Toccare il cielo con un dito.
La seconda parte del viaggio in Ladakh è incentrata sulla scalata delle altissime montagne con quote che spesso superano i 5.000 mt, con scenari resi unici dalla secolare cultura Buddista. Una forma d’arte religiosa che trova la sua espressione in templi, monumenti e monasteri. Ma anche deserti bianchissimi e laghi color blu cobalto dove si specchiano le cime innevate. Paesaggi davvero incredibile che ti resteranno nel cuore per il resto della vita.
VERSO LAMAYURU
Si torna in moto! Dopo un meritato giorno di riposo e visite ai monasteri della valle di Leh, ci ritroviamo di nuovo in abiti da moto per iniziare un nuovo capitolo di viaggio, pronti a scoprire le meraviglie del Ladakh.
Subito di prima mattina il meccanico Manoj è all’opera per cercare di risolvere il problema di spegnimenti improvvisi della mia moto, controllando pompa benzina, cassa filtro e contatti. Rimontato il tutto siamo pronti a partire alla volta di Lamayuru. Percorreremo questa stessa strada in andata e ritorno, per cui decidiamo di dedicarci oggi al trasferimento godendoci il paesaggio e lasciare gli stop previsti ai monasteri alla giornata di domani lungo il tragitto di ritorno.
Facciamo solo una breve sosta al tempio Sikh Gurudwara Pathar Sahib, per poi affacciarci a Sangam point, una manciata di chilometri più avanti. Qui possiamo ammirare le acque del fiume Zanskar che si “scontrano” con quelle del fiume Indo. Due colori diversi che inizialmente lottano per rimanere divisi. Una linea quasi netta come se vi fosse uno spartiacque, per poi unirsi in un corso unico. A volte mi sento così anche io con i miei contrasti, ma non ho ancora capito se questi prima o poi si scioglieranno o rimarranno divisi in lotta come nella confluenza di Indo e Zanskar.
La moto ansima
Durante la pausa pranzo Manoj mette di nuovo mano alla mia moto che oggi non va nemmeno a spingerla. Da una velocità comfort di 70/80 km/h, siamo passati a una velocità di punta che sfiora appena i 70 km/h. Pare abbia addirittura meno fiato di me, che in quota ansimo come una stufa. Gli ultimi 20 chilometri che ci portano a Lamayuru sono una vera goduria di paesaggi. Le bellissime e particolari formazioni rocciose del Moonland non lasciano dubbio alcuno sulla motivazione del nome. Siamo sulla luna e ci siamo arrivati in moto. Concludiamo la giornata con la visita al monastero di Lamayuru, dove inerpicandoci fin sopra la collina, tra bandierine svolazzanti salutiamo l’ultimo raggio di sole.
LAMAYURU – LEH
Giro di boa dell’intero viaggio. Oggi faremo ritorno a Leh, fermandoci lungo il tragitto per la vista dei monasteri. Nonostante la strada sia la stessa di ieri, invertendo senso di marcia sembra tutto diverso, quasi più bello. La prima tappa è al monastero di Rizong e già il primo spettacolo è la strada per arrivarci, così incastonata tra le montagne. Se del monastero avevo avuto un’anticipazione attraverso le foto mentre decidevo l’itinerario, la strada è stata invece una sorpresa assoluta. Un monaco richiamato dal gong suonato da Carlo, anche un po’ troppo forte a dire il vero, sale ad aprirci le porte del monastero per la visita.
Oggi è particolarmente caldo e come provo ad impostare la mappa per portarci al Monastero di Alchi, il telefono va in protezione. Poco male penso, la strada è semplice e posso comunque farcela. Arrivati ad Alchi scatta tra i ragazzi la shopping mania tra le bancarelle che precedono l’accesso al monastero. Braccialetti, bandierine colorate, calamite, campane tibetane, di tutto e di più. Purtroppo al monastero, che è poi un complesso di monasteri più piccoli, non possiamo fare foto e video, per cui rimarrà solo scolpito nella nostra memoria. Dopo la visita, dato l’orario pensavamo di fermarci ad Alchi per il pranzo, ma decidiamo di tardare la sosta ristoro per completare la visita del monastero di Likir.
Mai scelta fu più azzeccata.
