Vi devo confidare una cosa: a me piace la moto! E cosa c’è di strano, direte voi. La cosa strana è che non riesco a spiegarmi come questa passione sia nata. Ricordo che fin da piccolo mi rifugiavo negli angoli di casa a guardare riviste che raffiguravano le moto e i loro protagonisti. Nessuna delle persone a me più vicine faceva uso di questi mezzi a due ruote per i quali, ai tempi, serviva indossare un casco e poco altro. Eppure forse guardare strani individui domare quegli oggetti mi faceva sognare mille avventure, sperando che, magari in un futuro, avrei potuto domare e cavalcare in prima persona quei mostri!
Quando si è presentata l’occasione, con la possibilità di scorrazzare tra gli Appennini tosco-emiliani con una persona esperta come Pietro, che organizza percorsi su enduro in queste favolose terre, non sono riuscito a contenere l’entusiasmo. Così come non sono riuscito a trattenere il bambino che c’è in me nel vedere la Beta 250 che mi avrebbe accompagnato tra la macchia verde di quei pendii che ci circondavano. La vestizione di tutti gli indumenti e delle protezioni che servono per fare enduro sembra quella di un cavaliere che deve partire per qualche battaglia. Ad accentuare questa sensazione è il borgo di Anghiari, un paese cinto da antiche mura tipiche dei centri medievali. Mi sentivo un vero e proprio condottiero che in sella al suo destriero salutava amici e compagna per partire per una battaglia sia per me stesso, sia per il territorio, alla conquista, metro dopo metro dell’agognata vetta. Sentire il borbottìo metallico del motore monocilindrico del mio destriero mi faceva tornare alla mente quando, da ragazzino, sfrecciavo incosciente tra le stradine verdi dei campi. Questa volta però il tracciato che mi si presentava davanti era assai più arduo, come le salite con pendenze rilevanti su fondo pietroso. Solo i saggi consigli del maestro Pietro e la potenza esuberante della moto italiana mi hanno reso capace, con una punta d’orgoglio, di solcare questi percorsi. A tratti la fatica si è fatta sentire: la guida in piedi fa lavorare le braccia che cercano di trattenere l’anteriore che combatte con rocce libere di far sbacchettare la ruota in qualsiasi direzione. Ci vuole un minimo di allenamento fisico per contrastare queste forze e, poiché il sottoscritto è tutto fuorché allenato, ben presto la fatica si è impadronita di me. Ma è stato bello alternare questo tipo di percorsi impegnativi ad altri più scorrevoli dove far alzare la polvere del terreno reso secco dalle scarse piogge di questa estate rovente. Qui ho potuto assaporare la bellezza e immergermi nel paesaggio che ci circondava: intere distese di boschi selvaggi e incontaminati, intervallati solo da prati dedicati a pascoli dove non era difficile perdersi con lo sguardo tra le mandrie di mucche di razza (chianina) che pascolavano tranquille e indisturbate al nostro passaggio. Certe volte rimanevo affascinato quando incontravo borghi di poche case di pietra che formavano piccoli centri rurali. Visitarli a piedi o lentamente con la moto al minimo mi ha fatto addentrare in un mondo antico,assopito e fermo a qualche centinaio di anni fa. È bello salutare gli abitanti che ricambiano con estrema cordialità, proprio come se fossi un vero e proprio cavaliere che, con estremo rispetto,attraversa il loro villaggio. In questi casi pensavo alla Cri la mia compagna, anche lei aveva un programma intenso nei borghi storici di queste terre e chissà se anche lei stava assaporando le stesse mie emozioni. Ero sicuro di sì, perché la sensazione di essere in una terra magica si stava ormai impadronendo di me.
Ormai la stanchezza dopo ore di offroad si faceva sentire e la voglia e la felicità di vedere panorami unici nel loro genere mi avrebbero fatto continuare ancora ma alcuni dolori muscolari, conseguenza di due scivolate, hanno fatto capire al mio tutor che era arrivata l’ora del mio rientro. Quando ho posato la Beta non ero sicuramente il condottiero forte e fiero della mattina, sentivo i muscoli che non rispondevano più, l’acido lattico che ormai aveva avuto la meglio, ma un sentimento assopito da anni era vivo dentro di me. Mi sentivo ancora adolescente, quando mettevo fiero il mio Fifty sul cavalletto, felice di aver appena compiuto un’avventura strepitosa. Ero stanco ma felice e orgoglioso di me stesso e per questo non posso far altro che ringraziare Pietro, per avermi guidato con pazienza cercando di affinare la mia tecnica, la Beta che è stata sempre all’altezza della situazione anche in posizione orizzontale, e la Valtiberina in Toscana, una terra capace di rapirti e di far crescere quel mal di Toscana che ti fa promettere diritornare al più presto!
Testo a cura di Max & Cri “Il mondo dietro la visiera”