Royal Ladakh Raid

Ladakh da Delhi a Leh: la “metamorfosi” di un paesaggio

Per gli amanti dei viaggi in moto, il Ladakh è uno di quei paesi assolutamente da mettere nella lista dei desideri, e per me stava proprio lì, in cima alla lista in attesa di essere realizzato.
Ero quasi rassegnata al fatto che questo sogno dovesse ancora attendere, quando a pochi giorni dalla partenza il gruppo non aveva raggiunto la quota minima di partecipanti richiesta. Poi, come gli ultimi fuochi d’artificio, spuntano Mauro, Lele e Stefano a dare il via alla macchina organizzativa. In questo Avventure nel Mondo è sicuramente la numero uno. A poco più di una settimana dalla partenza abbiamo voli, itinerario e 7 Royal Enfield già pronte ad aspettarci a Delhi. Noi non dobbiamo far altro che preparare i bagagli e partire.

LADAKH: TOCCATA E FUGA A DELHI

Arrivati a Delhi nelle primissime ore del mattino, abbiamo subito da confrontarci con una realtà totalmente differente dalla nostra. Disbrigate le prime pratiche e cambio valuta, carichiamo i bagagli pesanti nell’auto di appoggio, assegniamo le moto in modalità sorteggio e siamo pronti a partire. Il gran caldo umido già così presto, il traffico di Delhi, le mucche in mezzo alla strada… La domanda sorge spontanea: “oddio ma non potevamo arrivarci in volo a Leh?”. Ma a questa domanda vi risponderò più avanti. Il meccanico è in moto con me che faccio da chiudi fila, almeno finché non usciamo dal caos del centro. Così oltre cercare di sopravvivere io stessa, devo cercare di non eliminare il nostro prezioso meccanico subito ad inizio viaggio. Manoj è una piuma, nemmeno si avverte quando sale in sella. Lo stesso non posso dire dei 200kg della Himalayan, anche se ci prenderò velocemente la mano. 

Riuscire a non perderci e uscire dal centro più o meno tutti uniti è stata la prima grande sfida, direi egregiamente superata, ma non facciamo in tempo ad esultare che il Karma subito ci punisce con la prima foratura del viaggio, a nemmeno 46 km dei oltre 2000 previsti. Promette bene.

Funziona così: abbiamo sette moto e solo due gomme già pronte e gonfiate montate su un cerchio di scorta. Una anteriore e una posteriore. In caso di foratura il meccanico velocemente sostituisce la ruota completa e si riparte. Poi la gomma forata viene portata a riparare e diventa la nuova ruota di scorta. Cosa succederebbe in caso di doppia foratura non lo so, e fortunatamente è stata una casistica che non ho dovuto verificare di persona.

A coronare questa prima giornata di affaccio in India non ci facciamo mancare un bel quaranta minuti buoni di monsone in arrivo a Chandigarh. Le strade si allagano velocemente e il pericolo è di non vedere le buche che a volte si trovano a bordo strada. Procediamo a passo d’uomo incolonnati alla lunga fila di auto, sotto questa copiosa cascata di pioggia calda. Arriviamo in hotel fradici fino al midollo. Dentro agli stivali ho almeno un dito di acqua. Non male considerando che è il mio unico stivale e che mi accompagnerà per altri 12 giorni di tour.

Cotti a puntino da questa intensa prima giornata andiamo a cena presto e poi dritti a dormire per recuperare energie.

LADAKH: LA METAMORFOSI” INIZIA

290 km è la distanza da coprire oggi per il trasferimento da Chandigarh a Manali. Il meteo prometteva di metterci presto di nuovo sotto pioggia battente, ma al momento della partenza splende un bel sole e noi incrociamo le dita che così si mantenga. In compenso io parto con le buste della spazzatura ai piedi, a far da isolante tra calzino e stivale zuppo. Ancora le strade trafficate la fanno da padrone per i primi chilometri, e quella domanda sul trasferimento in aereo torna a fare capolino. Non è facile non perdersi di vista in mezzo alle tante auto, ma fortunatamente ci ritroviamo sempre.
Finalmente abbandoniamo l’autostrada e, seppur in una strada sempre a grande scorrimento a due corsie per senso di marcia, il traffico si riduce e i paesaggi iniziano a cambiare. Iniziamo anche a salire leggermente di quota. Dai circa 300 mt di altitudine di partenza arriveremo ai 1900 mt di Manali, con un balzo in giornata di 1600 mt. Tante le gallerie che attraversiamo in questo primo tratto a due corsie, e tanti anche i cantieri di lavori stradali. Ma nessun blocco o rallentamento, se mai qualche tratto più polveroso.

Abbandonato anche questo ultimo tratto di strada a scorrimento veloce, inizia la parte più godereccia di giornata. Ora dobbiamo prestare attenzione anche ai mezzi che procedono in senso opposto, ricordarci che si guida a sinistra e prestare attenzione ai camion che tagliano le curve cieche.