Una cerimonia Buddista
A parte la bellezza del paesaggio e del monastero, qui abbiamo avuto la fortuna di partecipare ad una cerimonia molto interessante, oltre che vedere da vicino un mandala di sabbia colorata che veniva tolto dalla teca per essere disfatto dopo la cerimonia. Purtroppo non possiamo fermarci fino a quel momento poiché dobbiamo fare ritorno a Leh per la riconsegna delle moto targate Delhi. Rientrati in città infatti, lasciamo i bagagli in hotel e portiamo le moto al deposito dove verranno impacchettate e caricate in un camion che le riporterà a Delhi. Il carburante rimasto viene recuperato per essere trasferito sulle nuove moto. Anche Manoj ci saluta e farà ritorno sul camion insieme alle moto.
Dopo tanti giorni dispiace salutarlo. Domani avremo sette “nuove” Royal Enfield Himalayan targate Ladakh e un nuovo meccanico a farci da Assistenza. Il nostro fedele Abu “the driver”, che ci accompagna e trasporta i nostri bagagli pesanti dal nostro arrivo a Leh, rimarrà invece con noi fino a fine viaggio.
MIGHTY KHARDUNG LA – 17982 FT
La mattina troviamo le nuove moto già nel cortile dell’hotel pronte ad aspettarci, e Il nuovo meccanico Dorjai si presenta sorridente nella hall. Facciamo il pieno alle moto e ci lasciamo Leh alle spalle, per non farci più ritorno fino alla fine del tour in moto. Oggi è prevalentemente una tappa di trasferimento, non abbiamo visite previste, ma una sosta importante si. Infatti per raggiungere la Nubra Valley dobbiamo salire fino al passo Khardung La, che fino a poco tempo fa deteneva il primato di passo carrozzabile più alto al mondo con i suoi dichiarati 5600 metri. Vuoi che il passo Umling La, da poco accessibile anche ai turisti, lo supera toccando i 5800 metri, vuoi perché misurando l’altimetria effettiva il passo Khardung segnala 5364 metri, il primato è definitivamente sgretolato, ma non di certo il suo fascino.
Che poi che ci frega a noi di cosa dice l’altimetro o la cartina. In alcuni siti lo dichiarano per 5600mt? E allora noi siamo stati a 5600mt! (Comodo no?)
Dopo il passo la strada è tutta in discesa. I panorami per tutto il giorno sono stati veramente stupendi: una verde vallata incastonata tra le montagne come uno smeraldo; ghiacciai; brulle montagne a perdita d’occhio.
Di nuovo una foratura
Dopo la sosta pranzo provo anche io l’ebrezza della foratura gomma posteriore. A dire il vero non era una cosa che smaniavo molto di provare, ma tant’è… in ripartenza dal piazzale del ristoro sento la moto che va da tutte le parti. Non ci sono grandi dubbi: bucato!
DorJai rapidamente cambia la ruota con quella di scorta, poi la mia verrà riparata. Due chiodi, nemmeno uno. Perché io quando faccio le cose le faccio per bene!
In arrivo a Diskit facciamo due passi fino al vicino bar, dove troviamo di nuovo due ragazzi indiani incontrati al passo Khardung La. Approfittiamo per fare due chiacchiere e conoscerci meglio. I due ragazzi sono in viaggio da soli in moto per tutta l’India, e con il loro viaggio raccolgono fondi per la lotta contro il cancro. È stato un piacevolissimo scambio quello con Hari e Trilok, un bel momento di chiacchiere e condivisione. Tornando in hotel per la cena mi fermo ad una botteghina a prendere dei pacchetti di biscotti per tutti. Domani mattina ci sveglieremo prestissimo per assistere alla cerimonia di preghiera detta “Puja”, che si tiene alle 7.00 al monastero di Diskit. Almeno avremo qualcosa per fermarci lo stomaco prima della colazione ufficiale di ritorno in hotel.
