Giorno 4: benvenuti in Bosnia
Entriamo in Bosnia dalla frontiera di Knin, dopo aver attraversato tutta la Croazia (trovate il racconto QUI) e riprendiamo il nostro viaggio nei Balcani in fuoristrada.
Appena cambiata moneta al primo paesino con un Bancomat (incredibilmente in una filiale Intesa San Paolo), proseguiamo verso Est attraversando poligoni e caserme militari.
Approcciamo i boschi della Bosnia, nulla di difficile, tutto molto scorrevole con larghissime strade in terra dove è molto facile trovare camion carichi di legna in direzione opposta.
I boschi bosniaci sono bellissimi: larici altissimi di un verde scintillante, da cui filtrano lame di luce che assumono densità attraversando la polvere che rimane a mezz’aria dopo il passaggio di una moto, di una macchina o di uno Scania a otto cilindri.
Arriviamo a Kupres, risaliamo le piste da sci, rampe ripide ed erbose per poi proseguire sulle creste fino al laghetto di Kucavicko, un piccolo specchio d’acqua dove troviamo gente festante e sulle cui rive piantiamo le nostre tende, accendiamo un fuoco e ci gustiamo la serata come due bravi boy scout in moto.
Giorno 5: boschi e sassi
Dal lago rientriamo nella selva che tanto c’aveva stupito ieri per la sua bellezza e proseguiamo su alcune tracce che avevo già percorso nel 2019. Noto, però, che alcuni campi minati oggi non lo sono più, segno evidente che il processo di bonifica va avanti per fortuna, così da restituire agli abitanti i loro boschi e i loro territori abbandonati negli anni ’90.
Attraversiamo zone di abeti altissimi. David, il mio compagno di viaggio, fa il boscaiolo e ne osserva la bellezza:
Belli… da noi non diventano così grandi, li tagliano prima… grazie al piffero… da noi i boschi non sono minati da trent’anni.
In quel momento, se ce ne fosse stato bisogno, è diventato ancora più chiaro come le mine subdolamente influenzino sotto tutti i punti di vista il territorio, la cultura e l’approccio di chi quei territori li vive.
Dopo la dura salita per il monte Idovac e la discesa sul lago turchese di Ramsko, usciamo dalla macchia per goderci un pranzo sul lago Blidinje, placido specchio d’acqua in una pianura livellata come un pavimento.
Da qui la rotta punta a Mostar per una semplice sterrata ma sarebbe stato trooooppo semplice… prendiamo una via in salita che a ogni giro di ruota si complica.
Sassi di dimensioni sempre maggiori con tornanti sempre più stretti ci portano in cima al monte Plocno, dove rimangono ancora delle lingue di neve.
L’ambiente intorno a noi è decisamente lunare. Solo pietre a perdita d’occhio di ogni forma e dimensione.
Il bianco e il grigio sono dominanti, più in basso ci sono ettari di foreste completamente fossilizzate senza foglie e in cui anche i tronchi assumono un grigio avorio.
Riscendiamo dal monte Plocno e riprendiamo la “retta via” che avevam smarrito e in un balzo siamo a Mostar.
Mostar: la città del ponte
Mostar è una piccola perla, per quanto mi riguarda più bella anche di Sarajevo.
Veniamo dall’Italia, non possiamo certo dire di non aver mai visto nulla di così bello, ma i suoi minareti che la sera carezzano la luna e il suo ponte, lo Stari Most, rubano lo sguardo; complice una pulizia e una cura del centro storico davvero invidiabile.
Il ponte, come tutta l’area, è stata ricostruito dopo i bombardamenti che nel 1993 hanno ridotto ai minimi termini la città. Nella ricostruzione poi, alcune pareti dei palazzi sono state lasciate con gli stessi intonaci dell’epoca rimasti volutamente graffiati dalle pallottole come monito e ricordo di ciò che è successo trenta anni fa.
Giorno 6: verso il Montenegro
Lasciamo Mostar di mattina per infilarci nelle campagne a nordest, lunghe e semplici vie di campagna fino all’imbocco per la pista per Kalinovic.
All’inizio di questa pista ho la prima foratura del viaggio e, mentre siamo fermi a bordo strada per la riparazione, veniamo superati dai mezzi più improbabili.
Trattori di fabbricazione sovietica con le ruote anteriori ciondolanti come due ubriachi, Volkswagen Passat del 1991 con attaccato un carro di legno, un trattore con dietro attaccata la parte posteriore di una golf prima serie e incredibilmente una Audi Q5 nuova immacolata che, in mezzo a questo contesto, è stato davvero l’avvistamento che ha destato la maggior sorpresa.
Riparata la foratura, la pista prosegue con 50km di fuoristrada continuo fino a pranzo in un hotel filo russo a Kalinovic dall’improbabile arredamento “Balkan Style” in cui assaggiare gli immancabili cevapi: le salsiccette arrosto tipiche dei balcani.
Da qui proseguiamo per una pista davvero gustosa che ci porta dopo una lunga salita al lago Orlovaco, ma siccome la sfiga ci vede benissimo, prima di svalicare il passo a 1700 metri di quota, David buca in sequenza ben due volte in cinque km. Armati di santa pazienza (e cattive parole) provvediamo alla riparazione mentre la pioggia inizia a cadere.
Ci godiamo la discesa nella gola del fiume Sutijeska fino a Foca, dove ci fermiamo per la notte giusto in prossimità della frontiera con il Montenegro!
Il resto? Ve lo racconteremo nel prossimo articolo!
Testo e foto: Dario Lupini
Abbigliamento: Clover Dakar 2-WP
Stivali: Alpinestars Toucan Gore-Tex
Borse: Enduristan
Pneumatici: Metzeler Karoo 4 e Karoo Extreme