I panorami che ci circondano diventano decisamente più belli, di un verde rigoglioso, con piccole cittadine che sorgono qua e là arroccate nelle colline. La pioggia torna a farci visita negli ultimissimi chilometri di giornata. Ma è una pioggia lieve, dopo il monsone di ieri questa ci fa il solletico. Giusto il tempo di sistemarsi in hotel e ci tuffiamo subito nel dedalo di stradine di Manali. Ci viene da chiamarla la Cortina dell’India anche se non ha nulla in comune, ma è questa la sensazione che ci hanno suscitato le molte luci delle attività commerciali disseminate nel centro di questa cittadina di montagna.
Giriamo curiosi tra le varie bancarelle di oggetti di artigianato, verdure, abbigliamento, street food. Come non provare subito l’assaggio dei Momo, una sorta di raviolo ripieno di pollo o verdure gustosissimo. Torniamo in hotel per la cena e andiamo subito a dormire, belli stufati come i momo assaggiati in centro.

LADAKH: SI SALE IN QUOTA

Fino alle prime ore della mattina è scesa una pioggia copiosa, i miei stivali non si sono ancora asciugati del tutto e mi impensierisce l’idea di farmi oltre 170 chilometri sotto la pioggia. Prima di partire facciamo un rapido passaggio per vedere se sono aperte le farmacie e valutare l’acquisto di una bombola di ossigeno in caso di necessità in quota. Niente da fare, sono ancora tutte quante chiuse. Il centro, ieri vivo e popolato, stamani è deserto e dormiente. Partiamo fiduciosi, in caso di necessità dicono che il campeggio è fornito di ossigeno, anche se ad un costo più elevato. Ma con il mal di montagna (e io ne so qualcosa) nessun costo è alto se si ha bisogno di ossigeno in emergenza.
Proprio in base alla mia esperienza pregressa con il mal di montagna in Bolivia, ho già iniziato ieri l’assunzione del Diamox per cui, fiato corto a parte, non dovrei avere ulteriori disagi.

Nonostante il cielo sia grigio plumbeo non piove, e anzi il paesaggio assume un’atmosfera mistica di una bellezza particolare. Prima di lasciare Manali facciamo il pieno alle moto e alle due taniche da 20 litri, poiché non incontreremo più rifornimenti fino ad arrivare a ridosso di Leh e l’autonomia, nonostante il consumo irrisorio delle Royal Enfield, non è sufficiente a coprire l’intera distanza. La strada inizia ad inerpicarsi e in poco meno di 30 chilometri siamo già oltre i 3000 metri di altitudine. Da qui in avanti non scenderemo più sotto questa soglia.

Il lungo Atal tunnel (9,2 km di lunghezza) inaugurato ad ottobre 2020, si sostituisce al famoso e famigerato Rohtang Pass, che con le abbondanti piogge cadute nella notte, oggi probabilmente ci si sarebbe presentato come un inferno di fango, come ho scorto dal racconto di viaggio del mio amico Federico. Grazie al tunnel invece il passaggio è agevole e arriviamo a Jispa in tempo per il pranzo e per ripararci anche dalla pioggia. Quando ripartiamo fortunatamente la pioggia è cessata e attacchiamo un lungo zig-zag che ci porta a salire al primo passo del viaggio, il Baralacha La, che con i suoi 4850 metri ci lascia letteralmente senza fiato, in tutti i sensi.
A causa del vento freddo ci fermiamo giusto il tempo di scattare qualche foto e poi riprendiamo la marcia per l’ultima manciata di chilometri che ci separa da Sarchu. Siamo ormai fuori copertura telefonica delle sim indiane e così rimarrà finché non ne acquisteremo di nuove in Ladakh.

Siamo passati dal paesaggio verde e rigoglioso di Manali alle montagne brulle, con un paesaggio che ricorda le lande desolate a confine tra Bolivia e Cile. Anche solo per questa trasformazione e varietà di paesaggio, oltre che alla piacevole visita a Manali, adesso sono in grado di rispondere alla domanda che mi facevo ad inizio viaggio: “oddio ma non potevamo arrivarci in volo a Leh?” Meglio di no, ci saremmo persi davvero molto!

Il sole ci ha accolto al nostro campo tendato a Sarchu. Giusto il tempo di sistemare i bagagli nelle nostre tende allestite con tanto di letti normali e “bagno”, e siamo pronti a radunarci per quattro chiacchiere nella tenda comune per un tè. Qui tutti insieme guardiamo l’itinerario di viaggio che ho tracciato sulla cartina e parliamo delle specifiche del programma per le prossime tappe. Il buffet della cena è pronto, ci godiamo un buon piatto di riso caldo, poi ancora un black tea che non guasta mai e andiamo a dormire. Siamo a 4294 mt e qualcuno accusa un po’ la quota, ma fortunatamente nessuno in maniera che desti preoccupazione. La notte in quota è un momento delicato e solo domani mattina scopriremo se saremo tutti in buone condizioni. 

