Perchè amo i problemi e come li risolvo

Nessuno ama I problemi, nessuno vuole una vita, un viaggio o una relazione che sia problematica, I problemi sono noiosi e spesso costringono a compromessi e sacrifici per essere risolti e soprattutto sono cose “da evitare a tutti i costi” perché minano la nostra sicurezza,sia essa mentale che fisica.

Ma allora perchè io li vado quasi a cercare o meglio non mi impegno al massimo ad evitarli durante il mio viaggio? Perchè ogni volta che se ne presenta uno sono quasi sempre felice e tranquillo? E soprattutto come la mia filosofia riguardo ad essi è passata dall’ansia e il panico di non saperli risolvere alla noia di non averne nessuno da risolvere? Bene vediamo se riesco a farvi entrare un po’ nella mia contorta mente da giovane spensierato motoviaggiatore. Premettiamo che è troppo semplice delegare il tutto alla mia giovane età, è vero ho 21 anni e la barba ancora fatica a crescermi, ma quello che voglio dirvi va oltre agli anni che mi porto sulle spalle e rappresenta per me una sottile ma solida verità della mia vita e delle esperienze che sto facendo.

Ho incontrato tanti viaggiatori motociclisti sia lowbudget che non e poco stranamente I secondi erano sempre quelli con meno problemi da raccontare, e non perchè I soldi ti portino ad evitarli ma perchè ti “impongono” spesso di risolverli in maniera diversa. Ma parliamo dei primi, I “lowbudget traveller “ come me, che stranamente amano I problemi, amano risolverli e amano farlo con la minor spesa monetaria possibile, che spesso porta a inutili fatiche, enormi attese, giorni frustranti e miserabili, ma anche ad avventure indimenticabili, emozioni agli apici della disperazione e ai confini della gloria. Ps: naturalmente l’articolo è rivolto ai problemi materiali e non ai problemi di salute, mi auguro di non dover mai affrontarne uno ne farvi pensare che mi piacerebbe affrontarne uno, questi sono problemi diversi e dai quali si può tirare furi anche del divertimento. Ma partiamo dalle basi… Spesso mi è capitato di non sentirmi a mio agio senza un programma, una scaletta, un’organizzazione minuziosa di cosa fare, cosa visitare in una grande città, che strade percorrere e in che zona della città pernottare per avere “la migliore esperienza possibile”. È una sensazione che per me era facile avere nelle grandi metropoli, spesso molto costose ma bellissime anche da visitare e, voler fare troppe cose, spesso, non è l’approccio migliore per visitarle in santa pace. Spesso mi sono sentito costretto a dover rientrare in un programma studiato per sentirmi tranquillo e conscio di star facendo le cose come andrebbero fatte, come un “vero viaggiatore” fa, studia, legge, programma e visita. Questi programmi poi erano quasi sempre talmente studiati (mi alzo a quest’ ora, vado qui, mi fermo qui ecc), che non lasciavano spazio ad alcun inconveniente possibile, tra i quali il più banale poteva essere il traffico. Allo stesso tempo però la mia testa era sempre intenta a rientrare dentro la schedule, stare dentro i piani e rispettare la scaletta per essere soddisfatto e andare a dormire sapendo di aver fatto quello che davvero volevo e che ero chiamato a fare, da me stesso o da una banale guida turistica. Il tutto si tramutava poi in stress e ansia di non fare abbastanza, incompletezza e paura di non star facendo le cose nel modo giusto e “migliore”.
Mi ci volle poco per capire che qualcosa dovevo cambiarlo, qualcosa che mi ero portato con me da casa, dalla mia vita quotidiana, doveva essere abbandonato. Dove sono cresciuto, in occidente, non mi è mai mancato niente di fondamentale, posso dire che ho sempre avuto un tetto sopra la testa, tre pasti al giorno un’ottima famiglia e una buona cerchia di amici con cui uscire ogni qual volta ne avessi avuto voglia. Mai mi sarei immaginato che le prime cose da cui mi sarei dovuto distaccare sarebbero state proprio queste, non nel senso di “addio, non vi voglio più vedere”, ma nel senso di analisi e allontanamento dal concetto di “confort zone” e controllo che mi davano giorno dopo giorno senza accorgermene. Mi spiego meglio: quando vivevo in Italia prima studiando poi lavorando giorno e sera, tutto funzionava a memoria, c‘era poco di nuovo da scoprire ogni volta nella tratta casa lavoro o casa scuola, ancor meno in casa mia o con i miei amici di una vita. Tutto girava liscio, senza apparenti intoppi, e quando avevo sonno sapevo che il letto era al piano di sopra, che quando avevo fame il frigo era lì, a pochi passi, che se mi sentivo solo c’ erano sempre persone in casa e che se volevo uscire a divertirmi i miei amici erano ad una telefonata di distanza. Tutto si era trasformato in un meccanismo quasi invisibile in cui mi ritrovavo ad agire a memoria, ero sicuro dei miei movimenti, tutto era sotto controllo e difficilmente un problema poteva decretare il dormire senza un tetto sulla testa, non avere niente in frigo, nessuno con cui parlare o con cui bere una birra. Proprio per questo era normale che un qualsiasi piccolo problema, infiltratosi tra tutti questi pezzi di puzzle apparentemente saldati tra loro in maniera sicura, si trasformasse in un problema spesso insormontabile, che mi causava stress, ansie e panico; pensavo dunque al mio viaggio come qualcosa di impossibile e che al primo inconveniente sarebbe stato abbandonato con la coda tra le gambe, perché mi abbattevo per problemi piccoli che sembravano enormi, e pensare ad una ruota bucata in Pakistan sotto 50 gradi mentre si sorseggia un cappuccino caldo al bar sotto casa, sembra infinitamente più grande e a pericolo di morte di quanto poi rappresentino 15, duri ma vissuti, minuti di lavoro per riparare una foratura. È tutto un gioco di prospettive sbagliate quello in cui molti giovani della mia età passano buona parte della loro crescita, e non mi stupisco che oggi, le ruote tubeless spopolino tra i motociclisti ahah! In Viaggio però non è così, e mi ci sono voluti più di 2 mesi per farmelo sbattere in faccia dallo stesso progetto che io ho scelto di intraprendere.

