza che ha dovuto presentare ai vigili che ci hanno fermato per un controllo (si, esiste, ci e successo due volte!!!).
Da buoni europei avevamo naturalmente così tanti bagagli che alcune valigie dovevano viaggiare sul tetto, legate con delle corde. All’inizio più di qualcuno di noi sbirciava ogni tanto dal finestrino dietro dall’ansia di perdere pezzi…
Il furgone batteva e cigolava ma con il box frigo pieno d’acqua e birra indiana, le borse con frutta e biscotti sotto i sedili e l’allegra compagnia del nostro bel gruppo – inclusi gli amici indiani che hanno organizzato tutto, ci hanno guidati con tanta cura e simpatia – era veramente un bel viaggiare.
Veicoli sfruttati al massimo
Gran parte della gente non viaggia mica così confortevolmente; i bus, le corriere e i taxi sono quasi sempre così pieni, che viaggiano con porte aperte e gente attaccata da fuori.
Impressionanti anche i trattori che abbiamo visto soprattutto fuori dalle città: La quantità di fieno che riescono a legare in cima al rimorchio con l‘aiuto di teli è incredibile e supera senza dubbio ogni peso massimo consentito. A volte capita di sentire nel “silenzio” della campagna da distante dei colpi cupi ritmici, poi si riesce a individuare una melodia di un successone indiano finché guardando nelle direzione da dove arriva questo frastuono si scopre un trattore con delle grandi casse sui copri ruota. I ragazzi che guidano questi mezzi di lavoro decoratissimi sono ben coscienti di fare scalpore e rallegrare chi gli sta intorno.
Tanti di questi veicoli hanno in comune delle scritte sul retro: “Horn please!” Ed ecco che abbiamo capito anche noi europei il motivo di questo assordante concerto di clacson! “Dipper at night!” Infatti di notte gli abbaglianti di chi ti viene incontro ti accecano. Spesso si leggono frasi che chiedono la benedizione per l’autista; a chi, dipende dalla sua confessione. Tanti hanno le statuette delle loro divinità sul cruscotto con lo stesso scopo. Tutto quanto in colori caldi, chiari e forti, che contrastano il grigio dalla polvere e degli scarichi.
Su quattro zampe in tangenziale
Devo dire che la presenza dei quadrupedi nei centri delle immense città – New Delhi ad esempio ha più di 20 milioni di abitanti – mi ha sorpreso. Ok, le mucche, sappiamo perfino noi che in India sono sacre. Cani randagi sì, era da aspettarsi. Anche i cavalli, certo, servono per tirare dei carri. Più esotici invece erano gli elefanti con dei coloratissimi ornamenti disegnati sul viso che camminavano in tangenziale, o i cammelli “parcheggiati” lungo le strade. Per me invece, la cosa più sorprendente erano i cinghiali che girano anche in branchi interi nei centri delle città, frugando nell’immondizia che si trova un po’ ovunque per trovare qualcosa di combustibile.
Che noia le strade italiane…
Tornati in Italia, più di qualcuno del nostro gruppo è stato spinto dalla nostalgia a suonare il clacson senza motivo. Le strade qui sembrano vuote in confronto, senza fantasia. Quando vedo le immense macchine che spostano una persona sola, penso agli scooter che dall’altra parte del mondo portano tre generazioni alla volta. Certo che il nostro modo di viaggiare è più sicuro e comodo ma chapeau dinanzi a quel popolo che ripara le macchine con il nastro adesivo e che riesce a rilassarsi in quella confusione fino al punto di fare il sonnellino davanti all’uscita del casello autostradale.
Sicuramente porterò con me i colori, rumori e i sorrisi della gente che ci osservava con tanta curiosità quanto noi loro. Ovviamente non è tutto oro in India, la povertà di tanta gente è ben visibile. Ma che questo caos apparentemente senza ordine, schema o regole funziona mi ha fatto capire ancora una volta che non tutto il mondi funziona a seconda la nostra logica, quella cosiddetta occidentale. O, come diceva il nostro carissimo amico Riddhish, che ci ha accompagnato tutti questi giorni con la sua famiglia: “Vi chiedete come possa funzionare un paese così grande nonostante questa immensa confusione, vero?”
Testo e video: Eva-Maria Potthast
Foto: Eva-Maria Potthast e Riddhish Jalnapurkar