NUBRA VALLEY
La giornata di oggi è piuttosto rilassante. Non abbiamo grandi distanze da coprire e per lo meno non abbiamo nemmeno da impacchettare i bagagli, visto che per la notte saremo ancora di base a Diskit. Dopo aver partecipato prestissimo alla cerimonia al monastero facciamo ritorno in hotel per la colazione e poi ci prepariamo per il nostro tour della Nubra Valley. Come prima tappa ci fermiamo alle terme di Panamik. La piscina è piccolina ma alcuni dei ragazzi approfittano per un momento di relax, mentre io mi godo una tazza di tè sotto un pergolato. DorJai indica dal lato opposto della valle e mi dice: “vedi, là c’è il monastero di Ensa Gompa, è un monastero molto antico”. Io che lo avevo visto attraverso le storie della mia amica Martina, balzo sulla sedia e chiedo se possiamo inserirlo nel nostro itinerario di giornata.
Il monastero di Ensa Gompa
I ragazzi sono tutti d’accordo, tempo ne abbiamo e quindi richiesta accordata. La strada che sale è un dedalo di tornanti misto asfalto, asfalto rotto e sterrate. La vista della Nubra Valley da qui è uno spettacolo vero! I monasteri sono due piccolini, uno un po’ più moderno ed uno davvero antico. Ecco, ne abbiamo visti davvero molti in questo viaggio di monasteri, ma quest’ultimo è decisamente quello che ho preferito. Più isolato e meno turistico, mi è sembrato più autentico. Ripercorriamo a ritroso la serpentina di zig-zag che ci riporta sul fondo valle per andare a visitare l’ultimo punto di interesse di giornata. Prima però facciamo una rapida sosta per mettere qualcosa sotto ai denti.
L’orario del pranzo è ampiamente passato ma non abbiamo gran fame. Io condivido giusto un pacchetto di biscotti con uno dei tanti cani randagi nel villaggetto di Sumur. È molto educato, mi siede di fianco composto e attende il suo turno. Mezzo biscotto a me e mezzo a lui. Una volta finito scodinzolante se ne va soddisfatto.
Le dune di sabbia
Ripartiamo alla volta delle dune di Sumur. Chi mi conosce sa quanto io sia in fissa per i deserti, e al pensiero di mettere gli scarponi sulla sabbia inizio a saltellare come un canguro. A proposito di fauna, qui troviamo anche dei cammelli. Tutto mi aspettavo, meno che trovare cammelli a 3500 metri di altitudine. Comunque neanche loro riescono a distogliermi più di tanto. Per cui carucci i miei cammelli, vi saluto rapidamente, ed altrettanto rapidamente mi fiondo sulle dune (no non ci possiamo andare in moto, se per caso ve lo stavate chiedendo). Uno scenario veramente unico! Siamo in quota, su dune bianche e con la catena Himalaiana tutto intorno. Sole e cielo azzurrissimo. Meraviglioso!
Prima di ripartire per fare ritorno a Diskit i ragazzi ingaggiano una sfida di tiro con l’arco. Le risate e gli sfottò si sprecano, in un momento di ilarità davvero piacevole. La giornata è volta al termine, ancora una volta ci concediamo un bel momento di rilassamento e chiacchiere davanti ad un piatto, facciamo due, di patatine fritte (no spicy please) allo stesso bar di ieri. Da domani punteremo rotta ai laghi di alta quota e non vedo l’ora di spalancare gli occhi davanti a Pangong Lake.
TORNIAMO IN QUOTA
Prima di lasciare Diskit facciamo il pieno a tutte le moto. Oggi ci aspetta il giorno più impegnativo a livello di guida e a livello di terreni. Infatti non passa molto tempo che ci troviamo ad affrontare un breve ma impegnativo tratto di sabbia. I ragazzi passano senza problemi e anche io non incontro particolari difficoltà, se non per schivare le altre moto dei turisti indiani che si sono piantati. Lascio un attimo la moto per dare assistenza a Lollo che dopo un primo tentennamento passa al primo colpo, e approfitto di questo momento per dare un aiuto ad un ragazzo indiano. Gli do un paio di istruzioni e lo spingo per aiutarlo a partire. Evvai, anche lui ce l’ha fatta!! Per il resto della giornata veloci piste sterrate si alternano ad asfalto, pietre e anche alcuni guadi un po’ più impegnativi.
Qui Lollo si guadagna un fresco bagno, tradito probabilmente da una pietra che fa scartare la moto al posteriore. I paesaggi sono per me di una bellezza disarmante e la moto è un mezzo perfetto per poterli apprezzare a pieno, al ritmo lento (nemmeno troppo) delle nostre Royal.
