I want to finish 2018 back to the root

NON SI FA PIU’!
Non ne avevamo più voglia. Punto. O almeno era quello che ci dicevamo.
D’altronde, dopo avere inanellato 5 edizioni, l’ultima sempre più appagante della precedente, cosa potevamo concepire di nuovo?
5 anni di torrenti e rogge guadati, o percorsi in lungo, sul greto in secca od in piena; tunnel e ponti, gradoni e salti, e poi ancora mulattiere e sentieri di montagna, impossibili a salire e pericolosi a scendere; ed ancora il gelo, la neve, la pioggia battente, il nero della notte invernale; la prova speciale cross nella cava, la gimcana alla partenza; i ristori volanti con minestrone e tè caldo, il “kit survival” della domenica, la torta con logo IWTF; e le moto 2 tempi e 4 tempi, vecchie dual raffreddate ad aria, racing ultima stagione, moto vintage, moto d’epoca, bicilindriche; ruote bucate a iosa, radiatori fumiganti, plastiche rotte e leve spezzate; ma al di là di  tutto questo sono state le persone a rendere uniche ed irripetibili queste 5 edizioni:  quelle che sono venute una volta e quelle che non mancano mai, i ragazzini dal gas spalancato, i senior, i crossisti ed i regolaristi, i rallysti ed i turisti.  
Vicissitudini personali ci hanno impedito di organizzarla nel 2016, non si poteva proprio, non importa, l’appuntamento era stato dato al 2017 … ma il tempo scorreva inesorabile, qualche idea c’era, ma la IWTF non maturava: che fosse arrivata al termine anche questa epopea?

SI FA!
E invece no! Il sottoscritto aveva già in canna, bello e pronto, il giro; il 2015 era stata l’edizione “Over 300 Libbre”, un fuoristrada più leggero per facilitare la partecipazione di moto dual sport come XT, TT, XR, XL ecc.; nelle mie intenzioni la prossima IWTF avrebbe dovuto essere un Back to the Root, un ritorno alle origini, un giro di vero enduro per piloti preparati a tutto.
Annunci sui social, foto delle passate edizioni, e così la 6° edizione della IWTF muove i suoi primi passi. Io riprendo in mano tracce, mappe e percorsi. Ogni IWTF deve avere un punto cruciale, un unicum che la renda unica e diversa dalle sue sorelle precedenti.
Il Faga va avanti per la sua strada, iscrizioni, quote, trattative con l’albergo, si spende con tutte le sue energie e con la sua faccia tosta a portare le moto in centro a Thiene per una partenza ufficiale.

THIENE GLAMOUR CARPET
Ed eccoci al presente, 14 gennaio 2018, tutti pronti a partire da Area Moto Zanè.
Il morale è alto, facezie e battute a iosa, più o meno ci si conosce tutti: 23 moto, 20 racing, in prevalenza KTM a 2T, 2  Honda XR ed un DRZ.
Uno alla volta si parte sotto al gazebo, diligentemente incolonnato alle mie terga il gruppo attraversa le prime sterrate campagnole ma, se sono sufficienti a portare in temperatura di esercizio i motori, non sono di certo bastanti a scaldare muscoli e testa degli enduristi … ma a quello ci penserà la prima roggia. Oltre 2 km di pietre grosse e viscide, il cui unico scopo nel creato è disarcionare l’incauto endurista che vi si avventuri sopra! È il più affascinate tratto di Urban Enduro, coi sui ponti, le briglie, i 2 lunghi tunnel da percorrere sdraiati sul serbatoio della moto.
L’alto livello dei partecipanti ha fatto si che percorressero al galoppo la prova speciale e rapidamente ci spostiamo verso il Red Carpet in centro. Anche qui fila tutto liscio e veloce: motori spenti, moto a spinta, punzonatura al gazebo, moto allineate e coperte sul tappeto rosso, fra la curiosità dei primi passanti allo struscio del sabato mattina. L’assessore ci aspettava, ma la sorpresa è il passaggio del sindaco; battute di rito, glissando sulle moto già sporche di terra ed ornate da simpatici ciuffi di sterpaglia raccolta nel torrente!