È impossibile pensare di portarsi dietro tutte queste sicurezze di cui sopra, o meglio, andarle a cercare giorno dopo giorno, e se siete intenzionati a viaggiare in solitaria e non in Europa, allora queste sono cose su cui vi consiglio vivamente di lavorare se non lo avete già fatto. In Viaggio ormai ho raggiunto un punto in cui non so dove sarò il giorno seguente, che lingua parlerò, se parlerò con qualcuno o sarà un giorno solitario, se mangerò qualcosa di buono o se proprio non mangerò qualcosa, se la mia moto si guasterà, se avrò un posto dove dormire o se dovrò dormire per strada con la mia tenda. Pensateci un attimo, se domani partendo dalla vostra vita quotidiana, veniste sbalzati in una situazione simile, nessuna certezza, nessun piano, nessuna apparente sicurezza, cosa fareste? Questa è la realtà con cui, in un lungo viaggio avventura in solitaria, dovrete convivere per l’80% dei giorni.
Da queste circostanze ci sono due strade possibili, cercare di controllare tutto o cercare di non controllare niente e “lasciare che la strada crei, per te ,tutto quello di cui hai bisogno”… forse bucherai davvero in Pakistan e racconterai di aver stallonato una gomma con la punta di un kalashnikov, forse ti fermi lungo la strada in Iran e 4 signori si fermeranno a chiederti se hai voglia di dormire e mangiare a casa loro, forse non troverai nessuno e ti toccherà aprire la tenda, cucinare qualcosa di buono, guardare le stelle e andare a dormire o forse deciderai di controllare a situazione e così precluderti, forse, qualche intoppo “costruttivo”. La felicità di sapere che ogni giorno tutto può accadere non prenotando hotel o simili, ristoranti, hangout e via dicendo (primo semplice livello di “non controllo”), mi rende costantemente euforico, e se la pompa di benzina mi abbandona in Myanmar e mi tocca smontare il serbatoio, conoscere gente fantastica, mettere la moto per la prima volta su un camion, imparare come si fa, guardare il tramonto insieme ad un altro grande viaggiatore, seduti sul retro del pickup, con la mia moto battuta dal sole del Myanmar, bevendo una birra (calda, ma va bene), non posso che prendere tutto col sorriso, conscio che qualcosa di buono sta per arrivare… imparerò a cambiare una pompa benzina, migliorerò le mie doti di problem solving, le mie doti di contrattazione per avere un prezzo onesto per il trasporto moto, e testerò ancora una volta i miei nervi per quando dovranno affrontare un problema ancora più grosso… non ci crederete ma alcuni dei motoviaggiatori con cui ho percorso il Myanmar hanno ammesso di essere un pochino invidiosi del mio stile, e che grazie a me hanno conosciuto una nuova faccia del viaggio avventura che non avevano mai preso in considerazione, quella del “no plans is the best plan”.
Quando mi parlavano di come loro preferiscano avere soldi per avere certezze, sicurezze e nessun Problema, non ho potuto non ragionare sul come i soldi in un viaggio del genere per alcuni rappresentino quello che di più importante dovremmo, invece, avere dentro di noi , la consapevolezza e la sicurezza in noi stessi, il sapere di potercela fare non perché hai soldi, ma perché sai come parlare alla gente, come convincere e farti capire, come farti aiutare in amicizia e come aggirare il venditore disonesto, troppo facile far ricadere tutte le fatiche e responsabilità sul denaro mentre dall’altra parte il cervello si spegne.
È così che sono arrivato a montare per esempio gomme di seconda mano trovate gratis in India, o comunque nuove ma molto più economiche (ma con gli stessi range e codici di sicurezza),di quelle che posso trovare in service bmw o yamaha, ma non perché non me le possa permettere ma semplicemente perché non mi interessa spendere 450 euro per una coppia di gomme importate (prezzo di 130 euro in italia ),solo perché il mio cervello vede il simbolo BMW o Yamaha e pensa di essere tranquillo e salvo da problemi, che riguarderanno la ricerca delle stesse (che richiede il cervello attenzione), il montarsele da soli(anche qui serve),lo sporcarsi le mani, il conoscere nuovi meccanici, nuovi contatti, spesso anche nuovi trucchetti di meccanica, nuovi scorci di una città che altrimenti non si vedrebbero mai (i distretti delle gomme e dei meccanici in india sono un putiferio di magia per me..bellissimi ahah)…e pensate un po’, tutto questo è più economico, soddisfacente, avventuroso, e pieno di cose da imparare che invece il lasciare la moto al costosissimo e triste service e andarsene in hotel. Su istagram pubblicai le storie di me alla ricerca delle gomme in Iran e India, dove nel primo acquistai prima una ruota da motocross che non andava bene, poi la cambiai con una buona ma che scoprii poi che era stata prodotta nel 2008 quindi ne presi un’altra a Shiraz per 20 euro, ho conosciuto credo 7 milioni di persone in tutti questi giri e per di più quella gomma (che potete vedere nei video sulla pagina facebook taste the world), si è fatta tutto il Pakistan, e tutto il Ladakh con passi fino a 5600 metri e sterrati difficilissimi.