Circa quaranta chilometri prima di arrivare a destinazione ci fermiamo a fare nuovamente il pieno alle moto, anche se abbiamo più di mezzo serbatoio. Riempiamo anche una grande tanica poiché da questo momento, e fino al nostro ritorno a Leh, non troveremo più stazioni di servizio. L’ultimo tratto di strada cambia ancora scenario, attraversiamo una valle di alta quota piena di verde e con un fiume che l’attraversa. Qualcuno riesce anche ad avvistare delle marmotte. Giuro non scherzo!! In questa zona ci sono le marmotte. Ma io non sono riuscita ad avvistare se non in un video sul cellulare di Abu.
Pangong Lake
L’arrivo a Pangong Lake è emozionante. Quel blu che buca gli occhi in contrasto con l’ocra delle montagne, nella luce dorata dell’ultimo sole. Giusto il tempo di lasciare i bagagli in camera e torno fuori a godermi il panorama, finché non c’è più luce per vedere nulla. Dopo cena rimaniamo a chiacchiera nella sala comune occupata principalmente da noi e da un altro gruppo di Avventure nel Mondo (non Motoraid), ben più numeroso di noi. Avendo fatto il nostro stesso tragitto oggi, ci chiedono come abbiamo fatto ad affrontare quelle strade in moto, ma la realtà è che sicuramente è stato meglio per noi in moto che per loro sballottati dentro alle auto. Prima di andare a dormire mi fermo a guardare le stelle, brillanti grazie al fatto che non ci sono più luci artificiali a disturbarne l’osservazione. Poi, l’inaspettata bellezza.
La luna sorge da dietro le montagne e va a rispecchiarsi nel lago. Rimango davvero a bocca aperta! Ormai fuori sono rimasta solo io e fa piuttosto freddo qui a oltre 4200 metri, per cui abbandono il mio avamposto di osservazione e vado a dormire, cercando di non svegliare il mio compagno di stanza. Purtroppo sarà un’altra notte quasi insonne per me che da qualche giorno sono martoriata da un raffreddore tremendo, che peggiora ancora di più la carenza di ossigeno da alta quota.
SALI E SCENDI VERSO TSO MORIRI
Per i primi chilometri costeggiamo il lago Pangong. Un lago lunghissimo, di cui è impossibile vederne la fine. Solo una piccola parte si trova in Ladakh, mentre il resto si estende in Cina, ed è anche motivo di diatriba sulla reale appartenenza.
Ci stacchiamo da Pangong ed iniziamo a salire ancora di quota. Un lungo zig-zag ci porta a toccare quota 5100 con il passo Sathato La, e successivamente i 5430 del passo Kaksang La, il nostro picco di giornata. Purtroppo il meteo non è dei migliori oggi, il cielo è plumbeo e qui in quota fa anche più freddo. Per il momento però possiamo essere ottimisti per il fatto di non essere sotto pioggia battente.
I tornanti in discesa sono altrettanto numerosi e continui come lo è stato per la salita, ma in questo caso è il mio freno posteriore a non aver gradito l’over stress. Fortunatamente in una curva blanda e con minima pendenza, mi va completamente a vuoto per surriscaldamento. Nell’ultimo tratto di discesa dolce fino a Mahe sfrutto molto il freno motore, nel frattempo che il freno posteriore recupera il suo normale funzionamento tornando in temperatura ottimale.
Ci fermiamo per il pranzo che non manca moltissimo all’arrivo. Una fitta pioggia inizia a cadere, ma fortunatamente noi siamo già tutti con le gambe sotto al tavolo. Ce la prendiamo con calma in attesa che per lo meno cali un po’ di intensità. Quando ripartiamo dopo pranzo in effetti aveva cessato di piovere, ma ben presto riprenderà nuovamente ad aprire i rubinetti. Una pioggerella fine ma pungente, che con il casco aperto da offroad buca le labbra.
