Nove anni separano la appena trascorsa edizione della Trip & Track dal suo esordire nell’anno 2011 sotto una veste meno avventuriera, ma che formava giá le basi del successo per quello che si sarebbe poi sviluppato e svelato in breve grazie alle energie degli organizzatori O2Riders, pionieri del trail off-road iberico. Sapientemente, in un paio di anni hanno indirizzato la freccia verso un formato distinto, che dal 2013 prende la forma attuale abbracciando una filosofia non competitiva basata sui valori di avventura, resilienza e lavoro di squadra, nel rispetto del medio ambiente.
Filosofia che ha trovato la giusta combinazione sin da subito apportando ben 63 iscritti nella prima edizione (“non me lo potevo credere”, esprime Pere Font, uno degli organizzatori) fino ad arrivare a 156 nella presente, nonostante in principio si fosse prefissato un limite di 100.
Svoltasi dal 11 al 13 ottobre, la location non poteva essere più familiare alla immagine romantica dei rider dei giorni nostri vestiti di tutto punto con armatura, stivali ed elmo..ok, casco: Castilla-La Mancha, teatro delle avventure e disavventure del Don Chisciotte, anche lui correndo con il proprio cavallo per avventurarsi in un viaggio che alla fine ha sempre due risvolti: il viaggio come tale ed, in primo luogo, quello dentro se stessi.
Due formule per l’evento tra cui scegliere: discover e wild, entrambe al prezzo di 165€ che include la traccia del percorso, due notti in camping 5 stelle, due cene, due colazioni ed un pranzo durante il percorso del sabato.
Formula discover: 250km, 50% off-road, pensata per i partecipanti con meno esperienza, selezionando percorsi scenici composti di strade secondarie e piste forestali di facile approccio.
Formula wild: 350km, 80% off-road, vera essenza dell’evento “senza zuccheri aggiunti” che porta il rider a vivere l’esperienza adrenalinica di un rally raid attraverso percorsi perfettamente disegnati per mettere alla prova ed ottenere il massimo dai team e dalle proprie moto, a supporto dei valori di avventura, resilienza e lavoro di squadra (ribadisce Pere Font, ndr).
Per entrambe le formule, sono autorizzati a partecipare solo i modelli trail, maxitrail ed endutrail con peso superiore ai 140kg. Ovviamente, scegliamo la Wild per vivere l’evento nella sua essenza.
Venerdì sera: accoglienza partecipanti, pratiche amministrative di registrazione, consegna del pack di benvenuto e briefing con assistenza obbligatoria; terminati i convenevoli, cena di gruppo dove i molti veterani dell’evento che si sono forgiati nelle passate edizioni, si ritrovano puntualmente con amicizie che tutt’ora perdurano, dando il benvenuto ad i nuovi partecipanti.
A caratterizzare la solidità dell’evento, un sistema di tracciamento GPS personale obbligatorio fornito dallo staff (in puro stile rally raid) e la possibilità di noleggiare una delle 9 splendide Husqvarna 701 enduro per 180€ (tutte riservate in breve). Oltre al supporto di grandi case come Ducati, Pirelli, Rev’it, Royal Enfield e Husqvarna, ed uno staff instancabile ed affiatato di 8 persone ad assicurare la buona riuscita dell’evento e la sua sicurezza con 2 moto scopa, 2 pick up di assistenza ed 1 buggy a chiudere.
Finalmente, arriva il giorno dell’evento. Dopo una sostanziosa e dovuta colazione, ogni partecipante si occupa di preparare la propria moto ed il proprio materiale per la prima partenza delle 08:00.
Scaglionati di qualche minuto, i team partono per iniziare la propria avventura quotidiana. Partiamo dopo qualche minuto ed in un paio di km gli pneumatici iniziano il proprio lavoro gestendo un fondo inizialmente compatto ma ben ricoperto di sabbietta traditrice e ghiaietto. Tra mille scodate ed il tentativo di percorrere linee perfette tracciando con lo sguardo “al futuro”, ci troviamo con il primo “problema”: un paio di moto leggere si sono bloccate giusto nel mezzo di una salita di pietrisco dove l’inerzia ti assicura il suo superamento.. Diverse maxi enduro iniziano ad avere problemi a ripartire da fermi nel mezzo della salita e qualcuno cerca di tornare indietro per prendere “la rincorsa”. Giocando di frizione e di controllo trazione re inserito ad uopo, riusciamo a partire da dove ci siamo fermati senza particolari problemi e continuiamo il percorso superandoli ed entrando in un sottobosco fitto davvero magico ed emozionante, tracciando tra solchi scavati dall’acqua e mezzi 4×4, radici affioranti, tronchi caduti..ricchi premi e cotillon.
I primi 150 km passano veloci in un continuo variare climatico (13-23 gradi), altimetrico (tra i 1600 ed i 1935 mt dei Monti Universali tra Cuenca, Teruel, Guadalajara) ed orografico. Salite e discese con passaggi tecnici di pietre piu’ o meno smosse, sottoboschi dal fondo umido, tornanti per tutti i gusti di pietrisco e terra smossa e qualche km di piste forestali sulle quali riposare mente e corpo aumentando allo stesso tempo la media che, in un evento di questa distanza per quanto entusiasmante, ha la sua importanza per non arrivare al traguardo di notte.