ED ORA SI FA SUL SERIO
 Un veloce trasferimento fra i paesi dell’alto vicentino e ci tuffiamo dentro un altro torrente; anche questo è sempre in secca, il greto è formato da sassi di dimensioni medio piccole, raggiungendo una adeguata velocità di galleggiamento la moto corre veloce quasi fosse una normale sterrata, ma occorre tenere i radar ben allertati, un pietrone più grosso di altri, un blocco di cemento scaricato abusivamente od un albero crollato sull’alveo possono rivelarsi ostacoli micidiali.
La discesa del Rio confluisce dentro il fiume: spettacolare il colpo d’occhio di quando, dopo km e km in un angusto tunnel fatto di ghiaia, ripide sponde erbose e volta di invernali alberi spogli, si sfocia in un immenso deserto di ciottoli. Qui ognuno fa la sua traiettoria, guadando i rivoli del torrente che faticosamente avanza tra le pietre, attraversando le isole ciottolose formate dal dividersi della corrente, saltando od inerpicandosi sui dislivelli creati dalla furia delle piene.
Per la gioia dei partecipanti arriva anche la fine della pianura, delle rogge e dei fossi, si passa al terreno naturale per l’enduro, colline e montagne con le loro mulattiere e sentieri. I primi km nel bosco ci vedono impegnati su terreni soffici e teneri, tanto fango e tanta terra, stretti sentieri fangosi dove la trazione è incerta, e le zampate salvatrici da rovinose sbandate e potenziali cadute non si contano. Purtroppo il gruppo si spezza, e perdiamo del tempo a ricompattarci. Tattici tagli di percorso ci fanno recuperare tempo ed in perfetto orario arriviamo alla trattoria del Passo Zovo, dove ci attende un giro di panini caldi, birra e torta della nonna. Nemmeno da dire che il gruppo come non si tira indietro col gas, così anche non è da meno col boccale!

THE ROLLING STONES
Il sole, ancor prima di eclissarsi dietro il sipario delle Piccole Dolomiti, si appanna nascosto da una velatura di nubi; in questa atmosfera squisitamente e gelidamente invernale ci avviamo verso i Rolling Stones; come dice il proverbio, in discesa rotolano anche i sassi, ed a maggior ragione anche le moto. Il primo è un sentiero che entra direttamente nel letto di un ruscello, neri sassi lavici ben oliati dalla fresca acqua surgiva; aderenza zero, con le ruote che scartano su ogni sasso e l’acido lattico che pompa nei bicipiti sotto sforzo.
Dal fondovalle si risale sul crinale per facili sterrate ma presto è tempo di scendere di nuovo; attraversiamo una grande cava abbandonata, un enorme sfregio piantato come un cancro marcio al centro della valle; un paesaggio certamente degradato, ma che non può non attrarre lo spirito avventuroso e libero di un endurista.
Ci si cala lungo uno scivolo ghiaioso in contro pendenza, classica via senza ritorno; pochi metri sul fondo della valletta e bisogna superare una serie di gradoni in salita; oltrepassato il culmine dei gradoni, il sentiero discende uno scoglio roccioso con una manciata di tornanti strettissimi ed oltremodo inclinati.
Lentamente, a motore spento, qualcuno ponendo la moto al fianco, tutto il gruppo supera il cimento.