La caduta
Ad una manciata di chilometri dall’arrivo, il patatrac. Il manto di asfalto nuovissimo crea un grosso scalino con il bordo strada sterrato. Lollo si accosta nello sterrato per far passare un camion che arriva in direzione opposta e cade nel tentativo di risalire lo scalino per tornare su asfalto, una manovra in cui poco prima avevo rischiato anche io di andare a terra. Simone che voleva avvertirlo di non risalire, si ritrova troppo vicino al momento della caduta e gli va a sbattere contro. Mi si è gelato il sangue quando li ho visti scontrarsi. Siamo lontani da qualsiasi struttura medica, già scarse in tutto il paese, e isolati da segnale telefonico. Fortunatamente, caduta e spavento a parte, la peggio l’ha avuta solamente il serbatoio della moto di Lollo, ammaccato dalla ruota anteriore della moto di Simo. Finalmente arriviamo a Karzok, piccolo insediamento sulle rive del lago Tso Moriri.
La pioggia è cessata e qualche timido raggio di sole riesce fugacemente a far da riflettore illuminando le acque del lago, per poi scomparire nuovamente dietro le nuvole. Qui non c’è né segnale telefonico né alcuna traccia di Wi-Fi, la corrente viene data in fasce orarie fornita dai generatori, e anche l’acqua calda c’è solamente un paio di ore la sera e di mattina presto. Mi piace! Lo eleggo a mia località preferita del viaggio.
Svestiti i panni da motociclista e indossato il completo che funge da pigiama ed outfit serale, esco a godermi un po’ il paesaggio. Ceniamo e andiamo a dormire presto stasera. È stata una giornata lunga e faticosa.
NOMADI E GEYSER – ROTTA SU TSO KAR
La tappa di oggi è la più corta di tutto il viaggio, ma ugualmente molto interessante. Splende un bellissimo sole, che stavolta ci fa godere a pieno il paesaggio intorno al lago, ieri adombrato dalle nuvole scure. Ci portiamo ad un view point dove possiamo apprezzare una vista migliore. Sarà che posti così al mondo sono ormai una rarità, ma la sensazione che provo è quella di volermi sedere qui e passare una giornata ad osservare questi luoghi di pace assoluta. Ovviamente in questa occasione non è possibile, per cui torniamo in sella e partiamo per il nostro itinerario di giornata. Dal villaggio di Karzok dove abbiamo dormito ci spingiamo per qualche chilometro in una sterrata che serpeggia verso le montagne. Incontriamo trekker con zaini grandi e attrezzati di tutto punto per i bivacchi.
Arriviamo al villaggio nomade precisi per assistere alla mungitura delle caprette, tenute tutte insieme con una corda per facilitare l’operazione. Terminata la mungitura la corda viene sfilata e le caprette riprendono a scorrazzare nel prato. Anche una bimba scorrazza con le caprette, incurante di avere le ciabattine invertite, la sinistra sul piede destro e viceversa. Ha uno sguardo di una dolcezza unica e diventa ben presto il soggetto preferito delle nostre foto. Una ragazza treccioluta come me indica la mia treccia e mi sorride. Abu dice che probabilmente ha poco più di venti anni, quasi la metà di me, ma ne dimostra molti di più. La durezza della vita e degli inverni in queste lande desolate, segna molto velocemente i volti delle persone.
Ripercorriamo la strada al contrario
Riprendiamo il nostro viaggio ripassando un ultima volta da Karzok per poi immetterci nella strada principale. La stessa percorsa ieri, ma che con il sole fa decisamente un altro effetto. La seconda sosta di giornata è alle Puga Hotspring. Qui un piccolo geyser spruzza acqua bollente di continuo, ma per arrivarci ho visto molte persone immergersi a piedi nudi nella palude, talvolta arrivando ad immergersi fino alle ginocchia. L’idea non mi alletta affatto, ma Abu e DorJai conoscono molto bene la zona e ci portano al percorso alternativo. Saltiamo un fiumiciattolo ed iniziamo a saltare da una zolla erbosa all’altra cercando di non finire nell’acqua che le separa. Abbiamo allargato molto e percorso più strada, ma siamo arrivati senza inzaccherarci gli stivali e, per quanto il geyser sia di innegabile interesse, mi sono decisamente divertita di più nel tragitto per raggiungerlo.
Arrivavamo a Tso Kar, nella località di Thukje, giusto in tempo per il pranzo, ma soprattutto precisi per ripararci dalla copiosa pioggia che ha preso a cadere.
