Kraken Truffen: L’autunno del tassello tra faggete ed aceto balsamico

Nel week-end di metà Ottobre siamo stati alla seconda edizione del KRAKEN TREFFEN l’evento che ormai da due anni chiude il calendario adventouring FMI e con un nome così la prima domanda che abbiamo fatto al motoclub è stata sul signifcato del termine.
Il Kraken è un mostro a due teste e da qui il parallelismo per i bicilindrici perché, come ci dicono, non è una cavalcata, non serve andar forte, è un evento di turismo d’avventura quindi strade e paesi nascosti da visitare con moto paciose e non da fettucciato.

Attenzione però… perché gli organizzatori sono i fratelli Ravazzini, gente che il fuoristrada lo ha nel sangue, Emanuele su tutti lo conosciamo per le sue partecipazioni alla Dakar in moto, in camion o come team manager, insomma gente che se parla di fuoristrada (anche se da bicilindrico) non intende certo noiose strade bianche da fare anche con le gomme lisce… e questo abbiamo avuto modo di scoprirlo soprattutto la domenica.
L’appuntamento è per il pranzo di sabato nella corte del castello di Castellarano vicino Sassuolo, e dopo le pratiche di iscrizione, qualche foto di rito e un breve briefing, il motoclub ha cercato in tutti i modi di attentare al nostro colesterolo offrendoci un pranzo emiliano a base di gnocco fritto, grana, friccioli che andavan via come patatine, affettati e sbrisolona.
Partiamo così già belli zavorrati e, seguendo la via indicata da GPS, saliamo lungo i pendii cretosi di quest’area caratterizzata da infiniti ed affascinanti calanchi. Fortunatamente non ha piovuto ed il fondo è duro e piacevole, in caso di pioggia erano comunque pronti bypass provvidenziali perché andare con un bicilindrico sull’argilla bagnata è qualcosa che dovrebbe essere vietato dalla corte dei diritti dell’uomo.
Tra un pezzettino più tecnico e lunghi tratti tra i campi ci allontaniamo dalla pianura ed iniziamo a salire prima in collina e poi in montagna.
La bussola punta verso Febbio terra nota tra gli enduristi per l’omonima cavalcata e per i suoi terreni.
Arriviamo al castello di Carpineti dove, a distanza di secoli, le malelingue ancora sostengono si tenessero gli incontri più o meno “piacevoli” tra Matilde di Canossa e papa Gregorio VII.  Veniamo accolti da donne in costume d’epoca che ci offrono un delizioso ristoro mentre ci godiamo la vista strepitosa su tutta la valle.
Procediamo verso l’ultima parte del percorso, l’ascesa al monte Orsaro è spettacolare una strada larga e semplice, “tornantosa”, tutta immersa nel bosco che in pieno autunno è infiammato di colori gialli, arancioni, rossi all’aumentare della quota fino ad arrivare al rifugio omonimo in cui passare la notte.
 La serata è trascorsa piacevolissima, gli eventi ultra partecipati hanno un fascino ma il divertimento sta in quelli più raccolti. Al KRAKEN quest’anno eravamo in 40 ed è un numero magico, nel giro di pochissimo ci si conosce tutti e la serata è trascorsa tra gli aneddoti di Emanuele Ravazzini che, come il migliore dei cabarettisti, ci ha parlato delle sue Dakar ed una lotteria gratuita ed ironica, in cui tutti hanno portato a casa un ricordo della manifestazione.
Dormire in un rifugio è fighissimo, la mattina sei già nel bosco e la sveglia te la suonano i sassi presenti fin dal primo giro di ruota.
Girovaghiamo per le montagne e tra i paesini sopra Febbio, passando per strade tutt’altro che semplici con le moto pesanti.
Un’infinità di mulattiere (percorse sempre in discesa vista la difficoltà) si alternavano all’asfalto ma nei tratti più guidati anche gli irriducibili del tassello hanno trovato pane per i loro denti e godersi i colori autunnali delle faggete d’alta quota non è stato sempre così semplice concentrati come eravamo nella guida.
Scendendo dalle montagne, per tornare a Castellarano, il tracciato dei Ravazzini bros, ha continuato ad essere mai banale costeggiando e attraversando greti di fiumi, dighe e ponti fino a condurci per pranzo in un’azienda agricola a nostra disposizione.
Carne alla brace e grana senza fine e per i più curiosi la visita alla acetaia della cascina.
Considerate che siamo in zona Modena-Reggio, l’aceto da queste parti è una fede e si capisce il perché quando si assaggia quello vero, non commerciale.

Entrare nell’acetaia è stato bellissimo, l’odore è travolgente ed i gusti disarmanti. Avremo assaggiato quindici tipi di aceto dai più aspri ai più fruttati, il Modenese o il Reggiano, con invecchiamento dagli otto ai 25 anni ed ognuno era sensibilmente diverso dall’altro, ma scegliere il migliore era davvero impossibile.
Fatto sta che dopo tanto degustare una bottiglia di aceto diciotto anni mi si è letteralmente incollata alle mani, e questa è la bellezza del turismo d’avventura, si lascia la fretta a casa, si vedono posti incredibili e ci si scontra con tradizioni ormai perdute.
Dopo il pranzo siamo tornati ai furgoni ed una volta salutati gli amici di sempre, abbiamo preso la strada di casa con il portabagagli pieno di parmigiano, aceto e di ricordi regalati da questa ultima giornata in moto.

Testo e foto: Dario Lupini

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