LADAKH: ROAD TO LEH

La quota non ha mietuto vittime! Con il primo sole della mattina e il cielo completamente sgombro di nuvole il paesaggio tutto intorno è ancora più bello. Mi guardo intorno mentre guido al ritmo lento della Royal Enfield, penso a quanto ho desiderato questo viaggio, penso che finalmente sono veramente qui e che tra poche ore raggiungeremo il Ladakh. Sono proprio qui che guido la moto in un paesaggio meraviglioso… è così bello da non sembrare reale e mi prende un groppo di commozione che mi fa bagnare di lacrime di gioia la spugna della maschera. Almeno casco e maschera fanno in modo che nessuno si accorga di questo momento emozionale.

Uno stretto e lungo zig-zag ci porta al primo dei tre passi di giornata Nakee La a 4925 mt. Finalmente un po’ di sterrate sotto le nostre ruote, ora si che il sorriso si allarga a riempire il casco. La strada scende e poi risale di quota, portandoci a toccare il nostro primo cinquemila con i 5070 mt del Lachung La. Dopo circa due ore, poco prima del nostro ultimo passo di giornata decidiamo di fermarci per pranzare. Mancano ancora 130 km a Leh, troppi da fare un’unica tirata senza sosta. Nonostante ciò Lollo e Carlo se la sentono e decidono di proseguire no stop.

In cinque ci accomodiamo in uno dei punti ristoro che sembra portarci indietro nel tempo di non so quanti anni. Una botteghina sgangherata, con una signora gentilissima che credo non veda poi così tante persone fermarsi. Mentre ordiniamo arriva anche l’auto di appoggio con il nostro meccanico Manoj che subito si prodiga a fare il pieno alle moto. Mi chiede dei due “fuggitivi” e gli dico che sono andati avanti da soli. Mi risponde sorridendo “loro non avranno fame, ma le loro moto si!” Indicando le due taniche di benzina. Chissà se li troveremo fermi lungo la strada o riusciranno a raggiungere la destinazione.

Noi pranziamo con calma e poi ci rimettiamo in sella per “aggredire” l’ultimo passo, il più alto: Tanglang La 5329 mt! Ci fermiamo per una foto di rito prima di iniziare la lunga discesa verso Leh. Una bellissima serpentina a guardarla dall’alto, che verso la fine attraversa montagne rosse ed altre ocra che rapiscono lo sguardo per la bellezza. Arrivati a Leh devo dire che non mi mancava per niente il caos di città, specialmente dopo due giorni nella pace assoluta della natura. Raggiungiamo l’hotel seguendo la nostra auto di appoggio e subito vedo Carlo. Oh sono arrivati, penso sollevata.. e invece no! All’appello manca Lollo. E mò come lo ritroviamo?! L’espressione è tipo quella nel film “Mamma ho perso l’aereo”, solo che invece che Kevin esclamo Lollo!
Mi aggancio alla wi-fi dell’hotel e provo a contattarlo direttamente, ma non è raggiungibile. Mi organizzo per uscire a cercarlo, ma un ragazzo del luogo si offre di andare al posto mio, conoscendo bene la città. Giacca Rossa, casco con adesivi blu e targa della moto sono l’identikit fornito. In nemmeno dieci minuti la questione è risolta ma, vuoi anche per la preoccupazione che mi sono presa, a cena una ramanzina non la riesco a risparmiare: Si va in gruppo!

LADAKH: VISITA A LEH

In questo quinto giorno di viaggio, lasciamo per un giorno in pace le nostre Royal Enfield e ci dedichiamo alla visita dei principali  monasteri nei dintorni di Leh.
Niente abbigliamento moto, stivali, casco.. Solo un piccolo van con autista che ci porta come “normali” turisti ai siti prescelti per la giornata e tanta voglia di scoperta.
Dopo la lunga tappa di ieri una giornata come questa è una boccata di ossigeno (che a 3500mt non guasta). Shanti Stupa, Spituk Monastery, Hemis Monastery e Thiksey Monastery. Questi i luoghi che abbiamo scelto per la nostra giornata di visita, in un crescendo di bellezza e interesse. Luoghi mistici e meravigliosi, che offrono stupende vedute sulla valle di Leh e sul paesaggio circostante. Dalla sabbia alle altissime vette innevate.
Quando a fine giornata ho detto ai ragazzi “domani torniamo in moto!” mi hanno risposto in coro basta moto, ma lo so che scherzano e non vedono l’ora di tornare in sella! 

L’avventura continua…….

Da un viaggio con Avventure nel Mondo: Coord. Elisa Gallorini

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