Tramonto spettacolare
La struttura dove dormiremo è ad un centinaio di metri o poco più, ci registriamo e ci sistemiamo nelle stanze. Io mi sdraio fuori a godermi il sole che nel frattempo è tornato a splendere, se pur con nuvole minacciose tutto intorno. Più tardi con l’auto di Abu ci avviciniamo al lago Tso Kar che dal paese e dalla strada principale si vede ben poco. Non possiamo avvicinarci troppo alla riva poiché il terreno è morbido e sprofonda, ma il paesaggio è davvero bellissimo (si lo so, l’avrò detto cento volte nel corso del viaggio, ma è così, meraviglie ad ogni angolo). Domani sarà il nostro ultimo giorno in moto e inizia a calare un velo di tristezza dentro di me. Possibile che sia passato tutto così in fretta? Mica va così veloce la settimana lavorativa..
“RITORNO ALLA “CIVILTÀ”
Ultimo giorno in sella alle nostre Royal Enfield. Ci aspetta un’ultima tappa di trasferimento da circa 150 chilometri, di cui venti di strada “inedita” fino a raggiungere l’intersezione con la Manali-Leh Highway n.3, poi ripercorreremo la stessa strada che ci ha fatto raggiungere il Ladakh ormai nove giorni or sono. È stato bello tornare al passo Taglang La e rifare i tornanti in discesa che portano alla valle, con le bellissime formazioni rocciose rosse e ocra. I ragazzi scalpitano per arrivare a Leh, mentre io viaggio con il freno a mano tirato. Una giornata dai sentimenti contrastanti: da una parte quello che vedo attraverso il casco mi da serenità, dall’altra la percezione della fine del viaggio fa scendere un velo di tristezza. Per questo viaggio ad un passo notevolmente inferiore rispetto al solito.
Avrei voluto continuare a vagare per le montagne in sella alla mia Royal Enfield. Rallentavo per godermi ogni metro, ma alla fine a Leh siamo arrivati e abbiamo dovuto salutare le Royal e il nostro team di supporto Abu e DorJai.
Nel pomeriggio passiamo la giornata a spasso per la città in cerca di qualche souvenir da portare a casa ai nostri cari, poi ci ritroviamo in centro per la cena. Stasera celebriamo la buona riuscita del tour a pizza e birra, e perché no, anche un dolcetto. Non ci rimane che chiudere i bagagli in vista del volo che domani ci riporterà a Delhi. Missione non di poco conto per chi ha dato sfogo allo shopping più sfrenato (Lele che dici? Ti senti chiamato in causa? Eheh).
CATAPULTATI NEL CAOS
Niente moto oggi. Alle 12.00 un volo ci catapulta nuovamente nel caldo e caos di Delhi, in una dimensione completamente diversa; niente montagne e niente cieli blu.
Decidiamo di approfittare del poco tempo a disposizione per visitare alcuni siti della città. Raggiungiamo il Forte Rosso a bordo dei Tuk Tuk, talvolta svicolando veloci altre rimanendo infognati nel traffico assordante di New Delhi. Non c’è un solo istante, un microsecondo in cui non ci sia un clacson che suona.
Così come il viaggio è iniziato, così termina, con una copiosa pioggia monsonica che ci tiene bloccati sotto il loggiato del Forte Rosso. Purtroppo questo non ci darà tempo di visitare altri luoghi. A cena e a dormire presto, giusto per riposare qualche ora prima del transfer che alle quattro di mattina ci preleverà per portarci in aeroporto.
Mi mancheranno le montagne del Ladakh e quegli spazi infiniti dove il tempo sembra acquistare un altro valore. Ancora una volta mi dico che sarà solo un arrivederci.
Il nostro raid purtroppo è finito, ma è stata un esperienza intensa, di fatica, gioia e meraviglie che non dimenticheremo mai.
Da un viaggio con Avventure nel Mondo: Coord. Elisa Gallorini
Leggi qui la prima parte del viaggio: https://discoveryendual.com/ladakh-da-delhi-a-leh-la-metamorfosi-di-un-paesaggio/
Video prima parte: https://www.youtube.com/watch?v=wGbz-1wOrYs
Una risposta
Grande Carlo. Che dire……ho un po di invidia per non essere stato lì con voi. Veramente da pelle d’oca. Complimenti a tutti