Non dico che non mi ha causato problemi, anzi, la ricerca delle gomme per esempio è spesso snervante, in città calde in giro per la città si suda, si sta nel traffico e quant altro, rompere un tubo freno sulle montagne a Darjeeling perché un meccanico poco vispo e un proprietario, me, ancora meno, non avevano rimesso la pinza freno in posizione, può essere demotivante e rappresentare un bell’ostacolo se non si è mai operata una riparazione on the road ma solo nei service, ma anche qui ho avuto una bellissima esperienza, ho prolungato il soggiorno col il simpatico ragazzo che mi ospitava in città, ho trovato un ottimo meccanico tra le montagne con un tubo freno che faceva al caso mio, un altro ragazzo, appassionatosi al mio viaggio, mi ha offerto dei ravioli al vapore e del te caldo e ho imparato a cambiare un tubo freno e spurgare la pompa freno (si non l ho mai saputo fare per i primi 8 mesi di viaggio).
Con le storie dei problemi avuti ci farò un libro quindi non vi spoilero molto ma ce ne sono stati tantissimi, e solo nei primi due mesi di viaggio essi hanno rappresentato qualcosa da temere; per farvi una breve lista posso citare:
visto pakistano scaduto e entrata negata nel paese, “grosso problema” che mi ha fatto però vivere una delle più belle esperienze dell’intero viaggio, ospite per 10 giorni dal mio amico Hamid a Zahedan, con annesso il ritrono a Tehran per rifare un nuovo visto, dove ho rincontrato amici e anche un piccolo amore che mi ero lasciato alle spalle. Quando sono tornato a Zahedan ho trovato anche 4 motociclisti turchi con cui condividere la scorta e il bellissimo Pakistan. -stelo forcella sinistro rigato in montenegro, e conseguente sosta a Podgorica per 5 giorni, ospite dal meccanico Todorovik, uno dei migliori meccanici che abbai mai avuto l’onore di vedere all’opera. -cuscinetti anteriori rotti in iran -steli forcelle piegati a Jaipur, ho deciso dunque di rimanere di più nel progetto di volontariato, concluderlo e poi aggiustarle con una pressa invece che spedirle dall’Italia. Sono rimasto anche di più con una bellissima ragazza conosciuta in città.
frizione bruciata a jaipur con annesso visto indiano che scadeva 3 giorni dopo, ho avuto la possibilità di volare a Kathmandu, dove il mio amico Agostino, che stava venendo casualmente nella capitale nepalese per una vacanza, mi ha portato i pezzi di ricambio, abbiamo stretto amicizia e abbiamo entrambi avuto l onore di conoscere Mario Iorio del progetto Faoverland. Ho inoltre conosciuto due dei migliori amici del mio viaggio, Sadanand e Maty con i quali abbiamo continuato a viaggiare anche in India qualche settimana dopo.
tubo freno a darjeeling
Pompa benzina in Myanmar
radiatore forato in Myanmar
-ecc ecc ecc
Ma allora dopo tutta questa digressione..perchè ho imparato ad amare i problemi? Vi lascio rispondere da Ted Simon, con un estratto da “i viaggi di Jupiter”:
“In ogni modo, ero contento poichè finalmente succedeva qualcosa e anche perché avevo stabilito un contatto con qualcuno. In quel momento desideravo soltanto risolvere al più presto il mio problema e poter ripartire in fretta. Dovevo prendere una nave da Città del Capo, e per me il viaggio e la percorrenza continuavano ad essere le cose più importanti. Quando accadeva durante il viaggio, le persone che conoscevo, tutto ciò era puramente accidentale. Ancora non avevo capito che proprio le interruzioni erano il Viaggio.”

Testo di: Carlo Di Todaro

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