ENDURO AL BUIO
Siamo quasi all’imbrunire, ed è tempo di volgere le ruote verso Posina, a 2 vallate di distanza, correndo veloci su mulattiere e sentieri. Tutto sembra andare liscio come l’olio … ed è proprio in quel frangente che ricomincia la sarabanda! Il sentiero che stiamo percorrendo, nel punto in cui attraversa un impluvio vallivo, si riduce ad una esile traccia dell’ampiezza, scarsa, di una ruota, perdipiù su fondo fangoso e cedevole. Non si contano le moto che scivolano o con l’anteriore o col posteriore verso il ruscello, nel buio più assoluto; ogni tanto si vedono luci sciabolare nella notte, e motori accendersi e poi spegnersi.
Allorché scolliniamo in Valposina, sul versante nord, l’ulteriore sorpresa, la mulattiera ha un sottile strato di neve; sotto c’è un micidiale strato di ghiaccio, e le moto accelerano la propria corsa a velocità folli. Un giusto mix di abilità e culo permette a tutti di superare indenni il periglio, è fatta!
Invece no! L’ultimo, facile, pianeggiante sentiero che dovrebbe portare in paese, è ingombro di enormi alberi schiantati a terra; è il momento di lavorare di seghetto, ma qui gli alberi sono decisamente tanti e, mentre alla luce delle pile frontali, sgobbiamo per liberare un passaggio sicuro, molti tentano la sorte aggirando i tronchi buttandosi a monte o a valle: un girone dantesco di moto che vagano impazzite nel bosco, fra radiatori che fumano ed effluvi di frizioni bruciate.
Ma questa è veramente l’ultima fatica: alfine una contrada, una strada bianca, gran parata sul lungolago di Posina e siamo alla locanda.
Cena degna di un matrimonio, quella all’Alpino,  con annessa premiazione goliardica dei partecipanti, che si protrae fino a mezzanotte, in un profluvio di frizzi, lazzi, boutade e storie; da uscirne ubriachi, anche senza aver bevuto l’ottimo vinello della casa.

EASY LIKE SUNDAY MORNIG
Dura alzarsi dopo una giornata così intensa come la prima della IWTF, ma il dovere chiama, abbiamo un altro giorno di enduro da vivere! Ogni volta diciamo che la domenica sarà facile, un giretto tranquillo per tornare a casa; e ci crediamo veramente, ma l’enduro è il regno dell’imprevisto, per cui sempre succede qualcosa di speciale … e va ben così, è IWTF.
I primi km sono effettivamente scorrevoli, ed il gruppo procede spedito fra boschi, contrade disabitate, campi abbandonati alla fredda morsa dell’inverno. Terreno potenzialmente pesante e fangoso, ma il gelo lo tiene compattato, per cui godiamo di ottima trazione e distillato di puro piacere di guida.
Risaliamo la valle in direzione dell’Ossario del Pasubio,  la torre sacello che, dalla sommità del Colle Bellavista, domina tutta la pianura vicentina; nella sua cripta, oltre 5.000 salme di soldati; nel parco attiguo, cannoni e proiettili rendono l’omaggio delle armi caduti delle Grande Guerra.
Siamo in prossimità dell’Ossario quand’ecco palesarsi l’intoppo: un cumulo di neve, alto un paio di metri, ci impedisce di raggiungere il rifugio. I più decisi tentano lo scavallamento dell’ostacolo nevoso, prendendo la rincorsa sulla sterrata innevata; la montagnetta però è quasi verticale, per superarla occorre arrivarci con elevata velocità e, quando la si tocca, chiudere il gas e salire di inerzia. Accelerarci sopra non ha senso, la neve cede subito e la moto sprofonda in un solco verticale. 2-3, coraggiosi e capaci, riescono a saltare di la, ma poi si formano sempre più buchi e solchi dove le moto si piantano inesorabilmente.
 Nel frattempo il gestore del bar viene a controllare che sta succedendo …  gli ordiniamo 2 pale da neve seduta stante, e poi un giro di brulé e cioccolate per quando saremo fuori da lì e dentro il suo locale!
Sono gli ultimi fuochi di artificio della IWTF 2018; dopo esserci rinfrancati col brulé affrontiamo gli ultimi km nei boschi della alta Valleogra, fino alla baita di Rino, che sta infornando per noi un giro pizze da 30 portate.
Alfine, satolli di pizze, torte della nonna e liquori alle erbe, è giunto il momento del “rompete le righe”; chi ha bagagli e mezzi appoggio da Area Moto scende a Zanè, chi è autonomo, si stacca dal gruppo strada facendo.
IWTF 2018 l’ennesimo successo: e pensare che non la volevamo fare!

Testo: Alves
Foto: IWTF

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