Manteniamo una andatura vivace costante fermandoci ogni tanto solo per scattare qualche rapida foto, correggere la traiettoria od assistere qualcuno che incontriamo durante il percorso. Il camelbak ci consente di mantenerci idratati senza ulteriori soste ma soprattutto a non farci seccare la bocca dal continuo parlare grazie ai nostri intercomunicatori, che grazie a Dio non hanno memoria per poter testimoniare contro di noi a fronte di un linguaggio molto poco ortodosso che caratterizza la nostra giovane età (quella anagrafica non conta) combinata a qualche passaggio dove le nostre moto hanno vissuto di vita propria.
Evento del giorno: un cervo grande quanto una 1250 GS con un casco di corna mai visto, spunta nel lato estremo destro del mio occhio e, non facendo nemmeno in tempo a realizzare, me lo ritrovo a saltare leggiadro lo sterrato di fronte a me a circa 10 metri attraversandomi la strada per poi correre via ad una media superiore alla mia. Un secondo prima e probabilmente avrei pranzato in anticipo.
Dopo 200 km, verifichiamo i nostri dispositivi GPS perchè lo stomaco inizia a chiedere aiuto ma ancora nessuna ombra del waypoint “ristorante”. Eccolo… è proprio qui: mancano 85 km e sono già le 13:30, dopo più di 5 ore in sella. Qui, se devo trovare un “difetto” dell’evento, metterei un “?”: abbiamo davvero tenuto una buona media superando diversi altri riders ma, nonostante ciò, arriviamo al ristorante alle 15:00 con ancora altri 80 km da fare. Alcuni hanno tagliato il percorso per arrivare a pranzare ad un orario decente, altri hanno pranzato in luoghi intermedi (non compresi nel pack), qualcun altro è arrivato a “pranzo” alle 18:00. Forse dei punti di ristoro intermedi con acqua, barrette energetiche e frutta, oppure un ristorante più vicino, avrebbe permesso a tutti di rifornirsi senza correre prima o correre dopo, mantenendo “mens sana in corpore sano”.
Al pranzo, davvero ricco e gustoso, ci avvisano di una salita ben difficile nei km precedenti all’arrivo. Dallo stesso ristorante, è comunque anche previsto un “detour” composto da strade secondarie per chi preferisce arrivare più rapido all’arrivo. Non possiamo arrenderci, non ora. Il motto di avventura, resilienza e lavoro di squadra ce lo siamo incisi sul cupolino delle nostre 800 GSA, 790 Adventure R e cugine; decidiamo quindi di continuare ad essere Wild e portare a termine l’intero percorso. Scopriamo, tra un “che sfiga” e “che culo” (mi si conceda la licenza poetica), che la salita molto complicata quest’anno è stata rimossa dall’evento per un problema di permessi nonostante la stessa, la scorsa edizione, era comunque stata interdetta a metà evento per la quantitá di partecipanti che sono rimasti bloccati nel mezzo.
Ultimo tragitto caratterizzato da un letto di pietre infinito ed arriviamo all’arrivo con un sorriso stampato a 32 denti (dente piu’ dente meno) alle 17:25, dopo circa 9 ore di cui 40 minuti di pausa pranzo. Qualche team è arrivato poco prima di noi, ma la maggioranza è ancora nel pieno della propria avventura. Celebrando la grande giornata, per altro caratterizzata da un meteo perfetto misto sole/nuvolo e temperatura media, sorseggiando un vodka-tonic nel nostro santo graal dell’amicizia, ci godiamo anche l’arrivo poco a poco dei superstiti, con gli ultimi che arrivano intorno alle 20:40, forse un po’ provati ma tutti contenti!
Non manca nessuno all’appello: ci lanciamo quindi letteralmente nelle docce per togliere quel sentore di montone bipede caratteristico dell’adventourer a fine giornata e deambuliamo al ristorante per “l’ultima cena” di gruppo, durante la quale gli organizzatori fanno i dovuti complimenti e ringraziamenti a tutti i partecipanti, consegnano i premi ai fortunati vincitori della lotteria sorteggiati in base al numero di dorsale e danno il via alle danze con portate di cibo e vino locale degne di un plotone di lanzichenecchi più intenti a trovare cibo che ricchezze.
Sveniamo nel letto delle nostre splendide casette di legno del camping, nome quasi riduttivo vista la bellezza e cura del luogo, sognando e rivivendo i brividi vissuti durante la giornata, che arrivano come un bel bacio della buona notte a rimboccarci le coperte.
Mattina, colazione, carichiamo le moto sul carrello e ci prepariamo a ripercorrere a ritroso i 700km che ci separano da casa, pensando all’abbraccio delle famiglie ed ahimè anche un po’ al lunedì che arriva incombente e rapido per noi riders del weekend, quasi come il cervo 1250, immagine che tutt’ora resta impressa nella mia mente.
Ritorno alla vita reale. Reale! Ma perchè alla fine cosa significa “reale”? Reale è quello che vogliamo e decidiamo di vivere. Ed allora lasciatemi nella mia realtà, fatta di avventura ed emozioni, di amicizie e di sfide, ma soprattutto di esperienze e vita!
Come diceva il mitico Don Chisciotte, nostro lontano probabile cugino: “nelle disavventure comuni si riconciliano gli animi e si stringono le amicizie”.
Ecco, Miguel de Cervantes sarebbe proprio contento di noi, ma soprattutto della buona riuscita di un evento che certamente entrerà nel calendario degli eventi fissi a cui partecipare!
Alla prossima edizione!
Testo e foto: Andrea Fast Scaramuzza